LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24636-2018 proposto da:
I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO VIVENZIO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO ***** COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 06/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
I.G. ricorre per cassazione contro il decreto del tribunale di Milano che ha respinto la sua domanda di protezione internazionale e umanitaria;
deduce due motivi;
il ministero dell’Interno è rimasto intimato.
CONSIDERATO
che:
col primo mezzo il ricorrente censura il provvedimento per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nella parte in cui ha valutato negativamente l’attendibilità delle dichiarazioni senza in alcun modo considerare l’idoneità degli sforzi finalizzati a circostanziare i fatti;
il motivo è inammissibile perchè generico;
il tribunale ha osservato che il ricorrente era sprovvisto di documenti e che pertanto non erano certe nè le generalità nè la sua esatta provenienza; ha poi ritenuto, con corredo di ulteriori argomentate considerazioni, che il racconto relativo alla dinamica dei fatti era stato a sua volta del tutto generico;
l’attuale doglianza richiama gli asseriti sforzi fatti per circostanziare la narrazione, ma in nessun modo il ricorso soddisfa il fine di specificità, non essendo indicato in cosa detti asseriti sforzi si siano sostanziati;
col secondo mezzo il ricorrente si duole del mancato accoglimento della domanda di protezione umanitaria, poichè il tribunale avrebbe omesso di considerare la permanenza della situazione di pericolo per l’incolumità del ricorrente medesimo in Pakistan, paese pur considerato dal tribunale come caratterizzato da una generale condizione di insicurezza;
il motivo è inammissibile, avendo il tribunale innanzi tutto affermato che per la mancanza di documenti e per l’inaffidabilità del racconto neppure era certa la provenienza del richiedente dal Pakistan; tale affermazione integra una ratio decidendi il cui consolidamento, attesa l’inammissibilità del primo mezzo, preclude la possibilità di considerare veritiero il presupposto della domanda di protezione umanitaria, essendo stata codesta incentrata su uno stato di pericolo di incolumità personale che si sarebbe dovuto apprezzare come riferito, appunto, alla provenienza dal Pakistan.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019