LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25956-2018 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO ***** COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 26/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
M.M. ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto del tribunale di Milano che ha respinto la sua domanda di protezione internazionale e umanitaria;
il ministero dell’Interno non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
il ricorrente chiede alla Corte in via preliminare di sollevare alcune questioni di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017 come convertito in L. n. 46 del 2017;
la prima questione, che attiene al citato D.L., art. 21, e che è argomentata dalla mancanza dei presupposti di necessità e urgenza in ordine al differimento dell’efficacia temporale del nuovo rito in materia di protezione internazionale, è manifestamente infondata per la ragione che questa Corte ha già avuto modo di precisate con sentenza n. 17177 del 2018;
la seconda, che attiene al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13 (nel testo modificato dal suddetto D.L.), nella parte in cui rende non reclamabile il provvedimento di merito, è manifestamente infondata per identica ragione, essendo sufficiente rinviare a quanto già da questa Corte osservato con la succitata sentenza n. 17177-18;
con l’unico motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, nella parte in cui il tribunale ha disconosciuto i presupposti della protezione umanitaria;
il motivo è inammissibile;
il tribunale, in rapporto al testo della norma in versione anteriore al D.L. n. 113 del 2018, ha conformato la decisione all’orientamento di questa Corte (v. Cass. n. 4455-18), stabilendo che la situazione del richiedente non era nel concreto tale da consentire di affermare sussistente l’integrazione socio-familiare in Italia; a tal riguardo ha considerato che il richiedente, pur avendo iniziato lo svolgimento di un’attività di lavoro, non aveva dato prova del radicamento personale nel territorio dello Stato, quanto a conoscenza della lingua e alla convivenza con altri familiari; per converso, benchè nel contesto di una situazione economica molto difficile, era emerso che egli poteva contare in Bangladesh (paese di origine) su un valido sostegno familiare, del padre, del fratello e di tre sorelle, tale da non consentire di affermare che il rientro in patria avrebbe compromesso in modo apprezzabile la sua dignità e il diritto a un’esistenza libera;
la decisione si basa su una valutazione in fatto, non sindacata sul versante della motivazione nei limiti in cui un tale vizio è ancora deducibile in cassazione;
il ricorso, nell’affermare che non sarebbe stata considerata la situazione di vulnerabilità all’esito di un giudizio di bilanciamento tra il grado di inserimento sociale raggiunto in Italia e la condizione di provenienza, implica, sotto spoglie di censura in iure, una critica al risultato della valutazione, notoriamente insuscettibile di trovare ingresso in questa sede; nè si comprende in qual senso, in ordine al presupposto della protezione umanitaria, si sarebbe dovuta svolgere l’audizione personale del richiedente; questa Corte ha invero affermato che tale audizione non è affatto obbligatoria, neppure ove sia mancata la videoregistrazione del colloquio tenutosi dinanzi alla commissione territoriale (Cass. n. 17717-18, in motivazione, nonchè da ultimo Cass. n. 3029-19);
le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019