Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.29590 del 14/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28851/2018 proposto da:

D.M.B., elettivamente domiciliato in Isernia, via XXIV maggio n. 33, presso lo studio dell’avv. Paolo Sassi, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 14/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/09/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Campobello, ha respinto il ricorso proposto da D.M.B. cittadino nato in *****, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 14, art. 16, comma 1, lett. b) e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della situazione esistente in ***** sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2 in quanto, erroneamente, il Tribunale aveva revocato l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

Il primo motivo è inammissibile, perchè non coglie la ratio decidendi del rigetto della richiesta di protezione internazionale, fondato su un giudizio di non credibilità del richiedente asilo per come analiticamente indicato alla p. 2 della sentenza (e cioè, che era inverosimile poter tenere nascosta una relazione omossessuale per tre mesi, nel piccolo villaggio africano dove risiedeva il ricorrente, il quale aveva determinato il proprio orientamento sessuale, solo sulla base dei regali ricevuti da un suo compagno), mentre, in riferimento alla protezione sussidiaria, il Tribunale, attraverso fonti informative aggiornate (Amnesty International 2018) ha accertato, con giudizio di fatto insindacabile in questa sede, che nella zona di provenienza della ricorrente (*****), non vi è conflitto al livello di guerra civile, nè violenza indiscriminata, tale da costituire grave pericolo di vita qualora la ricorrente dovesse tornare nel proprio paese, ma solo tensioni sociali e politiche come in tutti i paesi dell’Africa centrale.

Il secondo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione (in particolare, nè malattie nè mancato ricongiungimento al nucleo familiare).

Il terzo motivo è inammissibile.

Secondo l’insegnamento di questa Corte “In tema di patrocinio a spese dello Stato, nella disciplina di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, la competenza sulla liquidazione dei compensi al difensore per il ministero prestato nel giudizio di cassazione spetta, ai sensi dell’art. 83 suddetto decreto, come modificato dalla L. n. 25 del 2005, art. 3 al giudice di rinvio, oppure a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato a seguito dell’esito del giudizio di cassazione: ne deriva che, nell’ipotesi di cassazione con decisione “sostitutiva” nel merito, la competenza per tale liquidazione è demandata a quello che sarebbe stato il giudice del rinvio in mancanza di detta decisione” (Cass. n. 13806/18, 23972/18).

Pertanto, questa Corte, non è competente a giudicare sull’ammissione al Patrocinio a spese dello Stato, che è un giudizio di merito.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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