Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.29607 del 14/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15017/2018 proposto da:

B.I., rappresentato e difeso dall’avvocato, Luca Zuppelli, giusta procura in calce a margine del ricorso, domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 1346/2018 del Tribunale di Brescia, depositato il 18/4/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2019 dal cons. Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA.

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 18.4.2018, il Tribunale di Brescia ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta da B.I., cittadino del Gambia, il quale aveva narrato di esser partito perchè aveva denunciato due suoi amici perchè omosessuali, uno di essi, appartenente ad una famiglia potente era stato arrestato mentre l’altro era riuscito a fuggire. I familiari dell’arrestato lo avevano minacciato di morte ed il negozio da lui gestito era stato bruciato.

Il Tribunale ha ritenuto il racconto del richieder te inattendibile, ha quindi ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, del pari insussistente la situazione di violenza generalizzata nel Gambia ed indimostrate specifiche situazioni soggettive, tali da giustificare il rilascio dei permesso di soggiorno umanitario.

Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero sulla base di tre motivi. L’Amministrazione è rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le sollevate questioni di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017 (c.d. rito Minniti) sono inammissibili per la loro irrilevanza rispetto al caso in esame. L’elaborazione della Corte costituzionale ha difatti chiarito che la nozione di rilevanza della questione incidentale di legittimità costituzionale postula l’accertamento che un’eventuale sentenza di accoglimento sia in grado di spiegare un’influenza concreta sul processo principale (Corte Cost. n. 184/2006; Corte Cost. n. 1994; Corte cost. n. 62/1993; Corte Cost. n. 10/1982; Corte Cost. n. 90/1968; Corte cosi:. n. 132/1967), e, viceversa, devono esser reputate irrilevanti, tra l’altro, le questioni che non sortirebbero alcun effetto in detto giudizio (Corte Cost. n. 113/1980; Corte Cost. n. 301/1974) o non risponderebbero in nessun modo alla domanda di tutela rivolta al rimettente (Corte Cost. n. 202/1991; Corte Cost. n. 211/1984; Corte Cost. n. 15/2014; Corte Cost. n. 337/2011; Corte Cost. n. 71/2009). Nel caso in esame, i dubbi di costituzionalità sollevati non hanno in effetti assolutamente nulla a che vedere con la decisione adottata dal giudice di merito, la quale ha trovato fondamento non già nella disciplina giuridica introdotta nel 2017, ma in ragioni di merito e considerato che nella specie l’udienza pubblica è stata celebrata.

Va rilevato, ad abundantiam, che le profilate questioni devono ritenersi manifestamente infondate, al lume dei principi posti da questa Corte (Cass. n. 17717 del 2018 e successive conformi) ed ai quali si presta adesione, secondo cui:

a) l’esigenza di un intervallo temporale perchè possa entrare a regime una complessa riforma processuale, quale quella in discorso, non esclude affatto che l’intervento di riforma Sia caratterizzai:o dal requisito dell’urgenza;

b) la nuova normativa non introduce affatto un “modello processuale sino ad ora sconosciuto”, trattandosi del rito camerale ex art. 737 c.p.c., da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, ed idoneo a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale, neppure poter do riconoscersi rilievo all’eventualità della soppressione dell’udienza di comparizione, sia perchè essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell’udienza si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell’attività in precedenza svolta, sia perchè il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte.

2. I tre motivi del ricorso, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14; del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, vizio di motivazione sono inammissibili. Ed infatti essi: a) si riportano a “documentazione prodotta”, che non risulta specificata; b) non considerano che il racconto del richiedente è stato ritenuto non credibile in base alle contraddittorietà rilevate (sulla data della sua partenza, sul fatto di essersi rivolto alla polizia per riferire delle minacce ricevute, negata in un primo tempo ed affermata nel corso della sua audizione in udienza, e circa i tempi in cui, appreso dell’omosessualità del suo amico, si sarebbe rivolto alla polizia), talchè le prospettate sanzioni penali per gli omosessuali non sono pertinenti; c) denunciano il vizio di motivazione che non è più deducibile quale motivo di ricorso, in esito alla riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che limita il controllo sulla motivazione al minimo costituzionale (qui pienamente rispettato); d) non considerano che la valutazione di non credibilità del racconto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, ed insindacabile in sede di legittimità; e) si riferiscono, infine, al “serio indizio” della fondatezza del timore di subire persecuzioni o danno grave in caso di rientro in Patria, senza tener conto che il D.Lgs. n. 251 del 1997, art. 5, comma 4 presuppone che persecuzioni o minacce siano già accertate come subite dal richiedente, e tale dato non ricorre nella specie.

Non va disposto sulle spese, data il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Amministrazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza allo stato dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, semprecchè l’ammissione al gratuito patrocino non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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