LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20660/2018 proposto da:
S.I., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppina Marciano, giusta procura in calce al ricorso, domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto n. 1961/2018 del Tribunale di Brescia, depositato il 21/5/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/10/2019 dal Cons. Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA.
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 21.5.2018, il Tribunale di Brescia ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta da S.I. cittadino ivoriano, il quale aveva narrato di esser partito perchè, quando il padre si era ammalato, i suoi zii non lo avevano più fatto lavorare. Ha riferito di esser andato in Libia, dove aveva lavorato per un paio d’anni senza essere pagato e di esser stato costretto, nell’agosto del 2016 ad imbarcarsi verso l’Italia.
Il Tribunale, dichiarate non fondate le sollevate questioni di costituzionalità, ha ritenuto trattarsi di migrazione economica, escludendo, in particolare, che il timore del “malocchio” da parte degli zii fondasse la domanda di protezione sussidiaria, e che vi fosse una situazione di violenza generalizzata in Cista d’Avorio, evidenziando non esser state dimostrate specifiche situazioni soggettive, tali da giustificare il rilascio del permesso di soggiorno umanitario.
Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero sulla base di un motivo. L’Amministrazione resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA ECISIONE 1. Le sollevate questioni di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017 (c.d. rito Minniti) sono inammissibili per la loro irrilevanza rispetto al caso in esame. L’elaborazione della Corte costituzionale ha difatti chiarito che la nozione di rilevanza della questione incidentale di legittimità costituzionale postula l’accertamento che un’eventuale sentenza di accoglimento sia in grado di spiegare un’influenza concreta sul processo principale (Corte Cost. n. 184/2006; Corte Cost. n. 1994; Corte Cost. n. 62/1993; Corte Cost. n. 10/1982; Corte Cost. n. 90/1968; Corte Cost. n. 132/1967), e, viceversa, devono esser reputate irrilevanti, tra l’altro, le questioni che non sortirebbero alcun effetto in detto giudizio (Corte Cost. n. 113/1980; Corte Cost. n. 301/1974) o non risponderebbero in nessun modo alla domanda di tutela rivolta al rimettente (Corte Cost. n. 202/1991; Corte Cost. n. 211/1984; Corte Cost. n. 15/2014; Corte Cost. n. 337/2011; Corte Cost. n. 71/2009). Nel caso in esame, i dubbi di costituzionalità sollevati non hanno nulla a che vedere con la decisione adottata dal giudice di merito, la quale ha trovato fondamento non già nella disciplina giuridica introdotta nel 2017, ma in ragioni di merito; e considerato che nella specie l’udienza pubblica è stata celebrata.
Va rilevato, ad abundantiam, che le profilate questioni devono ritenersi manifestamente infondate, al lume dei principi posti da questa Corte (Cass. n. 17717 del 2018 e successive conformi) ed ai quali si presta adesione, secondo cui:
a) l’idoneità del procedimento camerale, da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, è idoneo a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale, neppure potendo riconoscersi rilievo all’eventualità della soppressione dell’udienza di comparizione, sia perchè essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell’udienza si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell’attività in precedenza svolta, sia perchè il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte;
b) il principio del doppio grado di giurisdizione è privo di copertura costituzionale, potendo il legislatore sopprimere l’impugnazione in appello al fine di soddisfare specifiche esigenze, quale quella della celerità, esigenza decisiva per i fini del riconoscimento della protezione richiesta, tenuto, peraltro, conto che il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione.
2. Col proposto ricorso, si deduce “la violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo della controversia -irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione in merito all’effettiva situazione sociale, politica ed economica e sulla pericolosità sociale in Costa d’Avorio”.
3. Il motivo è inammissibile.
Se il vizio motivazionale non è più predicabile, in esito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che limita il controllo sulla motivazione al minimo costituzionale (qui pienamente rispettato), va rilevato che, sebbene il racconto del richiedente non abbia fatto alcun cenno alle ipotesi di cui alla lett. c) dell’art. 14, il Tribunale non ha affatto omesso di acquisire le informazioni aggiornate sul Paese di origine, ed ha quindi escluso che sussista alcuna ipotesi di conflitto armato interno, in base a fonti espressamente menzionate nella sentenza. Anche in questo caso, il relativo accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato risulta essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che) pur formalmente dedotto, è, come si è detto, inammissibile, in quanto attinge al fatto ed è totalmente generico, tanto più che nè l’asserito desolante stato dei diritti umani nè il quadro di generale insicurezza, per possibili minacce terroristiche, possono esser sussunti in quella situazione di violenza generalizzata in conflitto armato interno o internazionale, che, al lume dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07 e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018), può dar luogo alla protezione sussidiaria.
4. Non si fa luogo a statuizioni sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata. Essendo ammesso al patrocinio a spese dello Stato non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019