Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29771 del 15/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3000-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

T.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1572/6/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di GENOVA, depositata il 15/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo contro Tringali Rodolfo, impugnando la sentenza resa dalla CTR Liguria, indicata in epigrafe, che ha respinto l’appello dell’ufficio, confermando la pronunzia di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso per la ripresa di IVA all’importazione non versata dalla parte contribuente che aveva indebitamente fruito della sospensione del pagamento dell’IVA in relazione all’indebito utilizzo del meccanismo previsto per il deposito fiscale IVA dal D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis. Secondo la CTR, risultando provato l’utilizzo del sistema dell’autofatturazione da parte del contribuente che aveva irregolarmente fruito del deposito IVA senza immissione reale della merce elideva il diritto dell’Agenzia a pretendere non soltanto il pagamento dell’IVA che era stata comunque versata con il sistema del c.d. reverse charge, ma anche delle sanzioni pretese dall’ufficio. La parte intimata non si è costituita.

Il ricorso, con il quale si prospetta la violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, comma 5, conv. nella L. n. 427 del 1993 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70, in quanto la CTR, pur riconoscendo la possibilità di fruire del regime connesso all’utilizzazione del deposito fiscale anche solo in caso di deposito virtuale, non avrebbe comunque considerato la debenza delle sanzioni connesse all’irregolarità dell’operazione commerciale, alla stregua dei principi espressi dalla Corte di giustizia con la sentenza Equoland – in causa C-272/13-, è fondato.

Vanno richiamati, sul punto, i principi espressi da questa Corte con la sentenza n. 17814/2015. In tale occasione si è precisato che ‘(…) Nella stessa occasione la Corte(EU), esaminando gli altri quesiti posti dal giudice a quo, ha esaminato gli effetti dell’assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione della merce sul mancato versamento dell’IVA all’importazione sulle merce solo virtualmente inserita nei depositi IVA. Si è dunque ritenuto che il meccanismo del c.d.reverse charge non ha valore formale o fittizio, ma costituisce reale assolvimento dell’IVA-p.37 sent.Equoland. Ne consegue che il sistema dell’auto fatturazione è in grado di determinare l’assolvimento dell’IVA all’importazione quando lo stesso non è preordinato ad una frode-p.39 sent.Equoland-. 6.5 La stessa sentenza non ha mancato di rilevare che la violazione del sistema di versamento dell’IVA realizzata dall’importatore per effetto della immissione solo virtuale della merce integra una violazione formale-p.29- che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo- p.39 sent.cit.-. La Corte, dopo avere chiarito che in assenza di tentativo di frode o evasione “(…) la parte della sanzione consistente nel richiedere un nuovo pagamento dell’IVA già assolta, senza che tale secondo pagamento conferisca un diritto a detrazione, non può considerarsi conforme al principio di neutralità dell’IVA.”- p.43 sent. Equoland -, ha quindi precisato che rispetto alla parte della sanzione consistente in una maggiorazione dell’imposta secondo una percentuale forfettaria, “(…) una siffatta modalità di determinazione dell’importo della sanzione – senza che sussista una possibilità di gradazione del medesimo – può eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare l’evasione (v., in tal senso, sentenza Redlihs, EU:C:2012:497, punti 45 e da 50 a 52).”-v.p.44-.

Si è poi aggiunto che nel caso esaminato “…in considerazione dell’entità della percentuale fissata per la maggiorazione prevista dalla normativa nazionale e dell’impossibilità di adeguarla alle circostanze specifiche di ogni caso di specie, non è escluso che tale modalità di determinazione dell’importo della sanzione, e dunque la parte corrispondente della medesima, possa rivelarsi sproporzionata”-v. p.45-. 6.7 In definitiva, secondo la Corte spetta unicamente al giudice del rinvio-“.., la valutazione finale del carattere proporzionato della sanzione”-v.p.48 sent.Equoland-. Ai fini del test di proporzionalità la Corte ha chiarito che la determinazione in misura fissa della sanzione potrebbe non rispettare il principio anzidetto, avuto riguardo alla natura “formale” della violazione- e alla possibilità che il solo pagamento degli interessi moratori potrebbe costituire sanzione adeguata almeno per i casi in cui in cui non era finalizzato all’evasione- p.46 sent.Equoland: “(…)il versamento di interessi moratori può costituire una sanzione adeguata in caso di violazione di un obbligo formale, purchè non ecceda quanto necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti, consistenti nel garantire l’esatta riscossione dell’IVA e nell’evitare l’evasione(…)”- e sempre che l’importo degli interessi moratori non corrisponda all’importo del tributo detraibile. 6.8 Fatte le superiori necessarie premesse e passando all’esame della censura proposta dall’Agenzia reputa il Collegio che, ad onta di quanto sostenuto dalla CTR, la sanzione applicabile all’importatore che si avvale del sistema di sospensione del versamento dell’Imposta sul valore aggiunto all’importazione senza immettere materialmente nel deposito IVA la merce extra UE va individuata nel paradigma normativo di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, a nulla rilevando il contenuto precettivo del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70 – conf. ex plurimis, Cass. n. 21492/2017 -.

La sentenza impugnata, nell’accogliere integralmente il ricorso della contribuente, ha dunque tralasciato di considerare che in caso di utilizzo del deposito fiscale ai fini IVA con immissione solo virtuale della merce in deposito non viene meno l’applicazione del sistema sanzionatorio per l’irregolare utilizzo del deposito stesso.

Sulla base di tali considerazioni e in accoglimento del terzo motivo di ricorso, rigettato il primo ed inammissibile il secondo la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Liguria anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Liguria anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 15 novembre 2019

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