Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29773 del 15/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3360-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.C. SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 433/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del MOLISE, depositata il 19/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, contro la sentenza resa dalla CTR Molise indicata in epigrafe, con la quale è stato dichiarato inammissibile per assenza di specifici motivi di censura della sentenza impugnata e per assoluta genericità delle conclusioni rassegnate l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso a carico della società V.C. s.r.l. per la ripresa a tassazione di imposte per l’anno 2008 in relazione alla ritenuta inattendibilità della contabilità.

La parte intimata non si è costituita.

E’ fondato il motivo di ricorso che prospetta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 in relazione alla decisione della CTR di ritenere i motivi di gravame non specifici.

Ed invero, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che “la specificità dei motivi di appello (finalizzata ad evitare un ricorso generalizzato e poco meditato al giudice di seconda istanza) esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, ragion per cui alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Tale esigenza, tuttavia, non può impedire che il dissenso della parte soccombente investa la decisione impugnata nella sua interezza e che esso si sostanzi proprio in quelle argomentazioni che suffragavano la domanda disattesa dal primo giudice essendo innegabile che, in tal caso, sottoponendo al giudice d’appello dette argomentazioni – perchè ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere -, si adempia pienamente all’onere di specificità dei motivi”-cfr. Cass. n. 14908/2014, Cass.n. 22510/2015, Cass.n. 13007/2015-.

Si è ancora aggiunto, di recente, proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, che “(…) gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado”- cfr. Cass., S.U., n. 27199/2017-.

A tale principi non si è affatto conformato il giudice di appello.

Ed infatti, nella motivazione della sentenza di primo grado il giudice aveva attribuito, al fine di superare l’accertamento fondato su una percentuale di ricarico individuata dall’Ufficio, valore decisivo al fatto che i listini erano stati tratti dai siti internet dei produttori e che l’Ufficio non aveva considerato sconti superiori alla media assunta apoditticamente dall’organo accertatore, inoltre evidenziando che le carenze del metodo ricostruttivo utilizzato dall’ufficio per la determinazione dei ricavi impedivano di fare ricorso ai rilievi in termini di antieconomicità pure posti a base dell’accertamento.

Orbene, a fronte di tale pronunzia, l’Agenzia ha puntualmente e specificamente contestato la decisione impugnata, come risulta dall’atto di appello riprodotto, ai fini dell’autosufficienza, nel ricorso per cassazione, deducendo la motivazione contraddittoria e insufficiente del primo giudice e rilevando che la CTP aveva incentrato l’analisi sulla determinazione della percentuale di ricarico, senza esaminare le incongruenze riscontrate in sede di verifica, inoltre contestando la decisione impugnata in ordine alla ritenuta applicazione della percentuali di sconti senza indicazione delle fonti di prova che avrebbero giustificato la pronunzia sul punto resa. L’appellante, inoltre, ha dimostrato di avere contestato la statuizione concernente la percentuale di ricarico applicata sotto il profilo della violazione dell’onere della prova nel quale sarebbe incorso il giudice di primo grado.

Tanto è sufficiente per ritenere che ha errato il giudice di merito nel ritenere che la sentenza gravata non fosse stata oggetto di specifica contestazione.

Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Molise anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Molise anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 15 novembre 2019

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