LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 36064-2018 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato presso l’avv. Ibrahim Khahil Diarra, dal quale è rappresentato e difeso con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 12/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore, Dott. ROSARIO CALAZZO.
RILEVATO
CHE:
S.A., cittadino del Senegal, impugnò il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale che gli aveva negato la protezione sussidiaria e quella umanitaria, con ricorso che fu respinto dal Tribunale di Torino con decreto del 17.10.18, a tenore del quale erano da escludere i presupposti del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria in quanto: il racconto reso dal ricorrente era generico e non credibile in ordine all’asserito attacco dei ribelli nel suo villaggio; tenuto conto dell’attuale situazione sociopolitica del Senegal, come desumibile dal rapporto di Amnesty International e del Dipartimento di Stato americano del maggio 2016, non si ravvisava, nella regione di provenienza, il pericolo che il ricorrente, in caso di rimpatrio, potesse essere esposto al rischio di subire un danno grave alla persona, nell’ambito delle fattispecie legali contemplate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; non era riconoscibile la protezione umanitaria, in quanto il ricorrente non aveva allegato situazioni di particolare vulnerabilità, nè era emerso il suo positivo inserimento nella società italiana.
Lo A. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Non si è costituito il Ministero.
Il Consigliere relatore ha formulato la proposta ex art. 380-bis, c.p.c.; il ricorrente non ha depositato memoria.
RITENUTO
CHE:
Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6,7,8 e 14, nonchè dell’art. 27, comma 1-bis e degli artt. 115-116, c.p.c., non avendo il Tribunale valutato correttamente i fatti storici addotti dal ricorrente ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria e umanitaria, e la credibilità dello stesso ricorrente. Con il secondo motivo è denunziata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, e vizio di motivazione, non avendo il Tribunale applicato correttamente le regole istruttorie in materia di protezione internazionale, dati i conflitti diffusi nel Senegal.
Con il terzo motivo è denunziata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, e degli artt. 115-116, c.p.c., nonchè vizio di motivazione, poichè il Tribunale ha escluso anche il riconoscimento del permesso umanitario, avendo ritenuto inattendibile il racconto del ricorrente attraverso un’erronea applicazione delle regole istruttorie.
Il primo motivo è manifestamente infondato poichè il Tribunale ha correttamente ritenuto non dimostrati i presupposti della protezione internazionale richiesta, sia sulla base dell’inattendibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente, siccome generiche e contraddittorie, sia per l’insussistenza dello status di rifugiato e della situazione di violenza indiscriminata.
Il secondo motivo è manifestamente inammissibile, in quanto diretto al riesame dei fatti e fondato su allegazioni generiche, che sarebbero state attinte da provvedimenti giudiziari, non meglio precisati ed individuati, mentre il Tribunale ha escluso che nella regione di provenienza del ricorrente sia diffusa una situazione di violenza indiscriminata frutto di conflitto armato, utilizzando i report di Amnesty International e del Dipartimento di Stato americano, con argomenti peraltro non contestati.
Il terzo motivo è manifestamente inammissibile, poichè generico e non fondato su specifiche allegazioni di situazioni di vulnerabilità e, sostanzialmente, teso al riesame dei fatti.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019