LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. PERRICONE Angelina Maria – rel. Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33542 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:
I.A., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Andrea Maestri, presso lo studio del quale in Ravenna, alla via Meucci, n. 7;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno;
– intimato –
per la cassazione del decreto del Tribunale di Bologna n. 3821/18 depositato in data 19 ottobre 2018.
RILEVATO
che:
– I.A., cittadino nigeriano, ha impugnato il provvedimento della Commissione territoriale di diniego del riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria innanzi al Tribunale di Bologna che, con decreto del 19 ottobre 2018, ha rigettato il ricorso;
– a sostegno della decisione, per quanto ancora d’interesse, il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, in quanto per un verso i familiari (almeno la madre e il fratello) sono rimasti in Nigeria e, per l’altro, il percorso d’integrazione intrapreso è positivo, ma non ha ancora determinato il radicamento dell’istante in Italia;
– I.A. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non c’è replica.
CONSIDERATO
che:
– Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e dell’art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati, là dove il Tribunale non ha ravvisato la sussistenza dei presupposti della protezione umanitaria, omettendo anche di valorizzare le gravi violazioni dei diritti umani sussistenti nel paese di transito, ossia la Libia;
– il motivo è inammissibile;
– il Tribunale era chiamato a valutare la sussistenza del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, all’esito di una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio potesse determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità persona,le, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese d’accoglienza (Cass. 4455/2018);
– il Tribunale ha adeguatamente motivato il proprio convincimento, facendo leva sulle circostanze evidenziate in narrativa; laddove va anche richiamato, quanto al profilo della censura concernente l’omessa motivazione della rilevanza della situazione del paese di transito (nel caso di specie, la Libia), l’indirizzo in base al quale nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un paese di transito si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare, come nel caso in esame, quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione (Cass. 15 maggio 2019, n. 13096; 6 dicembre 2018, n. 31676; 20 novembre 2018, n. 29875);
– il motivo è quindi inammissibile, in quanto è volto al sovvertimento dell’accertamento compiuto dal giudice di merito;
– inammissibile è altresì il secondo motivo di ricorso, col quale il ricorrente, pur denunciando l’omesso esame di un fatto decisivo per il riconoscimento della protezione umanitaria, in realtà si lamenta dell’insufficienza in fatto e in diritto della motivazione, laddove l’esame della prima è preclusa dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, al regime del quale l’impugnazione del decreto è soggetta, e la seconda è di per sè estranea alla deduzione del vizio di motivazione;
– il ricorso è quindi inammissibile; nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019