Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.30114 del 20/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4658-2018 proposto da:

C.S., in qualità di socio illimitatamente responsabile della ditta NEW CLUB di A.M. & C. SNC, cancellata dal registro delle imprese di ***** per cessazione delle attività in data 30/12/2008, C.E., in qualità di socia illimitatamente responsabile della ditta NEW CLUB di A.M. & C. SNC, cancellata dal registro delle imprese di ***** per cessazione delle attività in data 30/12/2008, A.M., in qualità di socia illimitatamente responsabile della ditta NEW CLUB di A.M. & C. SNC, cancellata dal registro delle imprese di ***** per cessazione delle attività

in data 30/12/2008, elettivamente domiciliati in ROMA, VICOLO DELL’ORO 24, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO COEN, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati RUGGERO FREGNI, MARCO VEZZANI;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO ***** SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO SOMALIA 67, presso lo studio dell’avvocato RITA GRADARA, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO LEONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2310/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 09/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.

RAGIONI DELLA DECISIONE

la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia con la quale venivano revocati pagamenti per complessivi E 23.754,37 effettuati da s.p.a. *****, successivamente dichiarata fallita entro l’anno dai pagamenti medesimi, in favore di s.n.c. New Club e condannava quest’ultima al rimborso delle somme al fallimento.

A sostegno della decisione, la Corte d’Appello, per quel che ancora interessa, ha affermato: sono revocabili anche i pagamenti effettuati da un terzo per la società falllita purchè realizzati con denaro del fallito o con denaro del terzo che tuttavia abbaia esercitato azione di rivalsa prima del fallimento. Nella specie risulta che la Maska s.p.a. (terzo che ha effettuato il pagamento), socia della fallita, era debitore di ***** in quanto quest’ultima le aveva ceduto crediti per un importo complessivo di oltre 3 milioni di Euro. Come corrispettivo della cessione Maska si era accollata i debiti della società successivamente fallita per quasi 2 milioni di Euro, con annotazione del residuo importo in un conto corrente che regolava i rapporti tra le due società. Le due società avevano adottato un sistema di tesoreria centralizzata che faceva capo a Maska, con accensione di un conto corrente utilizzato per regolare i rapporti di debito credito derivanti da reciproche forniture che veniva costantemente alimentato da ***** attraverso operazioni annotate in dare così che Maska potesse provvedere ai pagamenti tra i quali quello oggetto di revocatoria, portando i relativi importi in decurtazione del proprio debito derivante dall’acquisto di crediti della *****. In tal modo Maska gestiva le risorse di ***** portando in detrazione del proprio debito i pagamenti effettuati ai creditori della stessa; in tale modo Maska si rivaleva nei confronti di ***** dei pagamenti effettuati in favore dei creditori di quest’ultima.

Quanto alla scientia decoctionis, i pagamenti erano relativi a un credito scaduto da parecchi mesi e sono stati ricevuti dopo che la società creditrice aveva ottenuto decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo su richiesta fondata proprio sulla coesistenza di altri debiti dell’ingiunta verso fornitori e di decreti ingiuntivi già emessi nonchè della confessione di ***** riguardante lo stato di difficoltà economica che attraversava. Inoltre a carico di ***** esistevano due procedure esecutive mobiliari. Si può ritenere che di tali procedure la creditrice fosse a conoscenza dal momento che accettò pagamenti parziali di crediti di risalente esigibilità nonostante avesse un titolo esecutivo.

Hanno proposto ricorso per cassazione i soci illimitatamente responsabili della New Club. Ha resistito con controricorso il fallimento.

Nel primo motivo viene dedotto l’omesso esame di fatti decisivi relativi al presunto rapporto di tesoreria ed alla conoscenza dello stato di decozione. Lo scopo dell’accordo con Maska era solo quello di ristrutturare il debito non di sottrarre denaro ai creditori in vista di un futuro fallimento. Il ragionamento della Corte è meramente presuntivo.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 67 L. Fall., comma 3, ed il vizio di motivazione in relazione all’errata conclusione della conoscenza da parte della creditrice della scientia decoctionis, alla luce delle numerose emergenze istruttorie che evidenziavano il contrario.

Le due censure possono essere trattate congiuntamente in quanto entrambe inammissibili per essere sostanzialmente dirette a censurare l’accertamento di merito svolto insindacabilmente dalla Corte d’Appello sia sulla natura del pagamento del terzo, ricostruita con un’analitica indagine del rapporto di cessione del credito, sia sulla scientia decoctionis fondata su molteplici e concreti indizi fattuali.

In ordine al primo profilo, in particolare, il complesso rapporto economico-giuridico tra società fallita e terzo che ha eseguito il pagamento, ha posto in luce sia la riconduzione alla società fallita della somma corrisposta mediante la predisposizione di un conto corrente che registrava i rapporti di dare ed avere tra debitore e cessionario tanto da creare un vero e proprio servizio di tesoreria, sia il diritto di esercitare la rivalsa da parte del terzo nei confronti della predetta società (Cass.6282 del 2016;24172 del 2017).

In ordine alla scientia decoctionis, la Corte d’Appello ha insindacabilmente selezionato i molteplici indizi probatori relativi all’integrazione del requisito, svolgendo un’indagine approfondita e adeguatamente motivata.

In conclusione il ricorso è inammissibile. Le spese processuali seguono la soccombenza.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti della parte controricorrente da liquidarsi in Euro 2.200 per compensi ed Euro 100 per esborsi, oltre accessori di legge.

Sussistono le condizioni processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002/, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto il contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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