LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21649-2013 proposto da:
P.M., in qualità di rappresentante della Società e in proprio quale Socio, elettivamente domiciliato in ROMA VIA S.G.
BELLI 39, presso lo studio dell’avvocato PIERFRANCESCO BRUNO, rappresentato e difeso dall’avvocato TOMMASO CAPEZZONE giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 82/2013 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI, depositata il 11/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ETTORE PEDICINI che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato SARRACINO per delega dell’Avvocato CAPEZZONE che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato VALENZANO che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate eseguiva una verifica nei confronti della Edil Gi.Te.Ma. srl, rilevando che la società aveva dichiarato di non avere lavori in corso di esecuzione/rimanenze finali, mentre l’Ufficio accertava l’esistenza di ulteriori acquisti per Euro 107.783 non dichiarati quali rimanenze finali, destinati a due cantieri aperti in *****, i quali non comparivano in alcuna documentazione; l’Ufficio riteneva che i predetti acquisti di Euro 107.783 avessero generato nello stesso anno di imposta ricavi non dichiarati per Euro 147.684, determinati applicando la percentuale di ricarico del 37,02% dichiarata dalla parte stessa. Pertanto l’ente impositore emetteva a carico della società avviso di accertamento di maggiori ricavi con conseguenti maggiori imposte Iva ed Irap.; poichè la società di capitali aveva optato per il regime della trasparenza, ai soci P.T., P.M. e P.G., venivano notificati avvisi di accertamento ai fini Irpef per il maggior reddito da partecipazione.
La società ed i soci in proprio proponevano distinti ricorsi alla Commissione tributaria provinciale di Benevento che, previa riunione, li rigettava con sentenza n. 204 del 2011.
La società, in persona del legale rappresentante P.M., ed i soci P.M. e P.G., proponevano appello alla Commissione tributaria regionale della Campania che lo rigettava con sentenza n. 82 del 11.2.2013. La C.T.R. non condivideva la tesi degli appellanti secondo cui non vi era stata omessa fatturazione in quanto i ricavi relativi ai costi contabilizzati nell’anno 2005 erano stati fatturati nell’anno 2006, allorchè era stato incassato il corrispettivo dei lavori eseguiti. I giudici di appello rilevavano che il comportamento della società aveva violato il principio di imputazione per competenza e non per cassa dei componenti del reddito di impresa di cui al TUIR, art. 109.
Contro la sentenza di appello P.M., in qualità di legale rappresentante della società ed in proprio, propone ricorso per cassazione con unico motivo deducendo: “la sentenza impugnata è palesemente illegittima per violazione e/o falsa applicazione del TUIR, art. 109, suscettibile di rilevare a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto “è stato adeguatamente comprovato” che i presunti ricavi conseguiti in evasione nell’anno 2005 sono stati contabilizzati con fatture emesse nel 2006, di modo che l’errata imputazione non ha cagionato alcun danno erariale, mentre la C.T.R. di Napoli si è limitata a “richiamare acriticamente il TUIR, art. 109”.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere rilevata la nullità della sentenza per violazione del litisconsorzio necessario tra la società e tutti i soci a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14 comma 1. Questa Corte ha stabilito che, nel caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di una società di capitali (nella specie, una s.r.l.), in cui i soci hanno optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 116, con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 14, nei confronti di tutti i soci e della società, sicchè il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24472 del 01/12/2015; conforme Sez.5-6 n. 9751/2017).
Dagli atti di causa risulta che, mentre l’obbligo del litisconsorzio è stato osservato nel giudizio di primo grado mediante riunione dei ricorsi proposti dalla società e dai tre soci ( P.M., P.G. e P.T.), il giudizio davanti alla C.T.R. si è svolto senza disporre l’integrazione del contraddittorio mediante la chiamata in causa della socia P.T..
Ne consegue che la nullità, rilevabile in ogni stato e grado e anche d’ufficio, della sentenza impugnata con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione perchè proceda al giudizio di appello previa integrazione del contraddittorio. Alla stessa C.T.R. è demandata la liquidazione del spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 11 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019