LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7188-2019 proposto da:
S.F., RICORSO NON DEPOSITATO AL 11/03/2019;
– ricorrente –
contro
A.G., AL.GI., A.S., nella qualità di eredi di A.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI SANTA COSTANZA 46, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANCINI, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO RIELLO;
– controricorrenti –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di BENEVENTO, depositata il 26/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
RITENUTO
che A.G., A.S., nella loro qualità di eredi di A.F., hanno depositato controricorso al ricorso per cassazione notificato da S.F. il 14 dicembre 2018, per la cassazione della ordinanza del Tribunale di Benevento in data 26 giugno 2018;
che il ricorso va dichiarato improcedibile, in quanto, come certificato dalla Cancelleria di questa Corte l’1 marzo 2019, non è stato depositato fino alla data della certificazione, con conseguente superamento del limite di venti giorni di cui all’art. 369 c.p.c.;
che per giurisprudenza costante della Corte di Cassazione (ex multis Cass. 24686/2014), attesa la perentorietà del termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., “il deposito del ricorso per cassazione dopo la scadenza del ventesimo giorno dalla notifica del gravame comporta l’improcedibilità dello stesso: detta improcedibilità è rilevabile anche d’ufficio e non è esclusa dalla costituzione del resistente, posto che il principio – sancito dall’art. 156 c.p.c. – di non rilevabilità della nullità di un atto per mancato raggiungimento dello scopo si riferisce esclusivamente all’inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori, per i quali vigono apposite e separate norme”;
ritenuto inoltre, a fortiori, che “anche l’omesso deposito del ricorso, ipotesi ben più grave del deposito tardivo, deve essere sanzionato dalla declaratoria di improcedibilità” (Cass. 12894/2013; Cass. 15544/2012; Cass. 4919/2009);
che va resa declaratoria di improcedibilità del ricorso, con la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo;
che ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione (Cass. n. 25453/2017).
PQM
dichiara improcedibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge e rimborso di quanto pagato per il contributo unificato; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 20 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019