Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.30304 del 20/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18253-2018 proposto da:

I.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GABRIELE MANDELLI;

– ricorrente –

contro

AUTOGRILL SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EZIO 24, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO PEZZANO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CESARE FULVIO LAVIZZARI, MANFREDO VITALIANO LAVIZZARI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 52/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO LUCIA.

RILEVATO

CHE:

La Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda avanzata da I.A. nei confronti di Autogrill s.p.a volta alla declaratoria di illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti dal 28/2/2014 al 13/4/2014 con causale “manifestazioni e fiere” e riferito a un “calendario allegato delle manifestazioni fieristiche” della fiera di Milano, cui era stata adibita la lavoratrice quale operatrice di servizi;

la Corte territoriale, richiamando la motivazione della sentenza passata in giudicato tra le parti che aveva sancito la legittimità dei contratti di lavoro a termine intercorsi in precedenza tra le stesse, sempre attinenti allo svolgimento di attività presso fiere, osservava che la specificità della causale non era da porre in discussione in ragione della mancata corrispondenza tra i periodi temporali indicati in contratto e quelli di cui all’allegato calendario fieristico, poichè, gestendo Autogrill punti di ristorazione, alla durata della manifestazione fieristica aperta alla clientela occorreva sommare brevi periodi di presenza di personale addetto al montaggio e allo smontaggio delle varie esposizioni, talchè la circostanza che l’appellata avesse lavorato in nove giorni non corrispondenti a quelli di apertura al pubblico della fiera non poteva essere ritenuta rilevante al fine di escludere la sussistenza della causale;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione I.A. sulla base di cinque motivi;

Autogrill s.p.a. resiste con controricorso, corredato da memoria.

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, degli artt. 115 e 416 c.p.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto la sussistenza delle ragioni del ricorso al contratto di lavoro a termine nonostante che la società non avesse fornito prova al riguardo, evidenziando la non coincidenza tra gli eventi fieristici e l’attività lavorativa svolta;

il motivo è inammissibile perchè propone, sub specie violazione di legge, una valutazione delle circostanze di fatto alternativa rispetto a quella offerta dai giudici del merito (Cass. 8758/2017), i quali hanno dato conto delle ragioni in forza delle quali era da ritenere irrilevante la non esatta coincidenza dei periodi lavorativi con le manifestazioni fieristiche;

con il secondo motivo deduce ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame da parte della Corte d’appello di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalle allegazioni contenute nel ricorso aventi ad oggetto l’avere la ricorrente lavorato anche altrove ed in siti diversi rispetto alla Fiera di RHO;

il motivo è inammissibile poichè non rispetta i parametri di cui al nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, riguardando la presunta omissione non un fatto storico ma un’allegazione difensiva (cfr. Cass. 8053 del 2014);

con il terzo motivo deduce nullità della sentenza per motivazione apparente o manifestamente contraddittoria in relazione alla prova delle ragioni di assunzione a termine della ricorrente;

Il motivo è infondato ove si consideri che, secondo costante orientamento di questa Corte (Cass. 8053/2014 e Cass. n. 22232 del 03/11/2016, Cass. n. 23940 del 12/10/2017), la mancanza della motivazione (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma indispensabile) si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, circostanze tutte che non si rinvengono nel caso in esame, in cui, oltre ad aver fatto correttamente ricorso alla motivazione per relationem (Cass. n. 2861 del 31/01/2019), la Corte territoriale ha seguito un percorso argomentativo comprensibile;

con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4 bis, per non avere la Corte valutato la sussistenza del superamento del limite temporale di successione dei contratti o ritenuto possibile il superamento del predetto limite solo per il fatto del passaggio in giudicato di sentenza resa in procedimento in cui si erano impugnati altri contratti stipulati precedentemente a quello oggetto d’impugnazione nel presente giudizio;

con il quinto motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame da parte della Corte d’appello circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito sia dall’intervenuto superamento del limite di 36 mesi nella successione del contratto a termine al momento della stipula di quello impugnato nel presente giudizio, sia dal mancato intervenuto giudicato nel giudizio conclusosi con l’altra richiamata sentenza della stessa Corte territoriale sulla questione del superamento del limite temporale in questione;

gli ultimi due motivi, unitariamente considerati, sono fondati;

risulta, infatti, che in primo grado parte ricorrente ha allegato di aver lavorato per la parte convenuta con numerosi contratti a termine dal 20/5/2003 al 23/4/2014 e ha dedotto anche la nullità del contratto in discussione per il superamento del limite temporale di 36 mesi previsto dalla disciplina regolante il contratto a termine;

la questione relativa al superamento di detto termine era stata ritenuta superata (“assorbita”) dalla Corte d’appello in ragione del passaggio in giudicato di altra sentenza (1589/2016), provvedimento che, tuttavia, non risulta in alcun modo aver deciso sulla questione attinente al superamento del limite temporale di reiterazione dei contratti a termine (“pg. 24 ricorso: rileva la Corte che appare sollevata solo in grado di appello la questione inerente il superamento del termine di 36 mesi D.Lgs. n. 368 del 2001 ex art. 5; la questione deve ritenersi tardiva e inammissibile”);

nella descritta situazione ricorre il vizio di omessa motivazione, riconducibile a violazione di legge, derivante dall’erroneo ritenuto assorbimento (“La figura dell’assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre è in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa”);

in accoglimento degli ultimi due motivi, pertanto, la sentenza va cassata in parte qua e rimessa alla Corte d’appello di Milano, che provvederà a decidere sul punto controverso inerente all’intervenuto superamento del limite di 36 mesi nella successione dei contratti a termine al momento della stipula di quello impugnato nel presente giudizio;

PQM

La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, rigetta il terzo. Accoglie il quarto e il quinto motivo di ricorso, esaminati congiuntamente, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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