LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4132/2018 proposto da:
*****, in persona del suo amministratore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO SPAGLIARDI;
– ricorrente –
contro
C.M., S.F., P.M.J., PR.MA., G.A., i due ultimi in qualità di aventi causa della Sig.ra PR.LU., elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato LUCIA ZACCAGNINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNA DE VITA;
– controricorrenti –
e contro
N.A., PA.GI., M.A.M., *****, V.M.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 865/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 28/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/10/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
FATTI DI CAUSA
I resistenti hanno tutti la proprietà di diversi locali posti a piano terra della *****.
Due condominii, e precisamente quelli siti al civico *****, hanno delimitato spazi da destinare a parcheggio lungo la *****, che separa i due edifici condominiali, in corrispondenza dei locali dei condomini attori.
Questi ultimi hanno ritenuto che la destinazione a parcheggio delle carreggiate di tale stradina fosse illegittima e fonte di danno per le loro proprietà, in quanto ne impediva o ne ostacolava l’uso.
Hanno cosi citato i due condominii ed hanno ottenuto in primo grado l’eliminazione dei parcheggi, ed il risarcimento del danno dovuto all’incidenza sul mancato utilizzo (o sul ridotto utilizzo) dei loro locali, che, anche a seguito di CTU, il giudice di primo grado ha ritenuto derivare proprio dalla adibizione a parcheggio della stradina antistante tali locali.
Il danno è stato liquidato prendendo a base le mensilità di locazione o di sfruttamento del bene.
La corte di appello ha in parte riformato questa decisione. Intanto, ha ritenuto inammissibile l’impugnazione del Condominio *****, la cui condanna, dunque, al pagamento dei danni è ormai passata in giudicato. Nel merito, quanto al condominio ***** ha invece modificato la somma posta a suo carico, applicando nella determinazione del quantum, il criterio equitativo.
Ricorre il Condominio ***** con tre motivi. V’è controricorso dei condomini. Entrambe le parti depositano memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- La ratio della sentenza impugnata.
I giudici di appello applicano la regola secondo cui, pur potendo essere considerato in re ipsa il danno da occupazione di immobile, la parte deve pur sempre allegare quali utilizzazioni (e dunque guadagni) ha perduto a cagione della occupazione del bene.
In difetto di tale allegazione, che sarebbe, per l’appunto, mancata nel caso presente, non può riconoscersi un danno misurato sul mancato guadagno; quanto piuttosto un danno da perdita della disponibilità, che è liquidabile soltanto equitativamente.
2.- I motivi di ricorso sono tre.
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 1226 c.c., ossia ritengono che, dopo aver correttamente richiamato la regola per cui la parte deve comunque allegare di aver perso occasioni di guadagno a causa della occupazione del bene, e dopo aver rilevato che tale allegazione non è stata fornita, la corte di merito ha comunque liquidato il danno equitativamente, con ciò violando la regola sottesa al risarcimento in via equitativa che pretende pur sempre la prova del danno, salva la difficoltà di stimarlo.
Secondo il ricorrente, una volta appurato che non è stata allegata la prova del danno, non avrebbe dovuto procedersi ad una sua equitativa liquidazione, che invece presuppone la prova del pregiudizio, e solo lascia incerta la stima.
Il motivo è infondato.
Infatti, la corte di appello, accertata la mancata allegazione della prova di uno sfruttamento commerciale, ne ha dedotto correttamente l’illegittima quantificazione del risarcimento in termini, per l’appunto, di perdita di un guadagno (p. 13-14), ed ha invece ritenuto sussistere un danno diverso quello insito nella ridotta disponibilità del bene che la presenza dei parcheggi aveva causato e che era stata dimostrata in corso di causa.
Con la conseguenza che la stima equitativa è stata correttamente utilizzata dalla corte, in presenza di un pregiudizio, sì, provato (quello per la mancata disponibilità del bene pura e semplice), ma di difficile quantificazione.
2.1.- Con il secondo motivo invece si lamenta violazione degli artt. 1292 e 2055 c.c..
Secondo il ricorrente la corte di merito avrebbe disatteso la pronuncia di primo grado quanto alla solidarietà tra i due condominii relativamente all’obbligazione di risarcimento.
Ossia, la condanna del condominio ***** è passata in giudicato, per inammissibilità dell’appello, e ciò dovrebbe aver anche reso definitiva la solidarietà di quest’ultimo con il condominio ricorrente, solidarietà che invece non è stata confermata in secondo grado.
Il motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio della decisione.
In primo grado i due condominii sono stati condannati al risarcimento dei danni in solido. L’impugnazione del condominio ***** è stata dichiarata inammissibile, mentre quanto al Condominio *****, ossia quello ricorrente qui, è stata solo ridotta la misura del risarcimento, non già il titolo di esso.
La solidarietà, affermata in primo grado, non è stata oggetto di giudizio nel secondo, nè risulta una riforma comunque fatta dal giudice di appello, che, fermo restando il titolo della responsabilità, ha soltanto ridotto l’ammontare del dovuto a carico del condominio appellante.
3.- Il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 91 c.p.c., quanto alle spese.
Secondo il condominio ricorrente, la decisione di secondo grado, nel ritenere inammissibile l’appello dell’altro condominio, avrebbe dovuto condannare anche quest’ultimo alle spese, e comunque ha errato nell’attribuire al ricorrente i tre quarti della somma.
Il motivo è infondato.
Infatti, il giudice di primo grado ha condannato entrambi i condominii in solido, anche alle spese legali. Passata in giudicato la sentenza quanto ad uno dei due, che rimane dunque tenuto in solido, la decisione della corte di appello ha riguardato solo la ripartizione interna di queste spese tra i due condominii soccombenti, attribuendo per tre quarti l’obbligazione al condominio ricorrente e per l’altro quarto al diverso condominio.
In sostanza, non v’è stata alcuna maggiorazione della somma complessiva delle spese legali a vantaggio dei condomini, somma complessiva che è rimasta immutata, nè v’è stata modifica quanto al titolo di solidarietà, semplicemente la corte ha ripartito l’obbligazione tra i due obbligati in solido in modo diverso dal primo grado, mutando da metà a tre quarti quella del condominio ricorrente. Ciò ha fatto esercitando discrezionalità qui insindacabile e peraltro giustificata dal diverso ruolo processuale dei due condominii.
Il ricorso va pertanto rigettato, e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 1800,00 Euro, oltre 200,00 Euro per spese generali. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019
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