Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.30401 del 21/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24382/2018 proposto da:

K.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Nizza 63 presso lo studio dell’avvocato Croce Marco, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

Procura Repubblica Presso Tribunale Venezia;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 26/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/10/2019 dal Cons. Dott. GORJAN SERGIO.

FATTI DI CAUSA

K.S. – cittadino del ***** – ebbe a proporre ricorso innanzi il Tribunale di Venezia avverso il provvedimento di rigetto della sua istanza di protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale di Verona sez. Treviso.

Il ricorrente prospettava d’esser dovuto fuggire dal suo Paese poichè pressato dalle richieste di denaro da parte di due suoi compagni di scuola,anche con minacce di morte, e così obbligato a cercar lavoro all’Estero, anche, per aiutare i genitori malati.

All’esito del procedimento il Collegio lagunare ha rigettato il ricorso e confermato il provvedimento impugnato, osservando come il K. non appariva credibile in relazione alle ragioni poste alla base della sua domanda di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti,anche perchè avanzata dopo oltre un lustro che si trovava – a suo dire – in Italia.

Il K. ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi.

L’Amministrazione degli Interni s’è ritualmente costituita a contraddire con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal K. s’appalesa siccome infondato.

Con il primo mezzo d’impugnazione sviluppato, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione delle norme D.Lgs. n. 25 del 2008, ex artt. 8, 10, 13 e 27 ed art. 16 direttiva U.E. 2013/32,poichè il Tribunale veneto s’è limitato a ritenere non credibili le ragioni da lui offerte a giustificazione della fuga dal proprio Paese senza procedere, in caso di dubbio come nella specie, al necessario approfondimento istruttorio siccome previsto dalle norme citate, che pongono il principio di collaborazione del Giudice nella specifica materia.

La censura mossa si fonda su argomentazione astratta, che non si confronta con la specifica motivazione posta dal Collegio serenissimo alla base della sua statuizione.

Difatti il ricorrente opera una ricostruzione astratta della normativa in tema ed apoditticamente afferma che i Giudici veneti non l’hanno osservata poichè non si sono avvalsi del potere-dovere, imposto dalla normativa in tema, di colmare le eventuali carenze del racconto del richiedente asilo quando, come nella specie, sussiste dubbio circa la veridicità del suo narrato.

Tuttavia il ricorrente non esamina in effetti il ragionamento fattuale e giuridico esposto dal Collegio lagunare, che parte dall’osservare come l’allegazione delle minacce estorsive non risulti suffragata, nemmeno,dall’indicazione della ragione che indusse i compagni di scuola a un tanto, per evidenziare come non risulta spiegato perchè dopo un lustro tale situazione poteva essere ancora attuale e, soprattutto,il ricorrente non spiega la ragione per la quale pur essendo dimorante in Italia – a suo dire – dal 2011 ebbe a proporre l’istanza di protezione solo nel 2016.

Come evidente il Tribunale,non già, ha ritenuto dubbia la credibilità ma esposto ragioni fattuali e logiche precise e circostanziate per ritenerla insussistente, sicchè nemmeno conseguiva l’onere della collaborazione istruttoria invocata.

Con la seconda doglianza il ricorrente deduce violazione delle norme Cedu ed U.E. in materia di protezione internazionale in quanto il Collegio serenissimo non aveva nemmeno riconosciuto il suo diritto alla protezione sussidiaria, benchè ne concorressero le condizioni fattuali e giuridiche, senza considerare la sua impossibilità a rientrare in Kosovo senza esporsi alla rappresaglia degli antagonisti posto che nel suo Paese d’origine la vendetta privata è tollerata dalle Autorità.

Anche detta censura pecca d’astrattezza poichè si richiamano dati fattuali di criticità della vita sociale del Kosovo senza un effettivo confronto con le ragioni addotte dal Tribunale a sostegno della sua statuizione di rigetto in tema di protezione sussidiaria ed umanitaria.

Il Collegio veneto ha puntualmente esaminato la situazione socio-politica del Kosovo e sottolineato come a far data dal 2004 la stessa si fosse evoluta verso uno stato di generale pacificazione; ha puntualizzato come gli elementi documentali portati dal K. non lumeggiassero una sua effettiva integrazione nel tessuto sociale italiano e come,comunque, fossero carenti le ragioni di rischio in caso di suo rimpatrio e per la non credibilità del suo racconto e per la già richiamata lunga permanenza in Italia prima di chiedere la protezione internazionale.

Dunque la motivazione resa dal Tribunale appare rispettosa dei parametri,posti anche dalle norme Europee,per l’esame della richiesta di protezione sussidiaria ed umanitaria avanzata dal K..

Atteso il rigetto del ricorso, il K. va condannato a rifondere all’Amministrazione degli Interni costituita le spese di lite di questo giudizio di legittimità,liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione degli Interni le spese di lite di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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