LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. CASADONTE Anna Maria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24956/2018 R.G. proposto da:
S.F.A., S.M.A., S.T., S.C., rappresentati e difesi dall’avv. Ciccone Gaetano, con domicilio in Scilla, via Bellantoni;
– ricorrenti –
contro
B.I., rappresentata e difesa dall’avv. D’agostino Domenico e dall’avv. Barillà Domenico, con domicilio eletto in Roma, Circumvallazione Casilina n. 25;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria n. 324/2018, depositata in data 17.5.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10.10.2019 dal Consigliere Fortunato Giuseppe.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Reggio Calabria ha dichiarato B.I. (quale erede di B.G.) esclusiva proprietaria dell’appezzamento di terreno sito in *****, contrada *****, censito in catasto al *****, disponendo il rilascio del bene.
In primo grado, B.G. aveva contestato la validità del decreto pretorile di riconoscimento dell’usucapione speciale emesso in favore dei danti causa degli attuali ricorrenti in data 24.11.1986, ed aveva rivendicato la titolarità del bene in forza del testamento pubblico del 31.3.1983 redatto da G.V. (sorella di G.A., dante causa dei convenuti), trascritto anteriormente alla trascrizione del ricorso per usucapione speciale.
All’esito, con sentenza IR. n. 1357/2006 il Tribunale di Locri aveva respinto la domanda, ritenendo che i Siclari avessero usucapito il bene ai sensi dell’art. 1159-bis c.c..
Il Giudice di secondo grado ha invece ritenuto che, mentre la B. avesse prodotto in giudizio il suo titolo di acquisto, non vi fosse prova della destinazione agricola del terreno, presupposto indispensabile per l’usucapione del bene da parte degli appellati.
La cassazione di questa sentenza è chiesta da S.T., S.F.A. e S.C., sulla base di un unico motivo di ricorso. B.I. ha proposto controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art.
1159-bis c.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice distrettuale, il carattere agricolo del fondo era provato dalla documentazione catastale prodotta dall’attore, dal decreto pretorile di usucapione, dall’atto di donazione con cui la dante causa dei ricorrenti aveva disposto del bene e dagli ulteriori elementi documentali acquisiti al processo.
La Corte di merito avrebbe dovuto considerare che il B. non aveva sollevato – in proposito – alcuna contestazione e comunque, nel dubbio, avrebbe dovuto procedere all’assunzione delle prove orali volte a dimostrare la ricorrenza di tutte le condizioni richieste dalla legge per la maturazione dell’usucapione.
Il ricorso è inammissibile.
Come risulta dall’intestazione del ricorso, l’impugnazione è stata proposta in base alla procura rilasciata da S.T., S.M.A. e S.F.A. in calce alle copie notificate della citazione di primo grado, e da S.C. in calce alla copia notificata dell’atto di appello.
Tuttavia, la procura per il ricorso per cassazione deve necessariamente riguardare il singolo giudizio di legittimità, per cui deve esser rilasciata in data successiva alla decisione impugnata.
Solo in tal modo è assicurata la riferibilità dell’attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa.
La carenza di tali condizioni è rilevabile d’ufficio e non è sanabile (Cass. 8741/2017; Cass. 7014/2017; Cass. s.u. 13431/2014; Cass. 19560/2006).
Ribadito che il ricorso è stato proposto in base alla procura conferita in primo grado nel giudizio esitato nella sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 1357/2006, nonchè, per il solo S.C., in calce alla copia dell’atto di appello, deve rilevarsi la carenza del requisito temporale del rilascio della procura in data successiva alla sentenza di secondo grado, con conseguente inammissibilità del ricorso.
Le spese vanno poste a carico del difensore, poichè, per quanto detto, l’attività processuale svolta resta nell’esclusiva responsabilità del predetto difensore, che deve considerarsi soccombente in relazione alla questione di inammissibilità oggetto della presente pronuncia (Cass. 10071/1017; Cass. 11551/2015; Cass. 14281/2006; Cass. s.u. 10706/2006).
Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il difensore dei ricorrenti è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’avv. Ciccone Gaetano al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15/0.
Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che l’avv. Ciccone Gaetano è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificati, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019