LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13828-2015 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, GIUSEPPINA GIANNICO, LUIGI CALIULO;
– ricorrente –
contro
P.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA TERESA MARRA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3830/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/05/2014 r.g.n. 483/2010.
RILEVATO
che:
1. con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di Appello di Napoli ha riformato la sentenza impugnata e riconosciuto il diritto di P.C. alla reversibilità della pensione della dante causa, Pi.Ca., con decorrenza dal 1 marzo 1995 (primo giorno del mese successivo al decesso della Pi.);
2. la Corte di merito, premesso non essere in contestazione il requisito dell’inabilità dell’assistito, riteneva sussistente il requisito della vivenza a carico in considerazione del possesso, da parte del P., del solo reddito derivante dalla pensione di inabilità di cui godeva e delle condizioni reddituali per beneficiare di quest’ultimo beneficio;
3. avverso tale sentenza l’Inps ha proposto ricorso affidato ad un motivo, al quale ha opposto difese P.C., con controricorso.
CONSIDERATO
che:
4. con il motivo di censura, deducendo violazione di legge (L. n. 903 del 1965, artt. 21, 22, L. n. 222 del 1984, art. 8), l’INPS assume che la questione del requisito dell’inabilità al momento del decesso della congiunta del P., tempestivamente introdotta nei gradi di merito, non era stata correttamente definita dalla Corte di merito, trattandosi di stabilire non solo se il soggetto avesse una generica capacità lavorativa)ma se potesse utilizzare proficuamente la residua efficienza psico-fisica e, quindi, se conservasse una pur minima capacità di guadagno;
5. il ricorso è da accogliere;
6. costituisce principio consolidato di questa Corte che l’accertamento del requisito della inabilità (di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 8), richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di riversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, ossia avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del cento per cento della astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee nel quadro dell’art. 36 Cost. e tali da procurare una fonte di guadagno non simbolico (v., fra le altre, Cass. n. 26181 del 2016 che ha confermato la decisione di merito che aveva accolto la domanda di pensione di reversibilità, quale orfano maggiorenne inabile di entrambi i genitori, presentata da un invalido le cui residue capacità lavorative erano state riconosciute talmente esigue da consentire solo lo svolgimento di operazioni elementari, che dovevano comunque essere completate da un altro operatore e si risolvevano nello svolgimento di un’attività del tutto priva di produttività, oltre che in perdita economica, esercitata esclusivamente all’interno di strutture protette, con esclusione di qualsiasi apprezzabile fonte di guadagno; v., da ultimo, Cass. n. 682 del 2019 e i numerosi precedenti ivi richiamati);
7. va anche ribadito che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’inabilità al lavoro rappresenta un presupposto del diritto alla pensione di reversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo dell’azione diretta ad ottenerne il riconoscimento, con la conseguenza che la sussistenza di esso deve essere accertata anche d’ufficio dal giudice (v., fra le altre, Cass. n. 1367 del 1998 e successive conformi);
8. la Corte d’appello ha ricavato, in via inferenziale, una presunzione di inabilità dalla titolarità della pensione di inabilità senza espletare alcun accertamento sulle residue capacità lavorative e, dunque, senza compiere alcuna verifica, in concreto, sulla permanenza o meno di una residua capacità del soggetto maggiorenne, benchè titolare della pensione di inabilità, di svolgere un’attività tale da procurargli una fonte di guadagno che non fosse meramente simbolica e da farlo ritenere non totalmente inabile al lavoro;
9. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, perchè proceda a nuovo esame;
10. alla Corte del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019