Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.30943 del 27/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 06093/2013 R.G. proposto da LU.MA. s.r.l. (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Tosi Loris e Marini Giuseppe, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma via di Villa Sacchetti 9;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate (C.F. *****), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 46/16/2012 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, depositata il giorno 10 luglio 2012.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2019 dal Consigliere Fichera Giuseppe.

FATTI DI CAUSA

LU.MA. s.r.l. impugnò la cartella di pagamento, relativa al recupero delle maggiori imposte IRES ed IVA dovute per l’anno 2006, sulla base di un precedente controllo automatizzato, che aveva negato l’esistenza delle perdite pure riportate nelle dichiarazioni relative agli esercizi precedenti.

L’impugnazione venne integralmente respinta in primo grado; proposto appello dalla contribuente, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza depositata il 10 luglio 2012, lo accolse parzialmente, relativamente all’IVA, respingendo ogni doglianza concernente la maggiore IRES accertata.

Avverso la detta sentenza, LU.MA. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui ha risposto con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deduce LU.MA. s.r.l. vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poichè la commissione tributaria regionale ha omesso di pronunciare sulle circostanze di fatto dedotte dalla ricorrente, le quali dimostravo l’esistenza di perdite accumulate negli esercizi che andavano dal 2001 al 2004, non utilizzate nell’esercizio 2005.

2. Con il secondo motivo lamenta la nullità della sentenza impugnata, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, poichè ha accolto tutte le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate senza prendere in considerazione le controdeduzioni pure formulate dalla ricorrente.

3. Con il terzo motivo eccepisce la nullità della sentenza impugnata, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., avendo del tutto omesso di motivare in ordine alle ragioni che inducevano a ritenere non provati i fatti dedotti dalla ricorrente.

3.1. Tutti i motivi del ricorso sono parimenti inammissibili, per le ragioni di cui si dirà.

E’ noto che ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. 18/04/2017, n. 9752).

Nel caso che ci occupa, allora, la commissione tributaria regionale ha respinto l’appello della odierna ricorrente affermando, per un verso, che non era stata raggiunta la prova delle perdite accumulate dalla società negli esercizi compresi dal 2001 al 2004 e, per altro verso, che, in difetto della dichiarazione fiscale per l’anno 2005, era onere della contribuente “quantomeno inviare una comunicazione all’amministrazione finanziaria per manifestare l’intenzione di compensare la quota di reddito degli anni pregressi. La prova dell’invio di tale comunicazione non è stata fornita”.

Poichè siffatta chiara ed autonoma ragione della decisione non risulta oggetto di doglianza in alcuno tra i motivi sopra illustrati, gli stessi devono ritenersi tutti inammissibili per manifesta carenza di interesse.

4. Le spese seguono la soccombenza; sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti della ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

Respinge il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.300,00, oltre alle spese generali al 15% e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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