Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.30972 del 27/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33251/2018 proposto da:

O.D., elettivamente domiciliato in Bologna, via Marconi n. 43, presso lo studio dell’avvocato Mario Marcuz, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1062/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/10/2019 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- O.D., di origine nigeriana (Edo State), ha presentato ricorso avverso la decisione resa dal Tribunale di Bologna (data deposito: 15 ottobre 2016) che, in via di conferma della decisione della Commissione territoriale di Bologna – sezione distaccata di Forlì – Cesena, aveva escluso la sussistenza degli estremi per il riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato, protezione sussidiaria), come pure della protezione umanitaria.

2.- Con sentenza depositata il 18 aprile 2018, la Corte di Appello di Bologna ha respinto il ricorso così presentato.

Con tale pronuncia, la Corte territoriale ha rilevato che – al di là delle plurime e profonde contraddizioni presenti nel racconto compiuto dal richiedente – le ragioni indicate per l’espatrio non determinavano una situazione assimilabile alla persecuzione rilevante per legge vigente; che, con riguardo alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’ipotesi di una situazione di violenza generalizzata per il caso concreto trovava smentita dal fatto stesso che il ricorrente, non avendovi “fatto cenno alcuno”, mostrava di “non averla neppure percepita”; che la domanda di protezione umanitaria era “infondata per assoluta genericità”.

3.- Avverso questo provvedimento, O.D. ricorre adesso per cassazione.

Non si è costituito nel presente grado di giudizio l’intimato Ministero.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- In relazione ai motivi presentati, va rilevato, prima di ogni altra cosa, che il ricorrente, in avvio di atto, preannuncia la proposizione di cinque motivi di ricorso (“sintesi dei motivi di ricorso”). Tuttavia, il corpo del ricorso contiene lo svolgimento di solo quattro motivi. Peraltro, neppure risulta possibile isolare – dal contesto complessivo dell’atto – il nucleo del motivo preannunciato, ma poi non svolto: nei fatti, il ricorso segue una linea tendenzialmente trasversale di svolgimento, con contaminazione dell’uno e dell’altro aspetto.

5.- La prima doglianza svolta (nel quarto foglio del ricorso, che è privo di numerazione) assume (come “I motivo”) la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 4 – garanzie per i richiedenti asilo”.

Nella sostanza, il ricorrente si duole del fatto che l’interprete presente in sede di audizione avanti la Commissione territoriale “non parlava inglese nigeriano”; diversamente, avanti al giudice del primo grado era presente un interprete che tale specifico slang conosceva: solo in questo secondo caso, il ricorrente era in grado di comprendere le domande postegli.

Ha dunque errato il giudice a leggere le difficoltà di comprensione del ricorrente quale “sintomo di incoerenza e non plausibilità delle dichiarazioni rese”.

6.- La doglianza non merita accoglimento.

Di là della constatazione che il ricorrente non illustra le ragioni per cui invoca il vizio di nullità della pronuncia, nè quelle per cui richiama la normativa sull’assistenza dell’interprete (posto che nella prospettazione della doglianza, l’errore sarebbe casomai del giudice), sta in fatto che la Corte bolognese ha motivato il mancato riconoscimento della protezione internazionale (anche) per ragioni diverse da quelle data dalla non credibilità del racconto (cfr. sopra, nel n. 2).

7.- Nei fogli dal quinto al settimo, il ricorrente lamenta vizio di “omessa valutazione circa fatti decisivi ai fini della decisione” (sotto la rubrica “II motivo”).

Nei contenuti, il motivo assume che l’omesso fatto decisivo “afferisce… a dati materiali, ad episodi fenomenici rilevanti e alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente l’esito del giudizio”. Il prosieguo si limita, peraltro, a riportare punti del verbale di audizione avanti la Commissione in cui il ricorrente assume di avere frainteso le domande postegli.

Per concludere che “il giudice ha letto in modo disattento le dichiarazioni del sig. O. e ne deduce che si sia contraddetto quando in realtà non è pacificamente così”.

8.- La doglianza non può essere accolta.

Lungi dall’indicare un fatto materiale decisivo per l’esito del giudizio e non considerato dal giudice, la doglianza si limita a riproporre, sotto l’apparenza di altra sembianza, la doglianza svolta nei primi fogli del ricorso. Pure per questa vale, dunque, quanto rilevato sopra, nel numero 6.

9.- Nella parte finale del settimo foglio e nell’ottavo, il ricorrente lamenta “violazione art. 360 c.p.c., n. 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 – onere probatorio attenuato” (sotto la rubrica motivo III).

La doglianza ritorna nuovamente sul punto della credibilità del racconto del ricorrente. Anche per questa censura valgono, dunque, i rilievi svolti nel precedente n. 6.

10.- Nella prima parte del nono foglio, il ricorrente rileva che “le circostanze richiamate dal sig. O. sono assolutamente acclarate e riscontrate dalla stampa e dai rapporti delle più importanti organizzazioni che tutelano i diritti umani, le quali ripetutamente e ampiamente denunciano le gravi e ripetute violazioni all’interno della società nigeriana, nonchè l’inabilità da parte delle istituzioni di garantire sufficienti e adeguati livelli di tutela alla popolazione”.

11.- Di per sè, questa doglianza sembra richiedere un nuovo esame di fatto circa la situazione economico, politico e sociale della Nigeria: esame, per sua natura precluso al giudizio di questa Corte.

In ogni caso, si tratta di notazioni troppo generiche per potere essere in qualche modo apprezzate.

12.- Dalla seconda metà dell’ottavo foglio sino all’undicesimo, (sotto la rubrica “IV motivo”) il ricorrente – dopo avere richiamato il “fenomeno corruzione anche presso gli organi di polizia in Nigeria” passa a occuparsi del tema della protezione umanitaria.

L’analisi della quale si dipana, peraltro, lungo l’enunciazione di massime di giurisprudenza riferibili, in buona sostanza, alla clausola generale dei seri motivi umanitari. In questo contesto, l’unico riferimento alla specifica posizione del ricorrente è il seguente: “non vi è dubbio che nelle dichiarazioni rese dal sig. O. vi siano allegate circostanze specifiche alla stregua di un quadro di riferimento complessivo, sulla cui base la protezione umanitaria debba essere concessa”.

13.- La doglianza, che è leggibile nella frase appena riportata, non può essere accolta. La stessa infatti non indica una situazione di effettiva vulnerabilità, che risulti propriamente specifica alla persona del richiedente.

14.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.

Non ha luogo a provvedersi sulle spese del presente giudizio, in mancanza di costituzione dell’intimato Ministero.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 29 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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