LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4853-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANIA DI STEFANI;
– ricorrente –
contro
I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA RIZZELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA LORENZO;
– controricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.
(S.C.C.I.) S.p.A. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1447/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 31/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 02/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 31.7.2017, la Corte d’appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato prescritto il credito per contributi previdenziali fatto valere da Equitalia Nord s.p.a. nei confronti di I.A.; che avverso tale pronuncia l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura; che I.A. e l’INPS hanno resistito con distinti controricorsi;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 17-20 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, per avere la Corte di merito ritenuto che il credito portato dalla cartella opposta si prescrivesse in cinque anni;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla specifica eccezione motivata con riferimento al D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 17 – 20;
che i motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure rivolte all’impugnata sentenza;
che, al riguardo, si è ormai chiarito che il principio di diritto secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali, nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via, di talchè, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria (come prevede la L. n. 335 del 1995, art. 3, per i contributi e i premi dovuti agli istituti di previdenza e assistenza), il relativo termine continua a trovare applicazione anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, salvo che ci si trovi in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass. S.U. n. 23397 del 2016, cui hanno dato seguito, tra le tante, Cass. nn. 11800 e 31352 del 2018); che, non offrendo parte ricorrente argomenti idonei a rimeditare il suesposto principio di diritto, limitandosi a prospettare ragioni giuridiche già esaurientemente vagliate dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. in particolare p. 18.1, 19.3 e 19.6 della parte motiva), il ricorso va dichiarato inammissibile ex art. 360 – bis c.p.c., n. 1, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.200,00, di cui 4.000,00 per compensi, per ciascuna delle parti controricorrenti, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019