Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.31024 del 27/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5989/2018 proposto da:

P.F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36/A, presso lo studio dell’avvocato FERNANDO IANNIELLO, rappresentato e difeso dagli avvocati PIETRO CELLA e GIOVANNI SIOTTO PINTOR;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati FILIPPO MANGIAPANE, LUIGI CALIULO e MARIA PASSARELLI;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 237/2017 della CORTE DEI CONTI – PRIMA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 05/07/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/10/2019 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

RITENUTO

che:

1. – P.F.A., dirigente scolastico in quiescenza dal 1 settembre 2009, a seguito di riliquidazione in pejus della pensione da parte dell’Inps “per effetto di Provvedimenti Datoriali intervenuti a posteriori (nel corso del 2012), modificativi della retribuzione accessoria”, chiese, con ricorso alla Corte dei conti-sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna contro l’Inps e Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca (MIUR), la “declaratoria di nullità, invalidità ed inefficacia dei provvedimenti citati relativi al trattamento di quiescenza” e la “conferma della misura della pensione così come stabilita in data 28 marzo 2011”.

2. – L’adito Giudice unico delle pensioni, con sentenza n. 90/2015, dichiarò il proprio “difetto di giurisdizione sulle domande di declaratoria di nullità, invalidità ed inefficacia dei provvedimenti impugnati, proposti nei confronti del Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca, indicando il giudice ordinario come giudice provvisto della giurisdizione”; accolse il ricorso nei confronti dell’Inps e, per l’effetto, dichiarò “il diritto del ricorrente al ripristino della pensione” come originariamente liquidata in base alla nota del MIUR in data 30 marzo 2011.

3. – Avverso questa decisione proponeva appello l’Inps, che la Corte dei conti-sezione giurisdizionale centrale d’appello, con sentenza in data 5 luglio 2017, accoglieva, dichiarando il “difetto di giurisdizione della Corte dei conti, nella fattispecie in esame, involgente questioni relative al rapporto pensionistico sottostante al trattamento pensionistico, la cui giurisdizione appartiene al giudice ordinario” e, quindi, annullando “la sentenza impugnata per violazione dei principi in materia di riparto della giurisdizione nonchè per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 204”.

4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre P.F.A. sulla base di un unico motivo, attinente alla giurisdizione.

Resiste con controricorso l’Inps, mentre non ha svolto attività difensiva in questa il MIUR.

CONSIDERATO

che:

1. – Con l’unico mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, violazione falsa applicazione del R.D. n. 1214 del 1934, artt. 13 e 62, per aver la Corte dei conti erroneamente ritenuto che “la decisione sul quantum pensionistico fosse inscindibilmente correlata ad una decisione sullo stato giuridico economico del dipendente e quindi relativamente a materia sottratta” alla sua giurisdizione, là dove, invece, il primo giudice aveva correttamente escluso dalla sua cognizione “i provvedimenti dell’Ufficio scolastico regionale”, decidendo poi sulla illegittima determinazione della misura della pensione, siccome effettuata dagli enti previdenziali in base a propri provvedimenti, essendo il “petitum del giudizio” la conferma della misura della pensione a suo tempo liquidata.

2. – Non possono trovare accoglimento le preliminari eccezioni di rito sollevate dall’Inps.

2.1. – Il ricorso, infatti, non si palesa strutturato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, giacchè dal suo complesso è dato evincere, in modo sufficientemente intelligibile, l’articolazione della censura sulla questione di giurisdizione in rapporto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, essendo, peraltro, fornita idonea sintesi degli atti su cui l’impugnazione si fonda e adeguata localizzazione processuale di essi.

2.2. – Nè può ritenersi carente l’interesse all’impugnazione per la supposta esistenza di un giudicato sul capo di pronuncia, non fatto oggetto di censure, relativo alla accertata violazione del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 204, prospettata dall’Inps con il secondo motivo di gravame.

Il giudice di appello, infatti, con l’accoglimento del motivo sulla giurisdizione, e con la relativa coerente declaratoria di difetto di giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario, si è spogliato della propria potestas iudicandi con una pronuncia in rito completamente definitiva della causa dinanzi a sè, sicchè la motivazione sull’ulteriore accoglimento del motivo di “merito” (peraltro, espressamente ritenuto comunque assorbito da quello sulla giurisdizione) è resa soltanto ad abundantiam e l’ulteriore statuizione di annullamento della sentenza (rispetto a quella, principale, inerente al difetto di giurisdizione) “per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 204” si appalesa meramente apparente e, come tale, insuscettibile di passare in cosa giudicata (in siffatta prospettiva cfr., tra le altre, Cass. n. 19754/2011 e Cass. n. 3229/2012).

3. – Il motivo di ricorso è infondato.

3.1. – La giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia di pensioni dei pubblici dipendenti, del R.D. n. 1214 del 1934, ex artt. 13 e 62, ricomprende tutte le controversie nelle quali il rapporto pensionistico costituisca elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, anche quelle funzionali alla pensione perchè connesse al relativo diritto (tra le altre, Cass., S.U., 18 ottobre 2018, n. 26252).

In particolare, la Corte dei conti, in sede di giurisdizione esclusiva sui provvedimenti inerenti al diritto, alla misura ed alla decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti (nonchè degli altri assegni che ne costituiscono parte integrante), ha il potere-dovere di delibare gli atti e i provvedimenti intervenuti nel pregresso rapporto d’impiego, inerenti allo status del dipendente e al suo trattamento economico, al solo fine di stabilirne la rilevanza sul trattamento di quiescenza, senza con ciò invadere la giurisdizione del giudice competente a conoscere della misura del trattamento economico spettante in sinallagma con il rapporto di lavoro (Cass., 8 aprile 2010, n. 8317).

Il superamento dei limiti esterni di tale giurisdizione è, infatti, apprezzabile solo allorquando il giudice delle pensioni decida – con pronunce di carattere caducatorio od annullatorio o anche in via incidentale – sulla legittimità di detti atti e provvedimenti, trattandosi di questione pregiudiziale che è devoluta alla giurisdizione del giudice del rapporto d’impiego, ove gli atti medesimi siano ancora impugnabili, e che resta preclusa, quando essi siano divenuti definitivi in conseguenza di mancata impugnazione o di giudicato (Cass., S.U., 7 agosto 2009, n. 18076, Cass., S.U., 3 novembre 2011, 22730).

Nella specie, la Corte dei conti-sezione giurisdizionale d’appello ha evidenziato che la domanda del P. poneva in discussione, chiedendone peraltro la nullità, l’invalidità e l’inefficacia, i provvedimenti del MIUR, datore di lavoro, che costituivano i “presupposti per la liquidazione della pensione definitiva” e soltanto “con il riconoscimento della sussistenza del vizio di detti presupposti – attività preclusa al giudice delle pensioni – poteva pervenirsi alla declaratoria di immodificabilità del (precedente) decreto di pensione”.

Ne consegue che correttamente il giudice delle pensioni è pervenuto alla declaratoria di difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario, giacchè, come del resto evidenziato dallo stesso ricorrente, la riliquidazione in pejus del trattamento pensionistico era diretta conseguenza di provvedimenti datoriali modificativi della retribuzione accessoria e soltanto tramite l’affermazione, anche incidenter tantum, della illegittimità di detti atti – spettante unicamente alla cognizione del giudice del rapporto di lavoro – poteva pervenirsi al ripristino della misura originaria del trattamento pensionistico.

4. – Il ricorso deve, dunque, essere rigettato, con conseguente declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario, al quale rimette le parti anche la regolamentazione delle spese processuali sostenute in questa sede.

PQM

rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti anche per la regolamentazione delle spese processuali sostenute in questa sede.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 14 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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