Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31123 del 28/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12335-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona dei Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S. SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6632/2014 della COMM. TRIB. REG. del Lazio, SEZ. DIST. di LATINA, depositata il 06/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata è stata confermata la pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Latina con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla S. s.r.l. avverso il silenzio-rifiuto tenuto dall’Amministrazione fiscale in relazione all’istanza di sgravio dell’iscrizione a ruolo di sanzioni conseguenti a cinque avvisi di accertamento in materia di IVA per gli anni dal 1999 al 2003;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico motivo;

la S. s.r.l. è rimasta intimata.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo l’Agenzia delle Entrate – denunciando violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21, dell’art. 324 c.p.c., e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – si duole che il giudice di appello, da un lato, abbia ritenuto ammissibile il ricorso pur in difetto di un’impugnativa avverso l’atto di contestazione delle sanzioni e la successiva cartella di pagamento, e, dall’altro, abbia emesso la decisione sulla base delle sentenze di annullamento degli avvisi di accertamento, tuttavia non ancora definitive.

Ritenuto che:

il motivo va accolto, poichè, essendo state cassate (con sentenze nn. 26436, 26437, 26438, 26439, 26440/2017) le pronunzie con cui erano stati annullati gli avvisi di accertamento, resta ferma l’applicabilità del principio (su cui v., tra le altre, Cass. n. 24032/2019) secondo cui “Nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente”; e, nel caso, non risultano in alcun modo evidenziate le predette ragioni di interesse generale, tenuto conto, per di più, dell’omessa impugnazione sia dell’atto di contestazione sia della cartella.

La sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con statuizione di inammissibilità del ricorso introduttivo della contribuente; le spese dei gradi di merito vanno compensate, in ragione dell’iniziale esito delle controversie concernenti gli avvisi di accertamento, mentre quelle della presente fase, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico della contribuente medesima.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo della contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna la contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3000,00 a titolo di compensi oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2019

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