LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15618/2016 proposto da:
M.L., R.M., R.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE, 15, presso lo studio dell’avvocato GIULIA PIACENTINI, rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO MATRONE;
– ricorrenti –
contro
AXA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore legale rappresentante pro tempore Dott. Ra.Ma., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA, 6, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO OTTAVI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIOVANNI CALABRESE, LUIGI OTTAVI;
– controricorrente –
e contro
B.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4976/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/09/2019 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’improcedibilità in subordine il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato FABIO MATRONE.
FATTI DI CAUSA
In relazione ad incidente stradale mortale, il Tribunale di Como ritenne B.M. responsabile al 50%, condannandola, in solido con la Compagnia Assicuratrice Axa SpA, al risarcimento (tra l’altro) anche del danno non patrimoniale richiesto iure successionis da M.L., R.M. e P., eredi del defunto R.L.; danno liquidato in Euro 558.556.
La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della statuizione del Tribunale, ha rideterminato il predetto danno non patrimoniale iure successionis in Euro 140.000,00; in particolare la Corte ha ritenuto erronea la liquidazione operata dal Tribunale, in quanto il detto danno era stato parametrato alla durata media della vita, come se R.L. fosse sopravvissuto (e quindi come se fosse incerto il periodo di vita ancora da vivere); le sofferenze biologiche e morali terminali dovevano invece essere parametrate ai 311 gg. di vita, durante i quali R.L. era rimasto in stato di coma vegetativo persistente; la Corte, quindi, dopo avere premesso di non potere applicare i più recenti orientamenti in tema di danno catastrofale (i quali non potevano essere richiamati “in assenza di appello incidentale da parte dei genitori e del fratello superstiti”), ha proceduto a liquidare equitativamente in complessivi Euro 280.000,00 (da ridurre del 50% per l’accertato grado di colpa) il danno non patrimoniale subito dal defunto R.L.; liquidazione equitativa basata sulla specifica situazione concreta, desumibile dalla documentazione clinica in atti; in particolare, tenendo presente sia il riscontro, da parte dei medici, di “momentanei istanti di dolore, determinati da movimenti indotti, oltre ad una risposta allo stimolo verbale reiterato”, sia i numerosi ricoveri ed interventi invasivi sia la malattia acuta prima della morte.
Avverso detta sentenza gli eredi hanno proposto ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo.
Ha resistito con controricorso Axa Assicurazioni SpA.
B.M. non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Con ordinanza 12214/2018 questa Corte, in esito alla pubblica udienza del 241-2018, ha rinviato a nuovo ruolo in attesa di decisione delle sezioni unite sulla questione della procedibilità del ricorso privo dell’attestazione autografa di conformità alla copia trasmessa via pec; quindi, intervenuta detta decisione, è stata nuovamente fissata la pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo i ricorrenti, denunciando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 343,345 e 346 c.p.c., si dolgono che la Corte abbia escluso, per mancanza di appello incidentale sul punto, l’applicazione, nel caso di specie, dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di danno catastrofale; al riguardo rilevano: 1) che il giudice aveva liquidato il danno non patrimoniale iure successionis nella stessa misura da essi ricorrenti invocata (Euro 558.556,00), sicchè, dovendo solo correggere la motivazione, nessun onere di impugnazione poteva essere loro ascritto; 2) che l’invocazione dei più recenti criteri in tema di danno catastrofale (quelli di cui a Cass. 1361/2014) non concretizzava una nuova domanda ma una mera argomentazione difensiva a sostegno della domanda posta, sicchè la Corte aveva confuso la “domanda” con il “metodo di quantificazione”.
Il ricorso è improcedibile.
Come precisato da questa S.C. a sezioni unite “il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per Cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli del D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in Camera di consiglio” (Cass. S.U. 22438/2018).
Nel caso di specie, nel quale B.M. (destinataria del controricorso unitamente all’Axa), è rimasta solo intimata, non risulta agli atti siffatta asseverazione, sicchè, in applicazione del riportato principio di questa S.C. a sezioni unite, il ricorso va dichiarato improcedibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato improcedibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019