LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14322-2018 proposto da:
D.F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERTO BREGLIA 54, presso lo studio dell’avvocato VALERIO COLAPAOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO RONCA;
– ricorrente –
contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore ad negotia, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MELOZZO DA FORLI’, 9, presso lo studio dell’avvocato MARIA CLEMENTINA RUGGIERI, rappresentata e difesa dall’avvocato ELIODORO D’ORAZIO;
– controricorrente –
e contro
COMUNE BUCCHIANICO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 375/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 28/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2019 dal Consigliere Dott. DI FLORIO Antonella.
RITENUTO
che:
1. D.F.A. ricorre, affidandosi ad un unico motivo illustrato da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila con la quale era stata confermata la pronuncia del Tribunale di Chieti che, per ciò che interessa in questa sede, aveva escluso l’operatività della polizza assicurativa da lui stipulata per la copertura della responsabilità professionale, in relazione alla clausola penale che era stata applicata per il ritardo nella consegna dei lavori che gli erano stati commissionati dall’ente locale.
2. Ha resistito la parte intimata con controricorso e memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Con unico motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “la violazione e falsa applicazione degli artt. 1382 e 1367 c.c. per insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia, in particolare sull’applicazione della polizza assicurativa”.
1.1. Lamenta che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che le somme dovute a titolo di clausola penale non fossero ricomprese nella garanzia pattuita nonostante che la fattispecie configurasse una predeterminazione dell’ammontare del risarcimento e, pertanto, un’ipotesi di danno in re ipsa: ragione per cui, non essendo contestati i presupposti per la sua applicazione, non era plausibile l’esclusione delle somme dovute a tale titolo dalla copertura assicurativa.
2. Il motivo è inammissibile per tre ragioni:
a. totale mancanza di autosufficienza in quanto non è stata affatto trascritta, nel corpo del ricorso, la clausola penale controversa, nè è stata indicata la sede processuale in cui può essere rinvenuta al fine di consentire a questa Corte di apprezzare l’errore in cui sarebbero incorsi i giudici di merito: in primis, risulta pertanto violato l’art. 366 c.p.c., n. 4.
b. il vizio, per la parte ricondotta all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 viene declinato come “insufficiente e contraddittoria motivazione”, formulazione non più esistente a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, ratione temporis applicabile al caso in esame, avuto riguardo alla data di pubblicazione della sentenza impugnata (28.2.2018): è principio ormai consolidato quello secondo il quale la nuova formulazione della norma – che prevede “l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti” – come modificata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, “introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr. Cass. 14802/2017; Cass. 26305/2018; Cass. 22397/2018).
c. la critica complessiva investe l’interpretazione del contratto di assicurazione che riguarda attività insindacabile del giudice di merito, ove sia sostenuta come nel caso in esame – da un percorso argomentativo congruo, logico ed al di sopra della sufficienza costituzionale (cfr. pag. 13 e 14 della sentenza impugnata).
3. Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
PQM
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile, il 27 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019