LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3902/2018 proposto da:
CURATELA FALLIMENTO ***** SPA, IN LIQUIDAZIONE in persona della Dott.ssa TE.RO., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO CECCHELLA;
– ricorrente –
contro
TIEMME IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO, 12/D, presso lo studio dell’avvocato ITALO CASTALDI, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELANGELO SALVADORINI;
BANCO BPM SPA, in persona del Presidente del Consiglio Amministrazione Avv. F.P.C. e per esso il suo procuratore speciale Rag. F.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCRINO, 5, presso lo studio dell’avvocato LUCIO TAMBURRO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANNI BALDINI;
– controricorrenti –
e contro
***** SPA IN LIQUIDAZIONE, T.C.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2386/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 30/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/09/2019 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.
FATTI DI CAUSA
In data 23-6-2004 la ***** SpA, in liquidazione, vendette alla Tiemme Immobiliare srl l’unico suo immobile (già gravato da tre iscrizioni ipotecarie) al prezzo di Euro 2.940.000,00; contestualmente la Tiemme Immobiliare srl concesse ipoteca volontaria sul detto immobile in favore della Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa e Livorno, per un mutuo con la stessa stipulato in pari data; con sentenza 27-9-2007 la ***** SpA fu dichiarata fallita.
Con citazione 19-6-09 la Curatela del fallimento della ***** SpA convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Pisa la ***** SpA, la Tiemme Immobiliare srl e la Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa e Livorno (poi divenuta Banco Popolare s.c.a. e poi Banco BPM SpA) per sentire, ai sensi dell’art. 2901 c.c. e L. Fall., art. 66, dichiarare inefficace, nei confronti della ***** e della Tiemme Immobiliare, il menzionato atto di compravendita, e, nei confronti della Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa e Livorno nonchè della Tiemme, l’atto di ipoteca volontaria e, in subordine, l’atto di mutuo.
Il Banco BPM SpA chiamò in garanzia T.C., fideiussore di Tiemme in relazione al mutuo.
La Tiemme propose riconvenzionale per danni, sostenendo che la trascrizione della domanda giudiziale le aveva impedito la vendita dell’immobile.
Con sentenza 499/2015 l’adito Tribunale accolse la domanda attorea e quella di garanzia della Banca nei confronti del T., quale fideiussore del mutuo; rigettò la domanda di garanzia della Banca nei confronti del T. diretta a tenerla indenne dalle conseguenze della domanda della Curatela, nonchè la domanda riconvenzionale; in particolare, il Tribunale, per quanto rileva, ritenne sussistenti i presupposti per la proposta azione revocatoria; nello specifico evidenziò che la Curatela non aveva fatto alcun riferimento ad una “dolosa preordinazione” del terzo, necessaria in caso di crediti successivi all’atto di disposizione, sicchè doveva ritenersi che la stessa avesse agito sul presupposto dell’esistenza di crediti (insinuati al passivo anteriori) all’atto dispositivo del 236-2004.
Con sentenza 2386/2017 la Corte d’Appello di Firenze, decidendo sui riuniti gravami proposti dal Banco e dalla Tiemme Immobiliare, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato la nullità della domanda proposta ex art. 2901 c.c., comma 1, dalla Curatela contro ***** SpA, Banco BPM SpA e Tiemme Immobiliare srl, ed ha confermato il rigetto della riconvenzionale; in particolare la Corte, sempre per quanto rileva, ha dichiarato la nullità della domanda attorea per vizio (non sanato nei termini) della editio actionis; a parere della Corte, infatti, la Curatela, nel termine per la fissazione dei thema decidendum, non aveva esplicitato un presupposto primario della domanda ex art. 2901 c.c., e cioè la sussistenza dell’anteriorità del credito rispetto all’atto di disposizione da revocare; sul punto erroneamente il Tribunale aveva ritenuto dedotta siffatta anteriorità del credito solo perchè nella domanda non era stato fatto alcun riferimento alla “dolosa preordinazione”; detta nullità non poteva essere sanata in appello, in virtù anche del principio del divieto di nuove domande in appello, atteso che la domanda revocatoria proposta in forza di credito preesistente era da ritenersi diversa rispetto a quella proposta in forza di credito successivo.
Avverso detta sentenza la Curatela del Fallimento della ***** SpA in liquidazione propone ricorso per Cassazione, affidato a cinque motivi ed illustrato anche da successiva memoria.
La Tiemme ed il Banco resistono con separati controricorsi, anch’essi illustrati da successive memorie.
***** SpA in liquidazione e T.C. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – che la Corte territoriale, in relazione al gravame proposto dal Banco, abbia accolto un motivo (concernente la mancata allegazione e prova della preesistenza rispetto all’atto di disposizione – di crediti insinuati al passivo) mai sollevato dall’appellante Istituto di credito, ed abbia in tal modo violato l’art. 329 c.p.c., comma 2, artt. 99 e 342 c.p.c..
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – che la Corte territoriale, in violazione dell’art. 132 c.p.c., dopo avere evidenziato l’inammissibilità ex art. 342 c.p.c., di tutti i motivi di gravame della Tiemme ad eccezione di uno, non abbia poi in alcun modo precisato quale fosse detto motivo ammissibile.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – che la Corte territoriale, in violazione dell’art. 342 c.p.c., abbia estrapolato la menzionata doglianza della Tiemme attraverso una sintesi di passaggi contenuti in diversi motivi, ricostruendo ex ufficio un motivo chiaro e specifico.
Con il quarto motivo la ricorrente lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – che la Corte territoriale, in violazione dell’art. 164 c.p.c., abbia ritenuto nulla la citazione per carente allegazione del requisito della preesistenza (rispetto all’atto di disposizione) dei crediti insinuati al passivo, quando invece la domanda era completa di ogni allegazione, atteso che, in virtù della precisazione della sussistenza dell’elemento soggettivo della conoscenza del pregiudizio, doveva ritenersi implicitamente dedotta l’esistenza di crediti insinuati anteriori all’atto; al riguardo evidenzia che le parti convenute nelle comparse di costituzione non avevano mai lamentato un’incertezza sul punto, e si erano invece misurate solo con gli elementi addotti dalla Curatela ai fini della prova della conoscenza del pregiudizio (e non quindi della preordinazione dolosa); la contestazione in ordine all’anteriorità dei crediti era stata sollevata invece solo con la seconda memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, a fronte della quale la Curatela, con la terza memoria, aveva comunque prodotto quanto necessario per dimostrare l’esistenza di crediti anteriori insinuati.
Con il quinto motivo la ricorrente lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – che la Corte territoriale, in violazione dell’art. 164 c.p.c., comma 5 e art. 162 c.p.c., abbia ritenuto possibile sanare la nullità della citazione (con rinnovazione della stessa) solo fino al momento della produzione della prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6.
I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati.
La questione centrale sollevata con i motivi concerne l’erroneità della sentenza impugnata nel punto in cui ha dichiarato – ex art. 163 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 164 c.p.c. – la nullità dell’atto di citazione di primo grado per mancata esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda; in particolare per mancata esplicitazione di un fatto “primario” della proposta domanda revocatoria, e cioè per mancata esplicitazione della sussistenza o meno dell’anteriorità del credito rispetto all’atto revocando.
La doglianza è fondata.
Questa Corte, invero, in esito all’esame degli atti processuali, consentito in base alla natura di “error in procedendo” della denunziata violazione, ritiene l’atto di citazione in primo grado completo di tutti i suoi elementi; in particolare non si riscontra alcuna carenza nella “editio actionis”, posto che anche l’anteriorità dei crediti, di cui invece dubita la Corte territoriale, risulta chiaramente, sia pur implicitamente, prospettata da parte della Curatela in citazione; nel detto atto, infatti, la Curatela, ha dapprima (pag. 3) enunciato i presupposti dell’azione revocatoria, e cioè i fatti costitutivi da allegare e provare a cura dell’attore, espressamente individuandoli, nella specie (atto a titolo oneroso): a) nell’esistenza di un credito; b) nel pregiudizio che l’atto arreca alla garanzia patrimoniale ed alle ragioni dei creditori; c) nella conoscenza di siffatto pregiudizio in capo al debitore fallito e nella consapevolezza del pregiudizio medesimo in capo all’acquirente; ha quindi dedotto la sussistenza, nel caso concreto, di siffatti presupposti, illustrando in particolare (pagg. 3, 4, 5, 6 e 7) le ragioni per le quali era da ritenersi verificato il presupposto di cui alla lett. c), e cioè (come detto) la conoscenza (in capo al debitore fallito) del pregiudizio arrecato dall’atto alle ragioni dei creditori e la consapevolezza (in capo all’acquirente) del pregiudizio medesimo.
Siffatta compiuta illustrazione in ordine alla sussistenza di detto ultimo presupposto, che presuppone l’anteriorità del credito rispetto all’atto di disposizione, senza alcun cenno invece ad una dolosa preordinazione del terzo, che presuppone al contrario l’anteriorità dell’atto rispetto al credito, non può che far ritenere che nella citazione sia chiaramente dedotta, sia pur implicitamente, siffatta anteriorità dei crediti rispetto all’atto di disposizione.
Erroneamente, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto nulla la citazione per mancata allegazione di un fatto “primario”, e cioè per mancata deduzione dell’anteriorità dei crediti rispetto all’atto di disposizione; irrilevante è, invece, a tal fine (e cioè per affermare la nullità dell’atto di citazione), la valutazione in ordine all’effettiva anteriorità dei crediti, che è diversa questione, attinente al merito.
L’erroneità, sul punto, della impugnata sentenza, assorbe gli altri rilievi esposti in ricorso.
In conclusione, quindi, va accolto il ricorso e cassata l’impugnata sentenza, con rinvio per nuovo esame alla corte d’Appello di Firenze, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Firenze, diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019
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