Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32073 del 09/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16355/2018 proposto da:

C.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato MICHELE MARRA, in virtù di delega in atti.

– ricorrente –

contro

SOGDIM S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato ISIDORO DI MEGLIO giusta delega in atti.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 782/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/03/2017 R.G.N. 1340/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 7827 del 2017, pubblicata l’11.12.2017, ha rigettato il gravame proposto da C.A., nei confronti della SOGDIM srl, avverso la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa città n. 2375 del 2017, con cui era stata rigettata la domanda formulata dal lavoratore diretta all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento adottato nel marzo del 2011, per carenza di giusta causa e di legittimazione attiva del soggetto intimante, con richiesta di ogni tutela di carattere reintegratoria e risarcitoria, oltre al risarcimento dei danni patiti.

2. I giudici di seconde cure, a fondamento della propria decisione, hanno rilevato che l’originario ricorrente, che aveva presentato ricorso ex art. 700 c.p.c., nel giugno del 2011 avverso il licenziamento, respinto dal giudice del lavoro di Napoli, aveva poi proposto ricorso ordinario solo in data 2.2.2014, così incorrendo nella decadenza prevista dalla L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2, nel testo modificato dalla L. n. 92 del 2012 (art. 1, comma 38). Hanno precisato che, ai fini della conservazione dell’efficacia dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento, era necessario proporre ricorso secondo il rito di cui alla predetta L. n. 92 del 2012 e che il deposito del ricorso ex art. 700 c.p.c., non aveva inciso sul sopra citato termine di decadenza.

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione C.A., ammesso al patrocinio a spese dello Stato – in via anticipata e provvisoria – dal Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Napoli in virtù di Delib. 5 giugno 2018, affidato ad un unico articolato motivo, illustrato con memoria, cui ha resistito con controricorso la SOGDIM srl.

4. Il PG non ha formulato richieste scritte.

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6; la violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 e la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, per avere erroneamente la Corte territoriale fondato la propria decisione sull’avvenuta decadenza della L. n. 604 del 1966, ex art. 6, come modificata dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 38, la quale, però, era entrata in vigore successivamente alla fattispecie in esame che aveva riguardo ad un licenziamento intimato in data 10.3.2011. Il C. reitera, poi, tutte le doglianze, procedurali e di merito, non esaminate dalla Corte di appello di Napoli sulla legittimità del recesso.

2. Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del presente ricorso, sollevata dalla società, poichè asseritamente notificato oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c.. Si sostiene, infatti, che l’unico procedimento notificatorio da ritenersi perfezionato era quello attivato dal Difensore del C. in data 12.6.2018 (e ricevuto il 14.6.2018) perchè quello precedente, iniziato con la richiesta di notifica in data 30.5.2018, non poteva considerarsi valido in quanto il piego raccomandato non era stato mai consegnato, per temporanea assenza del destinatario, nè si era perfezionata per compiuta giacenza la notifica non essendo stato rispettato l’intero iter formale a tal fine richiesto.

3. Invero, nel caso in esame, dalla stessa giurisprudenza (Cass. n. 6678 del 2018; Cass. n. 10998 del 2011) richiamata dalla società si evince che si verte in una ipotesi di nullità della notificazione e non di inesistenza, perchè l’attività intrapresa nel maggio del 2018 non era priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione (Cass. Sez. Un. 20.7.2016 n. 14916).

4. Orbene, va ricordato l’orientamento di legittimità (Cass. Sez. Un. 15.7.2016 n. 14594; Cass. 31.7.2017 n. 19059; Cass. 9.8.2018 n. 20700) in virtù del quale, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.

5. Nella fattispecie il ricorrente, a fronte del primo procedimento notificatorio attivato il 30.5.2018, ha proceduto a nuova notifica il 12.14/6/2018, per cui ha rispettato i termini come limitati dalla sopra indicata pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte.

6. Venendo al merito, ritiene il Collegio che il ricorso deve essere rigettato sia pure con le precisazioni motivazionali che seguono.

7. In punto di fatto occorre ribadire alcune circostanze utili ai fini del decidere: il licenziamento di cui è causa è stato intimato il 10.3.2011; il ricorso ex art. 700 c.p.c., è stato notificato il 21.6.2011; il ricorso ordinario è stato presentato il 2.2.2014.

8. La L. n. 604 del 1966, art. 6, come modificato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 1, statuisce che: “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione anche essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesto siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo”.

9. La L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1 bis, aggiunto dal D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 54, convertito con modificazioni nella L. 26 febbraio 2011, n. 10, prevede che: “In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6, comma 1, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di 60 giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31.12.2011”.

10. Queste sono le norme di riferimento da prendere in considerazione in quanto effettivamente le disposizioni di cui alla L. n. 92 del 2012, non si applicano essendo stato il licenziamento intimato prima del 18.7.2012, data di entrata in vigore della legge (Cass. 7.5.2013 n. 10550).

11. Ciò premesso, è stato affermato che l’art. 32, comma 1 bis citato riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6 e, dunque, non solo l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale ad ipotesi in precedenza non contemplate, ma anche l’inefficacia di tale impugnativa, prevista del medesimo art. 6, comma 2, anche per le ipotesi già in precedenza soggette al relativo onere, per l’omesso deposito, neo termine di decadenza stabilito, del ricorso giudiziario o della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato (Cass. n. 9203 del 2014; Cass. n. 15434 del 2014).

12. E’ stato anche precisato che il ricorso ex art. 700 c.p.c. non è idoneo ai fini della conservazione dell’efficacia dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento L. n. 6704 del 1966, ex art. 6, comma 2, come modificato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1 (Cass. 15.11.2018 n. 29429) e che tale ultima disposizione ha efficacia retroattiva e contempla il termine per l’impugnativa giudiziale, facendolo decorrere dal 31.12.2011 (Cass. 29.11.2016 n. 24258).

13. La conseguenza che si ricava, alla stregua di quanto esposto, è quella secondo cui, proposta l’impugnativa extragiudiziale, nel caso in esame nel giugno 2011 (a tal proposito si deve considerare il ricorso ex art. 700 c.p.c., in assenza di indicazioni in ordine alla sussistenza di altri atti), in relazione ad un licenziamento adottato il 10.3.2011, quando era già in vigore la Legge di Conversione del decreto “milleproroghe” (dal 27.2.2011), la decadenza di gg. 270 per la proposizione del ricorso giudiziario va computata a partire dal 31.11.2011.

14. Nella fattispecie, invece, il ricorso ordinario innanzi al Tribunale di Napoli è stato presentato il 2.2.2014 e, pertanto, ben al di là del suddetto termine, di talchè il ricorrente è effettivamente decaduto dall’impugnazione giudiziale del recesso.

15. Ogni altra questione di merito resta assorbita.

16. Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente, sebbene ammesso al gratuito patrocinio.

17. Invero, l’ammissione comporta che lo Stato sia tenuto a corrispondere solo le spese necessarie alla difesa della parte non abbiente (cfr. Cass. 19.6.2012 n. 10053; Cass. 31.3.2017 n. 8388) ma non si estende anche al pagamento delle spese dell’altra parte vittoriosa.

18. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, si provvede sempre come da dispositivo, sussistendo i presupposti processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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