Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.32125 del 10/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16112-2017 proposto da:

ASSICURATRICE MILANESE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore Avv. M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO, 212, presso lo studio dell’avvocato TIZIANO MARIANI, rappresentata e difesa dall’avvocato MORGANA DE CASTRO;

– ricorrente-

contro

BERKSHIRE HATHAWAY INTERNATIONAL INSURANCE LIMITED, in persona del legale rappresentante pro tempore MA.AN., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI, 15, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA PESCATORI, che la rappresenta e difende;

ME.MA.IS., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA LUNGARINA 65, presso lo studio dell’avvocato MARINA VALENTINETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GENNARO CONTARDI;

– controricorrenti –

e contro

EUROSANITA’ SPA, G.G.B., UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, GENERALI ITALIA SPA *****;

– intimati –

nonchè da:

G.G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO DI NATALE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

ME.MA.IS., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA LUNGARINA 65, presso lo studio dell’avvocato MARINA VALENTINETTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GENNARO CONTARDI;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

GENERALI ITALIA SPA *****, UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, BERKSHIRE HATHAWAY INTERNATIONAL INSURANCE LIMITED, EUROSANITA’ SPA, ASSICURATRICE MILANESE SPA;

– intimati –

nonchè da:

ME.MA.IS., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA LUNGARINA 65, presso lo studio dell’avvocato MARINA VALENTINETTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GENNARO CONTARDI;

– ricorrente successivo –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore Dott. P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GELLI, che la rappresenta e difende;

– controricorso –

avverso la sentenza n. 2549/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/07/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del motivo 3 del ricorso principale Assicuratrice Milanese, rigetto nel resto;

udito l’Avvocato ADRIANO SCREPONI per delega orale;

udito l’Avvocato PILADE PERROTTI per delega;

udito l’Avvocato FRANCESCA PESCATORI;

udito l’Avvocato MARINA VALENTINETTI e GENNARO CONTARDI;

udito l’Avvocato ALBERTO DI NATALE.

FATTI DI CAUSA

Me.Ma.Is. conveniva in giudizio la Eurosanità s.p.a., quale proprietaria di una casa di cura in Roma, e il dottor G.G.B., esponendo che era stata sottoposta, nel 2011, a un inutile intervento di biopsia per neoplasia della mammella consistito in un’ampia resezione di tessuto mammario, mentre poi era risultata una mera mastopatia fibrocistica, con la conseguenza di un’importante cicatrice residuata in uno a un deficit tessutale e a una lateralizzazione del capezzolo. Chiedeva, pertanto, il ristoro dei danni anche non patrimoniali.

Si costituiva Eurosanità s.p.a. controdeducendo che si era limitata a mettere a disposizione la struttura senza assumere altre obbligazioni del cui inadempimento non poteva quindi rispondere, e che, nel merito, l’intervento si era reso necessario anche in considerazione della storia clinica della paziente caratterizzata da una recidiva neoplastica al seno sinistro, e in quanto l’analisi effettuata con ago aspirato non aveva dato esiti sufficienti.

Si costituiva in giudizio G.G.B. controdeducendo di aver eseguito un ampio esame bioptico per disporre di margini tessutali di sicurezza, stante la storia medica della Me..

Il tribunale, davanti al quale si costituivano anche le assicurazioni Berkshire Hathaway International Insurance ltd e Assicurazioni Generali s.p.a., chiamate in manleva da G., e Assicurazione Milanese s.p.a. e Unipol Assicurazioni s.p.a., chiamate dalla società Eurosanità, accoglieva la domanda rilevando un inadempimento consistente nella colposa resezione in eccesso di tessuti, e, per quanto qui ancora rileva, liquidando il corrispondente danno alla persona secondo le previsioni di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 139.

La corte di appello respingeva il gravame di G. confermando la sua ritenuta responsabilità, ma riformava la decisione di prime cure applicando, per la liquidazione del danno, di conseguenza incrementata, il sistema delle c.d. tabelle milanesi; escludendo nei rapporti interni tra Eurosanità e G. la corresponsabilità della prima; e liquidando all’attualità le spese mediche future accertate come prevedibili e necessarie.

Avverso questa decisione ricorre per cassazione Assicurazione Milanese s.p.a. formulando tre motivi e depositando memoria, e Me.Ma.Is. articolando due motivi e depositando memoria.

G.G.B. ha aderito al ricorso della Assicurazione Milanese e ha proposto un motivo di ricorso incidentale condizionato illustrato da memoria.

Resistono con controricorso Me.Ma.Is. ed Eurosanità s.p.a..

Con ordinanza interlocutoria 22 novembre 2018 n. 30318, veniva disposta l’integrazione del contraddittorio necessario nei confronti di Berkshire Hathaway International Insurance ltd, Assicurazioni Generali s.p.a., chiamate in manleva da G.G.B., nonchè Unipol Assicurazioni s.p.a., chiamata in manleva da Eurosanità s.p.a.

L’integrazione del contraddittorio veniva effettuata.

All’esito, hanno depositato controricorso Berkshire Hathaway International Insurance ltd e Assicurazioni Generali s.p.a., quest’ultima depositando memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo Assicurazione Milanese s.p.a. prospetta la violazione e falsa applicazione del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, art. 3, comma 3, quale convertito dalla L. 8 novembre 2012, n. 189, L. 8 marzo 2017, n. 24, art. 7,artt. 1223,1226,2043 e 2056 c.c., poichè la corte di appello avrebbe errato nel liquidare il danno alla persona secondo le c.d. tabelle milanesi invece che secondo la richiamata normativa speciale, in quanto norma statale precipuamente diretta ad assicurare l’idonea uniformità di trattamento.

Con il secondo motivo Assicurazione Milanese s.p.a. prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043 e 2056 c.c., poichè la corte di appello avrebbe errato nell’incrementare l’importo liquidato per danno biologico fino al massimo previsto dal sistema tabellare milanese per il danno morale e relazionale, senza che la parte interessata avesse offerto le specifiche e necessarie allegazioni nonchè prove, e anzi contraddicendosi per aver prima affermato che non era logicamente pensabile che la vittima avesse incidenze simili avendo già subito due precedenti interventi chirurgici per neoplasie al medesimo seno.

Con il terzo motivo Assicurazione Milanese s.p.a. prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043 e 2056 c.c., poichè la corte di appello avrebbe errato nel riconoscere la spettanza del rimborso per spese mediche future in uno al danno biologico permanente, atteso che le prime avevano l’accertata finalità d’integrale quanto possibile ripristino degli esiti menomanti alla mammella interessata, con conseguente elisione del pregiudizio invalidante altrimenti ristorato doppiamente.

2. Con il primo motivo Me.Ma.Is. prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 196 c.p.c., in uno all’insufficiente motivazione, poichè la corte di appello avrebbe errato nel valutare gli elementi di prova tecnici acquisiti, e in particolare nell’omettere di disporre il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, o quanto meno il richiamo a chiarimenti del perito incaricato, trascurando la necessità delle spese per la terapia di sostegno psicologico emersa successivamente al deposito dell’elaborato peritale, obliterando quanto emergente dalle consulenze di parte prodotte e in linea con gli esiti neuropsichiatrici anche intuitivamente derivanti dal colposo intervento del medico curante. Non avrebbe risposto al vero che il seno sinistro avesse subito delle modificazioni prima dell’intervento in questione, mentre sarebbe stata evidente, ed erroneamente non rilevata, la necessità di un più importante intervento di chirurgia plastica con protesi mammarica.

Con il secondo motivo Me. prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., art. 116 c.p.c., in uno all’insufficiente e contraddittoria motivazione poichè la corte di appello avrebbe errato nell’affermare dapprima che le circostanze concrete avrebbero legittimato incrementi degli importi tabellari adottati, e poi obliterato le gravi conseguenze che per comune conoscenza derivano dalla dannosa inutilità dell’intervento praticato su soggetto di sesso femminile, tanto più nel caso della deducente, nota giornalista dell’azienda RAI che, fino all’intervento, appariva in video, con conseguente carenza di accertamento dell’effettiva consistenza del pregiudizio allegato ed emerso.

3. Con il motivo di ricorso incidentale indicato come condizionato all’accoglimento del ricorso dell’Assicuratrice Milanese, G.G.B., dopo aver ribadito la correttezza cautelativa della propria opera professionale, prospetta la violazione e falsa applicazione della L. n. 24 del 2017, art. 7, comma 1, artt. 1228 e 2055 c.c., poichè la corte di appello avrebbe errato nell’escludere la corresponsabilità della (proprietà della) struttura sanitaria, avendo egli operato come professionista comunque inserito nella relativa organizzazione.

4. Il primo motivo di ricorso dell’Assicurazione Milanese non è inammissibile per carenza di interesse o specificità, come eccepito da Eurosanità, atteso che non è in discussione l’incremento degli importi liquidati a titolo di danno alla persona per effetto dell’applicazione, in seconde cure, delle c.d. tabelle milanesi in luogo di quelle previste dalla normativa nazionale, applicata dal tribunale.

La censura è fondata.

Come chiarito da questa Corte (Cass., 11/11/2019, n. 28990, con motivazione ampiamente ricostruttiva), non intervenendo a modificare con efficacia retroattiva gli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile (negando o impedendo il risarcimento di conseguenze dannose già realizzatesi) il D.L. n. 138 del 2012, art. 3, comma 3, come convertito dalla L. n. 189 del 2012, trova diretta applicazione nei casi in cui il giudice sia chiamato a fare applicazione, in pendenza del giudizio, del criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, salvo giudicato interno sul “quantum”. Non risulta ostativa, dunque, la circostanza che la condotta illecita sia stata commessa, e il danno prodotto, anteriormente all’entrata in vigore della (menzionata) legge, nè può ipotizzarsi una disparità di trattamento tra soggetti coinvolti nei giudizi pendenti e soggetti di giudizi definiti, atteso che solo la formazione del giudicato preclude una modifica retroattiva della regola giudiziale. Parimenti, non si può ipotizzare una lesione del legittimo affidamento sulla determinazione del valore monetario del danno in parola, posto che la norma sopravvenuta non ha inciso sulla conformazione del diritto risarcitorio e, infatti, il potere giudiziale di liquidazione equitativa si colloca al di fuori della fattispecie legale di responsabilità.

4.1. Il secondo motivo dell’Assicurazione Milanese è infondato nei sensi di cui sotto, che si specifica anche ai fini della nuova liquidazione implicata dall’accoglimento del primo motivo.

In primo luogo, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del “danno biologico” e del “danno dinamico-relazionale”, atteso che con quest’ultimo si individuano pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale d’invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale); ma non costituisce duplicazione la congiunta attribuzione del “danno biologico” e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perchè non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale d’invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sè) (Cass., 27/03/2018, n. 7513, Cass., 30/01/2019, n. 2788, specie p. 2.3.). Pregiudizi, questi ultimi, evincibili anche presuntivamente, come nel caso, dal tipo di pregiudizio sofferto.

Correttamente, dunque, la corte di appello ha incrementato la monetizzazione tabellare, sia pure pacificamente nei limiti degli stessi incrementi previsti da quel sistema liquidatorio, in relazione alla sofferenza psicologica, e cioè morale, valutata in relazione al tipo di pregiudizio sofferto e “tenuto conto anche delle future ripercussioni in ambito relazionale” (pag. 14, penultimo capoverso, della sentenza gravata: cfr., analogamente, Cass., 07/05/2018, n. 10912, punto 2.8., pag. 13).

E’ vero che il collegio di merito si è espresso nel senso di riferire l’incremento alla “congrua personalizzazione del danno anche dal punto di vista delle sofferenze psicologiche…che sicuramente hanno determinato dolore…tenuto conto anche delle future ripercussioni in ambito relazionale”. E così facendo ha accostato due profili distinti, quello della personalizzazione del danno, e quello del danno morale da sofferenza.

Ma è anche vero che dal complesso della motivazione emerge una liquidazione correttamente bipolare: per un profilo afferente al dato organico, per altro profilo al momento del dolore.

Ne deriva l’infondatezza della censura sul punto.

Resta naturalmente fermo che nella liquidazione del danno non patrimoniale – ai fini della c.d. “personalizzazione” del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento, e che devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze “ordinarie” inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe – spetta al giudice rilevare e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione, in coerenza con le risultanze assertive e probatorie obiettivamente emerse all’esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto all’esame, legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale, in quanto caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sè tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (Cass., n. 2788 del 2019, cit.).

Ciò posto, non vi è alcuna contraddizione nel tener conto, ai fini della ponderazione dell’invalidità, dei pregressi interventi subiti dalla paziente per analoghi motivi sulla medesima parte del corpo (di questo parla la sentenza gravata a pag. 12, penultimo capoverso), e non escludere, per ciò solo, conseguenze in termini di ulteriore sofferenza morale desunta presuntivamente dalle ripercussioni relazionali anche future (pag. 14).

Questo rilievo è opportuno alla luce delle indicazioni – distinguibili anche se effettuate dalla parte ricorrente in parola nel contesto del motivo declinato essenzialmente quale violazione di legge (Cass., 17/03/2017, n. 7009, Cass., Sez. U., 06/05/2015, n. 9100) – relative alla pretesa illogicità della motivazione.

Sul punto si evidenzia, d’altra parte, che nella fattispecie, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si applica la riformulazione disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che dev’essere interpretata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicchè in cassazione è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”; nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, ossia in manifeste e irresolubili contraddizioni, nonchè nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”. Resta quindi esclusa qualunque rilevanza di semplici insufficienze o contraddittorietà, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053, Cass., 12/10/2017, n. 23940 e succ. conf.).

Come sopra spiegato, non è rilevabile nell’ipotesi specifica, alcuna (manifesta) illogicità.

4.2. Il terzo motivo di ricorso dell’Assicurazione Milanese è manifestamente infondato.

E’ del tutto evidente che altro sono le spese mediche per il futuro ripristino della menomazione, altro sono i residui permanenti derivanti dalla stessa valutata rispetto all’originaria integrità fisica (ovvero, nel caso, quella antecedente all’intervento qui in discussione, e dunque, secondo quanto prima ricostruito, nei limiti di quella residuata a sua volta da quelli precedenti).

5. I motivi di ricorso di Me.Ma.Is. sono manifestamente inammissibili.

Va sul punto premesso che, a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 24 settembre 2018, n. 22438), sono da ritenersi superate le questioni inerenti alla mancata asseverazione autografa delle relate di notifica via PEC, del ricorso e anche del controricorso, di questa parte, su cui la stessa deducente aveva argomentato nelle memorie illustrative.

Infatti, non vi è stato specifico disconoscimento della conformità in discussione ad opera dei controricorrenti e delle controparti.

Ciò posto, si è detto in quali limiti è deducibile davanti a questa Corte il vizio motivazionale di omesso esame di un fatto decisivo e discusso, ed è evidente che le censure ora in scrutinio per un verso non rientrano in questo perimetro; per altro verso, specularmente, sono dirette a ottenere un riesame del materiale istruttorio, parimenti inammissibile in questa sede; per altro verso, ancora, non specificano neppure, nel ricorso, in quale momento processuale, oltre che con quali precisi contenuti, le allegazioni richiamate (dalle sopravvenute esigenze di terapie psicologiche, ai contenuti delle consulenze tecniche di parte neanche idoneamente sintetizzate) siano state offerte all’esame giudiziale assunto come potenzialmente dirimente (anche quali ragioni di un rinnovo peritale) rispetto alle conclusioni illustrate e tratte.

Ferma quindi la cornice data dai limiti – qui superati – di deducibilità del vizio di motivazione, va ribadito che il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di un’esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria un’espressa pronunzia sul punto (Cass., 29/09/2017, n. 22799).

Così come deve tornare a sottolinearsi che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè, in questa chiave, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, che dev’essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., 12/10/2017, n. 23940), salva l’inammissibilità di cui all’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5.

In questo perimetro, la violazione dell’art. 116 c.p.c., è idonea a integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda il sopra ricordato principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta a un diverso regime; mentre la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come analogo vizio solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha finito per attribuire maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass., 10/06/2016, n. 11892, Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 33).

Stessa sorte, poi, per la deduzione di cui all’art. 1226, c.c. – fermo quanto sopra ricostruito in ordine alla liquidazione del danno alla persona atteso che non si indica, pure in questo caso, quando e come fossero state allegate le circostanze di fatto (quale, in particolare, l’esercitare la professione di giornalista dell’azienda radiotelevisiva RAI in video sino all’accadimento di cui all’odierno processo) che si afferma avrebbero giustificato una maggiorazione extratabellare della monetizzazione.

6. Il motivo di ricorso incidentale di G.G.B. è dallo stesso indicato come condizionato all’accoglimento del ricorso dell’Assicurazione Milanese ma logicamente ne prescinde, essendo diretto a censurare l’esclusione della corresponsabilità tra il deducente ed Euronova.

La deduzione è in parte inammissibile, in parte manifestamente infondata, atteso che l’inserimento del medico nella struttura clinica legittima la solidarietà della responsabilità nei confronti della vittima ma non esclude la possibile ripartizione interna ex art. 2055 c.c., non specificatamente criticata.

7. Spese al giudice del rinvio che, nel contraddittorio processuale integro, pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, rigetta gli altri, dichiara inammissibili i motivi di ricorso di Me.Ma.Is., rigetta il ricorso di G.G.B.. Cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto, e rinvia alla Corte di appello di Roma perchè, in altra composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti Me.Ma.Is. e G.G.B., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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