Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.32188 del 10/12/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17509/15, proposto da:

T.R., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. Remigio Truocchio, col quale si domicilia in Roma, alla via Ennio Quirino Visconti, n. 61, presso lo studio dell’avv. Marianna Pacelli.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data 15 gennaio 2015, n. 307/45/15;

udita la relazione sulle cause svolta alla pubblica udienza in data 24 giugno 2019 dal consigliere Dott.ssa Perrino Angelina-Maria;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale De Augustinis Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso;

sentiti per il contribuente l’avv. Remigio Truocchio e per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Bruno Dettori.

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla sentenza impugnata che nei confronti dell’associazione culturale “sotto il segno dei Goti”, della quale T.R. era legale rappresentante all’epoca dei fatti, furono recuperati a tassazione una serie di costi, nonchè ricostruiti dei ricavi che non erano stati contabilizzati.

Ne seguì un avviso di accertamento, notificato alla sola associazione, col quale l’Agenzia delle entrate inflisse anche le sanzioni conseguenti, riconoscendo il rappresentante legale come autore delle corrispondenti violazioni.

L’associazione impugnò l’avviso e nel corso del giudizio di primo grado intervenne in proprio T.R., che chiese l’annullamento delle sanzioni.

La Commissione tributaria provinciale di Benevento accolse parzialmente il ricorso riducendo l’ammontare della materia imponibile, ma non si pronunciò sulle sanzioni; sicchè la sentenza fu impugnata da T.R., sia in proprio, sia nella qualità di legale rappresentante dell’associazione culturale.

La Commissione tributaria regionale, per il profilo d’interesse, ha dichiarato il difetto di legittimazione di T.R. in proprio, perchè ha ritenuto inammissibile il suo intervento in primo grado.

Contro questa sentenza propone ricorso T.R. per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo, cui replica con controricorso l’Agenzia delle entrate.

RG n. 17509/15 Angelinaestensore Pagina 3 di 5

Ragioni della decisione

1.- Con l’unico motivo di ricorso T.R. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, comma 3, là dove il giudice d’appello ha ritenuto che egli non sia titolare di una posizione soggettiva autonoma giuridicamente tutelata; sicchè il suo intervento andrebbe qualificato come adesivo dipendente, che non sarebbe ammesso, perchè incompatibile con la natura impugnatoria del processo tributario.

Il ricorso è infondato, sebbene sia erronea la statuizione della sentenza impugnata secondo la quale nel processo tributario non è ammissibile l’intervento adesivo dipendente.

1.1.- Si è andato difatti affermando l’indirizzo secondo il quale l’intervento adesivo dipendente è ammesso in tutte le ipotesi in cui l’atto impositivo può pregiudicare i diritti di un terzo, producendo, direttamente, effetti giuridici nei suoi confronti, segnatamente nei confronti dei coobbligati solidali dipendenti, e anche in grado di appello (Cass. 12 gennaio 2012, n. 255; Cass. 30 maggio 2012, n. 8621; 19 aprile 2013, n. 9567; Cass. 11 settembre 2013, n. 20803; in linea anche Cass. 3 agosto 2012, n. 14000, che ha ammesso l’intervento del comune impositore dell’ici nel giudizio destinato a quantificare la base imponibile del tributo).

1.2.- In questo contesto, la tesi tradizionale, che tale ammissibilità negava, è stata riaffermata di recente da Cass., ord. 23 novembre 2018, n. 30371, senza, tuttavia, addurre argomenti volti a minare la rilevanza di quelli addotti a sostegno dell’orientamento più recente, che va per conseguenza ribadito.

2.- Va, peraltro, rilevato che, nella prospettazione dell’ufficio, il ricorrente, pur essendo l’autore delle violazioni ascritte alla società, è coobbligato solidale con questa quanto alle sanzioni conseguenti, a norma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 11, che sèguita ad applicarsi anche a seguito del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7, conv. con L. 24 novembre 2003, n. 326, riferibile alle sole persone giuridiche, e non già alle associazioni senza personalità giuridica.

2.1.- La responsabilità degli autori materiali della violazione, anche ove abbiano commesso il fatto in concorso tra loro, e quella delle persone giuridiche chiamate a risponderne, anche come coobbligate solidali, dà luogo a una pluralità di rapporti autonomi; sicchè è fra essi configurabile un litisconsorzio facoltativo tra i predetti soggetti, e ciascuno di essi è legittimato a spiegare intervento adesivo autonomo nel giudizio promosso dagli altri (così, sia pure in relazione alle sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, Cass., sez. un., 30 settembre 2009, n. 20935).

3.- Il punto è che nel caso in esame T.R., che sarebbe stato legittimato a proporre intervento adesivo autonomo, non l’ha fatto ed è quindi decaduto dal diritto d’impugnare l’atto d’irrogazione delle sanzioni.

3.1.- Egli riferisce che con l’intervento proposto in giudizio ha proposto domande proprie, sebbene connesse con quelle principali, in quanto volte a escludere di essere l’autore materiale delle violazioni, che identifica con altro soggetto (si vedano le pagine 2-3 del ricorso); sicchè riconosce di aver inteso impugnare l’atto sanzionatorio.

3.2.- L’intervento è tuttavia avvenuto, si è visto, nel corso del giudizio di primo grado, quando, cioè, per lui era già decorso il termine di decadenza per l’impugnazione (giusta il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, comma 6).

4.- Nè l’intervento si può qualificare adesivo dipendente, proprio perchè non è limitato a chiedere l’accoglimento della domanda già proposta dall’associazione, ma ha ampliato il thema decidendum, avanzando autonome censure.

5.- L’intervento, allora, essendosi tradotto nella proposizione di un vero e proprio ricorso, benchè fosse inutilmente decorso il termine di decadenza previsto per impugnare in via autonoma, è inammissibile.

6.- Il ricorso va quindi rigettato, sia pure con correzione della motivazione della sentenza impugnata nel senso sopra specificato. Le spese seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 1992, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il contribuente a pagare le spese, che liquida in Euro 6000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Sussistono i presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 1992, art. 13, comma 1-quater, ai fini del raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 10 dicembre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472