Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.32215 del 10/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9078-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (C.F. *****), in persona del Direttore p.t., legale rappresentante, dom.ti ope legis in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e dif.;

– ricorrente –

contro

MARR S.P.A. (C.F. *****), rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. BOLDRINI GIOVANNI e dall’Avv. PISELLI MARIO, presso lo studio del quale è elett.te dom.to in ROMA, alla VIA DELLA GIULIANA, n. 101;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 507/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE delle MARCHE, depositata il 18/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/06/2019 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI;

lette le conclusioni scritte depositate dal P.G. Dott. DE MATTEIS STANISLAO, il quale ha chiesto accogliersi il primo motivo, con assorbimento del secondo.

FATTO E DIRITTO

Osservato che l’AGENZIA DELLE DOGANE emise nei confronti della MARR S.P.A. un atto di irrogazione di sanzioni a seguito di n. 2 operazioni d’importazione di prodotti della pesca, dichiarati di origine e provenienza del’Oman ma, in realtà, non tali;

che la MARR impugnò tale provvedimento innanzi alla C.T.P. di Ancona che, con sentenza n. 170/2012 accolse parzialmente il ricorso. Tale sentenza fu quindi impugnata dall’AGENZIA DELLE DOGANE innanzi alla C.T.R. delle Marche che, con sentenza 507/2017, depositata il 18.9.2017, rigettò il gravame principale, confermando, sia pure con una motivazione diversa da quella sottesa alla decisione di prime cure, l’annullamento del provvedimento di irrogazione delle sanzioni, stante la ritenuta applicabilità, al caso di specie, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8;

che avverso tale sentenza l’AGENZIA ha infine proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui ha resistito la MARR con controricorso;

Rilevato che con il primo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la C.T.R. applicato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, in assenza di una domanda in tal senso ad opera della contribuente;

che il motivo è fondato;

che rappresenta principio consolidato quello per cui in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, anche in sede di legittimità, per errore sulla norma tributaria, in caso di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della stessa, solo in presenza di una domanda del contribuente formulata nei modi e nei termini processuali appropriati, che non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di appello o nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. 6-5, 14.7.2016, n. 14402, Rv. 640536-01);

che – concordandosi con le conclusioni rassegnate dal P.G. dalla lettura della motivazione della gravata decisione, nonchè dello stesso controricorso, non emerge che la MARR abbia sollevato tale specifico motivo di censura avverso l’impugnato atto di irrogazione di sanzioni: essa, piuttosto, ha espressamente invocato l’applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 1, in virtù della ricorrenza di “un errore sul fatto (i. e.: presunta validità del certificato FORM/A) non determinato da colpa del contribuente” (cfr. controricorso, pp. 13, ult. cpv. e 14, prime tre righe e terzo cpv.);

che, tuttavia, le due ipotesi sono differenti tra loro, giacchè l”‘incertezza normativa oggettiva tributaria” è caratterizzata dall’impossibilità d’individuare, con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dall’incertezza soggettiva, derivante dall’ignoranza incolpevole del diritto o dall’erronea interpretazione della normativa o dei fatti di causa (così Cass., Sez. 5, 24.6.2015, n. 13076, Rv. 635871-01) – il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’amministrazione – come emerge dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti (Cass., Sez. 5, 17.5.2017, n. 12301, Rv. 644141-01);

che quanto precede determina l’assorbimento del secondo motivo di ricorso (concernente la dedotta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

Ritenuto, dunque, che il ricorso vada accolto in relazione al primo motivo, con conseguente cassazione della gravata decisione e rinvio alla C.T.R. delle Marche, in diversa composizione, affinchè decida la controversia attenendosi ai principi che precedono e liquidi, altresì, le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Per l’effetto, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla C.T.R. delle Marche, in diversa composizione, affinchè decida la controversia attenendosi ai principi che precedono, liquidando, altresì, le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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