Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32393 del 11/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25084-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

ROMEO IMMOBILIARE SPA in proprio e nella qualità di incorporante la Società ISTITUTO PER LA VALORIZZAZIONE FONDIARIA E IMMOBILIARE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANTA COSTANZA 13, presso lo studio dell’avvocato CAVALLARO STEFANIA, rappresentata e difesa dall’avvocato CIANCI STEFANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4073 2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI PRISCOLI LORENZO.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva – per omesso contraddittorio con la parte contribuente – il ricorso di quest’ultima avverso avviso di accertamento emesso per l’anno d’imposta 2011 avente ad oggetto anche l’IVA;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate ritenendo che avendo l’accertamento relativo ad IVA ad oggetto tributi armonizzati, avrebbe dovuto essere preceduto da un contraddittorio che invece non vi era stato, mentre, quanto ad IRES ed IRAP l’accertamento non era stato sufficientemente motivato;

che l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria con la quale si insiste perchè il ricorso sia respinto.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in quanto la motivazione sarebbe meramente apparente;

considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in quanto anche per l’IVA, pur trattandosi di un tributo armonizzato, occorre che il contribuente espliciti ragioni non meramente pretestuose che avrebbe potuto far valere nel contraddittorio mancato;

considerato, quanto al primo motivo, che secondo questa Corte, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940); inoltre è stato altresì affermato che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. 25 settembre 2018, n. 22598): nella specie non può parlarsi di motivazione apparente, perchè una motivazione, sia pur sintetica e generica, è presente, dato che la CTR ha spiegato che per i tributi armonizzati (IVA) occorre il contraddittorio mentre per Ires e Irap l’accertamento non sarebbe adeguatamente motivato;

considerato, quanto al secondo motivo, che secondo questa Corte, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, solo quando il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Cass. 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass. SU 9 dicembre 2015, n. 24823);

ritenuto che nella specie la CTR non si è attenuta ai suddetti principi in quanto ha apoditticamente affermato che per i tributi armonizzati sia comunque necessario il contraddittorio e seppure ha affermato per Ires e Irap che se l’Ufficio avesse preventivamente attivato il contraddittorio avrebbe dovuto tenere conto delle circostanze evidenziate dalla contribuente in sede di ricorso, in tal maniera da un lato ignorando che per i tributi non armonizzati non esiste un obbligo di contraddittorio generalizzato e dall’altro non ha spiegato se tale contraddittorio avrebbe avuto una funzione chiarificatrice anche per quanto riguarda il tributo dell’IVA e se il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere;

ritenuto pertanto infondato il primo motivo e fondato il secondo, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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