LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23022/2016 proposto da:
A.A., in qualità di padre del minore A.F., rappresentato e difeso dall’avvocato Gotterio Stefania, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
L.A., in qualità di curatore speciale del minore A.F., rappresentata e difesa dall’avvocato Confente Assunta, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Torino, Tutore Provvisorio – Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Torino;
L.S.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 41/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 12 agosto 2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18 ottobre 2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Torino, Sezione per i minori, con sentenza del 12 agosto 2016, ha rigettato il gravame avverso l’impugnata sentenza che aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore A.F. (nato l'*****), figlio di A.A., nonchè la decadenza del padre dalla responsabilità genitoriale.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A.; L.A., curatrice speciale del minore, ha resistito con controricorso; a seguito di ordinanza interlocutoria del 28 gennaio 2019, il ricorso è stato notificato alla madre del minore, L.S., la quale non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere il giudice di merito dichiarato lo stato di abbandono e lo stato di adottabilità del minore senza disporre una nuova consulenza d’ufficio e senza provvedere all’audizione della Dott.ssa V. della ASL Torino *****.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per essere stato violato il diritto di difesa, a causa del mancato espletamento di una consulenza avente ad oggetto la valutazione in concreto del rapporto padre-figlio.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 1,2 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere dichiarato lo stato di adottabilità del minore senza considerare la capacità genitoriale del padre.
Il quarto motivo (rubricato come quinto) lamenta violazione della L. n. 184 del 1983, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere dichiarato lo stato di abbandono e di adottabilità del minore senza che fossero stati predisposti idonei interventi a sostegno della genitorialità.
I motivi proposti, reciprocamente connessi e da trattare congiuntamente, sono infondati.
La Corte territoriale ha confermato il giudizio, reso dal Tribunale di Torino, di irrecuperabile compromissione delle capacità genitoriali del ricorrente, dimostrata anche dalla sua incapacità di seguire con profitto un percorso di recupero e cura e dal comportamento di sostanziale disinteresse, e quindi abbandonico, nei confronti del figlio.
In particolare, la Corte ha evidenziato i disturbi della personalità e le problematiche sul piano comportamentale e sociale riscontrate in A.A., essendosi rivelati vani i numerosi interventi di sostegno alla genitorialità resi dai Servizi Sociali, volti a favorire lo sviluppo di una relazione matura con il figlio, nonostante il legame sentimentale nei suoi confronti; ha accertato che il bambino, inserito in un nuovo contesto familiare, “nulla avrebbe da guadagnare dall’essere costretto ad attendere la tempistica (incerta e imprevedibile) di recupero del padre, la oggettiva latitanza del quale (unita alle criticità psichiatriche della madre) ha comportato un chiaro stato di abbandono”; “il mantenimento di rapporti e legami con la famiglia di origine e, in particolare, col padre, non appare assolutamente utile per F.”, essendo emersa l’inadeguatezza anche dei parenti più prossimi, interpellati per verificare eventuali possibilità di affidamento endofamiliare.
Il giudizio di conclamata incapacità del ricorrente di occuparsi responsabilmente del figlio e di assicurargli quel minimo di cure materiali, calore affettivo e aiuto psicologico, indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità, è stato espresso dai giudici di merito, nel superiore interesse del minore, con un apprezzamento di fatto nel quale è insita la verifica della irrealizzabilità in concreto del suo diritto di crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine.
I motivi, in definitiva, mirano a sollecitare una impropria revisione di valutazioni di fatto svolte dai giudici di merito con argomentazioni che si sottraggono al sindacato di legittimità, come restrittivamente delineato dall’art. 360 c.p.c., n. 5.
In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate, in considerazione della natura della controversia e degli interessi in gioco.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019