Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.32667 del 12/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14392/2018 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Tagliamento n. 45, presso lo studio dell’Avvocato Maurizio Dell’Unto che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Claudio Roberto Santarelli, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Brescia;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA depositato il 7/4/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/10/2019 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. con decreto depositato in data 7 aprile 2018 2018 il Tribunale di Brescia respingeva il ricorso proposto da O.A., cittadino nigeriano, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato politico, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 14 e segg. o alla protezione umanitaria previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, una volta ritenuto che le dichiarazioni del richiedente asilo (il quale aveva raccontato di essersi allontanato dal suo paese di origine dopo la morte del padre per sfuggire al piano della matrigna di ucciderlo affinchè non entrasse in possesso, quale unico erede, del patrimonio del genitore), fortemente generiche e contraddittorie, fossero assolutamente inverosimili, osservava che la non credibilità delle dichiarazioni rese impediva l’accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria formulata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); il collegio di merito rilevava poi l’assenza di alcuna allegazione rispetto alla richiesta di riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), evidenziando per completezza che l’attuale situazione della regione di origine del migrante non era caratterizzata da una generalizzata e indiscriminata violenza derivante da conflitto armato;

infine, rispetto alla richiesta di protezione umanitaria, il Tribunale constatava che non erano stati dedotti fattori soggettivi di vulnerabilità e osservava che le criticità pur esistenti nel paese di provenienza non davano luogo a una emergenza umanitaria generalizzata;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia O.A. al fine di far valere tre motivi di impugnazione;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa.

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso lamenta l'”omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”: il Tribunale non avrebbe indicato alcun motivo sulla cui scorta il migrante non sarebbe credibile e, conseguentemente, avrebbe basato le proprie statuizioni su un’erronea valutazione non supportata da alcun dato fattuale, rendendo così un’insufficiente motivazione della propria decisione;

3.2 la censura è inammissibile;

essa infatti si parametra al vizio di motivazione che poteva essere dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, prima che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, limitasse tale motivo di ricorso al solo omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti;

in seguito a questa riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 23940/2017);

l’insufficienza della motivazione denunciata dal ricorrente, oltre a mal attagliarsi nella sua genericità alla diffusa motivazione offerta dal Tribunale, non è perciò di per sè riconducibile nell’alveo del vizio di motivazione così rimodellato;

4.1 il secondo mezzo prospetta la “violazione ed errata applicazione delle norme di diritto in merito alla domanda di protezione sussidiaria”: rispetto al riconoscimento dello status di rifugiato il Tribunale avrebbe violato e disapplicato il D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8, in quanto i fatti narrati integravano perfettamente tali ipotesi; il collegio di merito avrebbe inoltre violato e mal applicato il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), ritenendo che non vi fosse pericolo di vita per il ricorrente a dispetto delle prove raccolte, che dimostravano come il migrante, in caso di rimpatrio, avrebbe potuto subire un trattamento inumano o degradante o vivere in una zona che era teatro di una violenza indiscriminata;

4.2 il motivo è inammissibile;

4.2.1 il Tribunale, all’esito del giudizio di non credibilità, ha ritenuto che il richiedente asilo non fosse meritevole del diritto al rifugio e alla protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), sul presupposto che le allegazioni addotte a suffragio della domanda di protezione internazionale, non suffragate e inverosimili, fossero inidonee a giustificare la relativa domanda;

a fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza sollecitare una diversa valutazione della credibilità delle dichiarazioni rese e proporre una conseguente diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito;

4.2.2 rispetto agli assunti volti a contestare l’inadeguato apprezzamento della situazione di violenza indiscriminata, riconducibili alla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la doglianza presentata non critica il principale argomento addotto dal collegio per rigettare la relativa domanda, costituito dalla mancata allegazione dell’esistenza di condizioni di violenza generalizzata e indiscriminata derivante da conflitto armato, e pare voler contestare gli argomenti illustrati “per completezza”;

a fronte delle plurime ragioni offerte, distinte e autonome fra loro, la contestazione soltanto dell’ultima argomentazione offerta dalla decisione impugnata rende inammissibile l’intera impugnazione proposta (Cass. 11222/2017 e Cass. 18641/2017);

per di più l’unica censura sollevata in realtà cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti informativi valutati dal Tribunale (che ha escluso la sussistenza di un pericolo derivante da violenza indiscriminata, con citazione delle fonti internazionali), malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018).

5.1 il terzo mezzo, sotto la rubrica “violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6: difetto di giudicato sulla domanda del ricorrente di permesso di soggiorno”, assume che il Tribunale non solo non abbia evocato alcun elemento a sostegno della reiezione dell’istanza di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma non abbia neppure risposto alla domanda, di modo che la statuizione del Tribunale risulterebbe priva di pregio, “alla luce delle deduzioni in fatto non contestate nel merito”;

5.2 il motivo è inammissibile;

il Tribunale, lungi dal non provvedere sulla domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in realtà ha rilevato la mancata allegazione di fattori soggettivi di vulnerabilità e nel contempo ha constatato che le criticità pur esistenti nel paese di provenienza non davano luogo a una emergenza umanitaria generalizzata;

a fronte di questo accertamento il mezzo ignora le ragioni offerte e adduce deduzioni astratte e di principio, che non scalfiscono la ratio decidendi e si limitano a sollecitare una nuova inammissibile valutazione, nel merito, della domanda presentata;

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono – allo stato – i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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