LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liliana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20813-2015 proposto da:
TITTAFERRANTE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA F. PAULUCCI DE’ CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato PIERO SANDULLI, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO BASILAVECCHIA, giusta procura in calce;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI PESCARA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato QUIRINO D’ANGELO, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLA DI MARCO, giusta procura a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 65/2015 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di PESCARA, depositata il 02/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/10/2019 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per il rigetto del primo, secondo e terzo motivo di ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato PATANIA per delega dell’Avvocato BASILAVECCHIA che si riporta al ricorso.
FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE p. 1. La Tittaferrante srl (esercente commercio all’ingrosso di casalinghi e giocattoli) propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 19/01/15 del 2 febbraio 2015, con la quale la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo il diniego opposto dal Comune di Pescara alla sua istanza di rimborso di maggiore Tarsu 2008/09/10. Ciò con riguardo ad alcune aree aziendali accatastate in categoria D/8 e produttive esclusivamente di rifiuti speciali non assimilabili per legge (imballaggi secondari e terziari); rifiuti sottoposti ad autonomo smaltimento mediante proprio macchinario compattatore ed avvio al riciclo tramite ditta terza autorizzata.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: – il giudicato esterno (CTP Pescara n. 286 del 6 febbraio 2012) che aveva disposto il rimborso per l’annualità 2011 non facesse stato nel presente giudizio, vertendosi di fatti (produzione di imballaggi secondari e terziari, e loro smaltimento in proprio) potenzialmente mutevoli e non tendenzialmente permanenti nelle annualità di imposta successive; – l’avviamento al recupero degli imballaggi secondari e terziari, in assenza di attivazione del servizio di raccolta differenziata, comportasse, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 62, comma 3, non la riduzione della superficie tassabile, ma una mera riduzione tariffaria determinata a consuntivo; – trattandosi appunto di mera riduzione e non di esenzione totale, andasse posto a carico del contribuente l’obbligo di denuncia ed informazione finalizzato ad ottenere l’esclusione di alcune aree produttive dalla superficie complessivamente tassabile (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70); – nella specie, la società fosse incorsa in decadenza non ovviabile con l’istanza di rimborso, dal momento che l’asserito diritto alla riduzione di imposta non era stata da essa dedotta e documentata, di anno in anno, nelle relative denunce.
Resiste con controricorso il Comune di Pescara.
La società ha depositato memoria.
p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – violazione dell’art. 2909 c.c.. Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente escluso l’efficacia preclusiva nel presente giudizio del giudicato esterno costituito dalla suddetta sentenza CTP Pescara n. 286/12, nonostante che quest’ultima avesse affermato il diritto al versamento di minore imposta stante l’accertata produzione di rifiuti speciali non assimilabili (imballaggi secondari e terziari) nonchè il loro smaltimento in proprio mediante compattatore e ditta autorizzata; il giudicato così formatosi era invece preclusivo nel giudizio qui dedotto, perchè relativo ad annualità successiva, ed intervenuto tra le stess= parti, per la stessa imposta, ed in relazione alle medesime particelle catastali dello stabilimento.
p. 2.2 II motivo è infondato.
Già le SSUU (sent. 13916/06), nel delineare i presupposti dell’estensione del giudicato esterno nel tempo, posero in evidenza come tale peculiare efficacia (non ostacolata dal principio di autonomia dei singoli periodi d’imposta) riguardasse unicamente l’accertamento di quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assumono carattere ‘tendenzialmente permanentè, con esclusione – per contro – dei fatti privi della caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo.
Questa impostazione è stata innumerevoli volte ribadita, ma anche puntualizzata, nel senso che (Cass.n. 4832/15): “in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, sicchè è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato per le fattispecie “tendenzialmente permanenti” in quanto suscettibili di variazione annuale”; così Cass.nn. 21824/18; 30033/18.
Si è più recentemente precisato che “il giudicato formatosi su alcune annualità fa stato con riferimento anche ad annualità diverse, in relazione a quei fatti che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente ma non con riferimento ad elementi variabili: ne deriva che, in tema di ICI, il giudicato sulle modalità di esercizio di una determinata attività, che sono suscettibili di modificarsi nel tempo, non spiega efficacia espansiva negli altri periodi di imposta” (Cass.n. ord. 7417/19).
Alla luce di questo orientamento – formatosi su tributi ‘annualì diversi dalla Tarsu, ma per la sua portata generale anche a quest’ultima certamente riferibile – l’identità del tributo, delle parti e dell’oggetto dell’imposizione (vale a dire, gli stessi elementi che, secondo la società ricorrente, dovrebbero giustificare nella specie l’efficacia preclusiva rinveniente dalla citata sentenza CTP Pescara) costituiscono presupposto necessario, ma non sufficiente, di estensione dell’efficacia temporale del giudicato.
Ciò perchè gli elementi costitutivi della fattispecie (di rimborso) dedotta in giudizio attengono ai requisiti della esenzione di una porzione dello stabilimento in ragione di tre circostanze fattuali (l’esclusiva produzione in essa di rifiuti speciali non assimilabili, in quanto imballaggi secondari e terziari; l’inesistenza di servizio di raccolta differenziata; l’avvio ‘in propriò alla compattazione ed allo smaltimento di questi rifiuti) che non hanno, in applicazione del su riportato indirizzo, carattere necessariamente nè tendenzialmente permanente.
E’ infatti evidente come si tratti di circostanze contingenti che, ancorchè riprodottesi negli anni e come tali accertate dal giudicato extra moenia, non sono per loro natura produttive di effetto pluriennale o di durata; ben potendo, nell’anno ancora oggetto di accertamento, non aver più operato, ovvero aver operato con modalità diverse.
E ciò proprio in ragione della loro rispondenza non a fattori reiterabili per legge e nemmeno intrinsecamente stabili, bensì prettamente operativi e d’esercizio; come tali dipendenti da opzioni imprenditoriali del tutto discrezionali e certamente suscettibili di mutare di anno in anno.
In definitiva, l’ostacolo a riconoscere efficacia preclusiva all’accertamento esterno di cui si è detto non deriva dal fatto che l’annualità ‘copertà da giudicato (2011) sia successiva a quelle ancora da accertare, bensì dalla natura in sè dei fatti accertati; ed in tal senso la conclusione alla quale giunta la Commissione Tributaria Regionale appare corretta.
p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 93, art. 62, comma 3, e art 67, art. 10 Reg. Tarsu del Comune. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che i rifiuti speciali costituiti dagli imballaggi secondari e terziari (nella specie: cartoni e cellophane) non potevano per legge essere assimilati dai Comuni ai rifiuti solidi urbani sicchè, in assenza di servizio di raccolta differenziata ed in caso di comprovato smaltimento in proprio, spettava al contribuente non una mera riduzione tariffaria, ma l’esenzione dall’imposta sulla (sola) superficie produttiva dalla quale i rifiuti speciali derivavano.
Con il terzo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dellìart. 2697 c.c. e art. 5, comma 3, ultimo periodo, Reg. Tarsu del Comune (secondo cui: “ai fini del riscontro della superficie non tassabile, la stessa dovrà essere specificamente indicata nella denuncia originaria o di variazione”). Per avere la Commissione Tributaria Regionale affermato la decadenza dal diritto al rimborso, nonostante che: – la mancata preventiva denuncia delle aree non tassabili non avesse comportato alcuna diminuzione di introito da parte del Comune, posto che la società, proprio in conseguenza della mancata denuncia, aveva pagato l’intero; – la dichiarazione fiscale potesse, per regola generale, essere sempre rettificata a favore del contribuente; – la società avesse nel corso del giudizio fornito ampia prova dei presupposti fattuali della parziale esenzione.
p. 3.2 La ritenuta infondatezza di questo terzo motivo, nei termini che si diranno, comporta l’assorbimento del secondo.
La statuizione della Commissione Tributaria Regionale di avvenuta decadenza della società dal diritto al rimborso, per non aver dichiarato nella denuncia iniziale o di variazione i presupposti della esenzione di superficie, deve ritenersi giuridicamente corretta.
Si è più volte affermato che: “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale” (Cass.21250/17, con richiamo a Cass. nn. 4766/04 e 17703/04, 13086/06, 17599/09, 775/115377/12; in termini, più recentemente, Cass.n. 10161/19).
In tal senso – del resto – si esprimeva anche il regolamento comunale Tarsu richiamato dalla Commissione Tributaria Regionale, secondo cui: “ai fini del riscontro della superficie non tassabile, la stessa dovrà essere specificamente indicata nella denuncia originaria o di variazione”; previsione regolamentare, questa, certo insuscettibile di disapplicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, proprio perchè in linea, e non in contrasto, con il dettato di legge.
Rileva infatti, in proposito, D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2, secondo cui: “non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perchè risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione”.
Non sembra che tali conclusioni interpretative siano inficiate dalla circostanza che, nel caso di specie, non di omesso pagamento si tratti ma di diniego di rimborso di un’imposta versata per intero.
Basta infatti considerare che, ammettendo la società al rimborso, si svuoterebbe di contenuto ed effetto pratico il su ricordato precetto – avente un preciso riferimento normativo di tipo anche temporale – dell’onere informativo e di denuncia; inoltre, si intralcerebbe oggettivamente l’attività impositiva e di controllo, dal momento che l’istanza di rimborso interviene (seppure nel termine di decadenza) in un momento necessariamente successivo alla annualità di imposta considerata, con conseguente possibilità di mutamento medio tempore dello stato dei luoghi e delle condizioni di operatività.
Sicchè non può ritenersi calzante, nella specie, il pur invocato principio di generale emendabilità della dichiarazione del contribuente ai fini delle imposte sul reddito o sul volume d’affari, in quanto tendenzialmente ricostruibili – anche a posteriori – sulla base di un apparato documentale obbligatorio (registrazioni e scritture contabili) non utilmente richiamabile, nè dirimente, in materia di tassazione ambientale sui rifiuti.
Ne seguono il rigetto del ricorso e la condanna della società ricorrente alle spese, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge;
visto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 23 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019