Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.32912 del 13/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13821/2018 proposto da:

I.H., rappresentato e difeso dall’avv. Michele Andrea Erba giusta procura alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 26/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 1023/2018 depositato il 26-3-2018 e comunicato il 28-3-2018 a mezzo pec il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di I.H., cittadino della Nigeria (*****), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè minacciato di morte e ricercato dalla Polizia in quanto accusato di appartenere ad una nota gang cultista della zona. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e politico-economica della Nigeria e della zona dell'*****, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: illegittimità del mancato riconoscimento della protezione internazionale per erronea/omessa valutazione del racconto del ricorrente e dei fatti”. Ad avviso del ricorrente il Tribunale ha errato nel ritenere non credibile la vicenda narrata, che era invece stata adeguatamente circostanziata, ed ha mal interpretato i fatti narrati. In particolare il richiedente non aveva riferito di essere stato coinvolto in una rissa nel 2012, ma solo di aver lasciato le scuole elementari in quell’anno. Inoltre il Tribunale, nel ritenere falso l’articolo di giornale prodotto sub doc. n. 6, non aveva vagliato l’ulteriore documento, prodotto sub doc. n. 12, pubblicato sul *****, nè l’ulteriore documento prodotto sub 7, concernente la deposizione rilasciata dal fratello del ricorrente avanti alla Corte di Giustizia dell'*****, dalla quale risultava sostanzialmente confermata la versione fornita dal richiedente in sede di audizione, secondo cui la rissa in cui era rimasto coinvolto risaliva al 2015. Denuncia quindi la violazione dei principi e delle regole che governano il soccorso istruttorio nella materia della protezione internazionale.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, atteso che non sono tassativi ed esaustivi i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c) non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata. L’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142 del 2019; Cass. n. 20580 del 2019). La suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito.

2.2. Nel caso di specie, il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità, difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

Il Tribunale ha espresso, con adeguata motivazione, la valutazione di non credibilità, in dettaglio indicando le parti del racconto ritenute generiche ed implausibili (pag. n. 7 decreto impugnato).

Circa la doglianza che riguarda l’omesso esame dei documenti n. 7 e n. 12, il ricorrente non ne riporta, in ricorso, il preciso contenuto, sicchè non è possibile stabilire “se il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa” (Cass. n. 16812/2018).

3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 illegittimità del mancato riconoscimento della protezione internazionale per valutazione della situazione della Libia, Paese dal quale il ricorrente è transitato”. Lamenta il ricorrente l’omessa valutazione da parte del Tribunale del periodo che aveva trascorso in Libia, durante il quale aveva lavorato duramente senza essere pagato, facendo presente di essersi recato in Libia con l’auspicio di trovare condizioni di vita migliori.

4. Il motivo è inammissibile.

4.1. Il ricorrente non indica quando, come e dove, nel corso del giudizio di primo grado, abbia chiesto la valutazione della situazione del Paese di transito, ma si limita genericamente a richiamare quanto ha riferito in sede di audizione avanti alla Commissione (cfr. Cass. n. 27568/2017 sulla necessità che il ricorrente, qualora proponga una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto non solo alleghi l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, indichi in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione).

In ogni caso, sotto ulteriore e assorbente profilo, il ricorrente non allega di aver subito violenze in Libia nel breve periodo in cui vi si è trattenuto, nè evidenzia quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese e il contenuto della domanda (Cass. n. 31676/2018; Cass. n. 29875/2018; Cass. n. 13096/2019).

5. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta “In subordine: violazione del D.Lgs. n. 25 del 2007, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: illegittimità del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria per errata valutazione del contesto socio-politico del ricorrente”. Adduce il ricorrente che tutto il territorio nigeriano, ed anche l'*****, è connotato da una situazione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato interno, anche per le azioni della rete criminale nigeriana. Sottolinea che il Tribunale non ha preso in considerazione le fonti internazionali, diverse da quella citata nel decreto impugnato, come da doc. 3 a doc. 5 prodotti in primo grado.

6. Il motivo è infondato.

6.1. Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018).

6.2. Nel caso di specie il Giudice ha escluso, con motivazione coerente ed esaustiva e con indicazione delle fonti di conoscenza, la sussistenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine. La situazione politica del paese di origine – la Nigeria – e della zona di provenienza del ricorrente – *****- è stata analizzata dal giudice territoriale, che ha escluso, motivatamente, l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

7. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta “In via ulteriormente subordinata: violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: illegittimità del mancato riconoscimento della protezione umanitaria per omessa/erronea valutazione delle circostanze allegate”. Ad avviso del ricorrente il Tribunale ha escluso la situazione di vulnerabilità solo perchè non ha considerato credibile la vicenda narrata, senza valutare gli sforzi di integrazione compiuti dal richiedente, debitamente documentati. Richiama le statuizioni di sentenze di merito, relative alle vicende di richiedenti provenienti, come il ricorrente, dalla Nigeria.

8. Il motivo è inammissibile.

8.1. In ordine alla protezione umanitaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte la valutazione deve essere autonoma, nel senso che il diniego di riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie non può conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990/2018). Ciò nondimeno il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato ed il potere istruttorio ufficioso può esercitarsi solo in presenza di allegazioni specifiche sui profili concreti di vulnerabilità (Cass. n. 27336/2018).

8.2. Nella fattispecie in esame il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte dei giudici di merito, che hanno escluso l’esistenza di fattori particolari di vulnerabilità con idonea motivazione, previo esame anche della documentazione medica prodotta dal ricorrente sulla patologia lamentata (sospetta distrofia boliosa polmonare), valutando le allegazioni dello stesso e le informazioni sul Paese di origine. L’accertata assenza di vulnerabilità rende recessivo il fattore costituito dal percorso di integrazione (Cass. n. 4455/2018).

Le doglianze, oltre che genericamente formulate, si risolvono, inammissibilmente, in una ricostruzione dei fatti difforme da quella accertata dal giudice di merito.

9. Alla stregua delle considerazioni espresse nei paragrafi che precedono il ricorso deve essere rigettato, nulla disponendosi sulle spese del presente giudizio, atteso che il Ministero è rimasto intimato.

10. Poichè il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019

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