LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22272/2018 proposto da:
G.I., elettivamente domiciliato in Roma, v.le Angelico n. 38, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno; Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 08/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2019 dal consigliere Dott. VELLA Paola.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino senegalese G.I. per ottenere la protezione internazionale o umanitaria, stante il timore, in caso di rimpatrio, di essere ulteriormente vessato dal proprio zio, nonchè la situazione generale del Senegal e, in particolare, del *****, caratterizzata da insicurezza, instabilità e scarso rispetto dei diritti umani.
2. Avverso detta decisione il richiedente ha proposto un motivo di ricorso per cassazione. Gli intimati non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorrente lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, tenuto conto delle criticità che persistono in Senegal (compressione delle libertà di riunione ed espressione, uccisioni illegali da parte delle forze di sicurezza, banditismo e mancato completamento del piano di sminamento nel *****, regione di provenienza del ricorrente).
4. La censura è inammissibile, poichè involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, a fronte di una motivazione congrua, puntuale e corredata da espressi riferimenti a fonti qualificate e aggiornate sulle cd. C.O.I. (Country of Origin Informations), che non è stata contestata nemmeno secondo i canoni del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), i quali postulano l’indicazione di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, onerando il ricorrente di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8503/2014; conf. ex plurimis Cass. 27415/2018).
5. Con specifico riguardo alla protezione umanitaria, questa Corte ha peraltro osservato che “non può essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, considerando, isolatamente ed astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento d’interessi pubblici contrapposti, quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione, particolarmente nel caso in cui lo straniero non possieda uno stabile titolo di soggiorno nello Stato di accoglienza, ma vi risieda in attesa che sia definita la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale (Sentenza CEDU 8/4/2008 Ric. 21878 del 2006 Caso Nyianzi c. Regno Unito)” (Cass. 17072/2018).
5.1. E’ stato altresì affermato che “la valutazione della condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento della protezione umanitaria deve essere ancorata ad una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza ed alla quale egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio, poichè, in caso contrario, si prenderebbe in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6” (Cass. 9304/2019.
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.
7. Poichè il ricorrente risulta in atti ammesso in via provvisoria al Patrocinio a spese dello Stato, con conseguente prenotazione a debito del contributo unificato, si dà atto che, persistendo tale condizione, non va applicato il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019