LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
T.F., rappr. e dif. dall’avv. Roberto Maiorana, elett. dom. presso lo studio dello stesso in Roma, viale Angelico n. 38, roberto.maiorana.avvocato.pe.it come da procura in calce all’atto;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;
– intimato –
per la cassazione della sentenza App. Roma 26.7.2018, n. 5227/2018, R.G. 2590/2017;
vista la memoria del ricorrente;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott. FERRO Massimo alla camera di consiglio del 14.11.2019;
il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del Primo Presidente.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. T.F. impugna la sentenza App. Roma 26.7.2018, n. 5227/2018, R.G. 2590/2017 che ha rigettato il suo appello avverso l’ordinanza Trib. Roma 20.3.2017 la quale aveva negato la dichiarazione dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno, così non accogliendo l’opposizione del ricorrente al provvedimento della competente Commissione territoriale, che aveva escluso i relativi presupposti;
2. la corte, circoscritto l’appello solo alle due misure di protezione diverse dal conseguimento dello status di rifugiato, ha ritenuto: a) non credibile la versione dei fatti che avrebbe originato la migrazione dalla Costa d’Avorio del ricorrente, contraddittorio nel riferire il fatto di pluriomicidio cui avrebbe assistito e poi le persecuzioni subite o temute; b) gravata l’istruttoria d’appello dall’omessa acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, non inviato (nonostante la richiesta d’ufficio) e però nemmeno integrato da una produzione dell’appellante (così non potendosi confrontare le dichiarazioni a verbale dinnanzi alla commissione e quelle dinnanzi al tribunale); c) esclusa ogni situazione di conflitto generalizzato in Costa d’Avorio; d) infondata la richiesta di protezione umanitaria per genericità ed inconferenza dello stato di salute denunciato (“disturbo da stress post traumatico”);
3. il ricorso è su tre motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
1. con il primo motivo si contesta un errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente avanti alla commissione territoriale e le allegazioni sulla condizione personale, con omessa cooperazione istruttoria del giudice;
2. con il secondo motivo si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la mancata concessione della protezione sussidiaria, e dunque la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, art. 10 Cost., oltre che l’omesso esame delle fonti informative sulla situazione in Costa d’Avorio;
3. il terzo motivo contesta la mancata concessione della protezione umanitaria, in violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28 e L. n. 110 del 2017, art. 10 Cost., ancora in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;
4. il primo motivo è inammissibile, per plurimi profili; ne osserva il Collegio l’assoluta genericità, il confuso riferimento all’intera vicenda di merito della quale si postula una alternativa lettura (e dunque risolvendosi la censura in un’ammissibile doglianza sulla motivazione: Cass. s.u. 8053/2014) e la totale mancanza di una riproduzione almeno essenziale delle difese già svolte avanti al giudice di merito e asseritamente non considerate; questo ultimo punto è rilevante per comprendere la questione della credibilità del ricorrente, negata dalla corte e sia pur sulla base di una discrepanza tra le dichiarazioni rese avanti alla commissione territoriale rispetto a quelle esposte al primo giudice; è ben vero che la corte dà atto di non aver potuto esaminare il relativo supporto documentale, benchè sollecitato con esercizio del potere officioso (e ciò in virtù di apparente inattuazione di cancelleria del proprio ordine), ma fondamentale punto della pronuncia è il rilievo di limite dell’iniziativa probatoria della parte appellante, avendo questa omesso di produrre in giudizio il proprio fascicolo di primo grado e così mancato all’onere di contrastare in modo selettivo l’accertamento già proprio dell’ordinanza del tribunale; si tratta di ratio decidendi autonoma, non oggetto d’impugnazione, derivandone l’inammissibilità già per questa via della censura (Cass. 10815/2019);
5. lo stesso motivo è, ulteriormente, inammissibile anche ove contesta il giudizio di inattendibilità della narrazione della parte relativa alla migrazione e alle sue ragioni, riconoscendo la decisività delle versioni contraddittorie fornite e però omette di riprodurre, almeno in sintesi e in alternativa alla citata carenza di produzione in giudizio, il contenuto essenziale delle dichiarazioni, versando così in palese limite di autosufficienza del ricorso (Cass. 23834/2019, 24340/2018);
6. il secondo motivo è inammissibile, sia per l’assortimento di elementi di critica non cumulabili, trattandosi di “sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili” (Cass. 26874/2018), sia per risolversi in una mera censura sulla motivazione (avendo in realtà la corte preso in esame la situazione della Costa d’Avorio e negato, con riguardo all’intero territorio, la sussistenza del requisito di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), indicando le fonti consultate e dunque non trovando applicazione, per diversità di fattispecie, Cass. 11312/2019, 25130/2019);
7. il terzo motivo è inammissibile, dovendosi ripetere, con Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), che “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6"; il ricorrente, sul punto, non ha esposto situazioni soggettive specifiche o gravi ragioni, già secondo la corte, così non potendosi superare il giudizio negativo di vulnerabilità, per genericità (già diagnosticata) delle inferenze sanitarie addotte, per come apprezzate dal giudice di merito, secondo i limiti anche di recente ribaditi da questa Corte (Cass. s.u. 29460/2019);
il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. 9660/2019, 25862/2019).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019