LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31655/2018 proposto da:
G.M.I., rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO COGNINI e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 461/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 11/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/11/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza del 17.6.2016, comunicata il 28.6.2016, il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso proposto dal G.M.I. avverso il provvedimento con cui la Commissione territoriale di Ancona per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua domanda di riconoscimento della tutela internazionale o umanitaria.
Avverso tale decisione interponeva appello in G. con atto di citazione depositato nella cancelleria della Corte di Appello di Ancona il 12.8.2016.
Con la sentenza oggi impugnata, la Corte territoriale dichiarava inammissibile il gravame.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione G.M.I. affidandosi ad un unico motivo.
Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 3 e 19, art. 702-quater c.p.c. e artt. 339 c.p.c. e segg. e del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che il legislatore abbia inteso, con le modifiche al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9, che sono state introdotte dal D.Lgs. n. 142 del 2015, modificare l’intera disciplina processuale dell’impugnazione in materia di protezione internazionale, prevedendo che la stessa dovesse essere proposta con ricorso anzichè con citazione. Ad avviso del ricorrente, una novella di simile portata avrebbe dovuto essere affidata ad una disposizione normativa di maggiore chiarezza e più ampio risalto.
La censura è infondata.
Ed invero, a tacere delle censure riferite alle modalità di intervento del legislatore, che non rilevano in questa sede, si deve osservare che dalla lettura del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, nel testo novellato per effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 142 del 2015, è chiara la volontà del legislatore di modificare lo strumento processuale con cui si introduce l’appello in materia di protezione internazionale.
In proposito, questa Corte ha affermato il principio, che il Collegio condivide e al quale si intende dare continuità, per cui
“Nel vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, così come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. f), l’appello ex art. 702 quater c.p.c., proposto avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale deve essere introdotto con ricorso e non con citazione, in aderenza alla volontà del legislatore desumibile dal nuovo tenore letterale della norma. Tale innovativa esegesi, in quanto imprevedibile e repentina rispetto al consolidato orientamento pregresso, costituisce un overrulling processuale che, nella specie, assume carattere peculiare in relazione al momento temporale della sua operatività, il quale potrà essere anche anteriore a quello della pubblicazione della prima pronuncia di legittimità che praticò la opposta esegesi (Cass. n. 17420 del 2017), e ciò in dipendenza dell’affidamento sulla perpetuazione della regola antecedente, sempre desumibile dalla giurisprudenza della Corte, per cui l’appello secondo il regime dell’art. 702 quater c.p.c., risultava proponibile con citazione.” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 28575 del 08/11/2018, Rv. 651358; conf. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 29506 del 16/11/2018, Rv. 651503).
La Corte di Appello ha pronunciato in conformità al predetto principio, dando rilievo – in ragione del principio generale di conservazione degli effetti degli atti processuali – al fatto che la citazione aveva comunque prodotto lo stesso risultato pratico del ricorso nel momento in cui era stata depositata in cancelleria, dopo la notificazione, con l’iscrizione al ruolo del giudizio di secondo grado. Ha però correttamente evidenziato che tale deposito era avvenuto solo il 12.8.2016 e quindi oltre il termine di 30 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza impugnata, avvenuta il 28.6.2016, previsto nel rito sommario di cognizione dall’art. 702-quater c.p.c., Ed ha, pertanto, dichiarato inammissibile l’appello.
Da quanto precede deriva il rigetto del ricorso.
Nulla per le spese, in difetto di attività difensiva svolta dal Ministero dell’Interno intimato nel presente giudizio di legittimità.
Poichè il ricorrente è stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, non sussistono presupposti processuali per dichiarare, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, l’obbligo di versamento da parte del ricorrente medesimo dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019