LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4341-2017 proposto da:
AUTOTRASPORTI DI S. E M. S.N.C., in persona del legale rappresentante p.t., nonchè MA.RO. e M.M., rapp.ti e dif.si, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. TOMASI MARCO PAOLO, unitamente al quale sono tutti elett.te dom.ti in Roma, alla Via BUCCARI, n. 11, presso lo studio dell’Avv. TIBURZI PIERLUIGI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore p.t.
(C.F. *****), dom.to in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e dif.;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4558/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 08/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell1/10/2019 dal Consigliere Dott. CHIESI GIAN ANDREA.
CONSIDERATO
che l’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI notificò nel 2013 nei confronti della AUTOTRASPORTI DI S. E M. S.N.C. (d’ora in avanti, breviter, “AUTOTRASPORTI”), nonchè di MA.RO. e M.M. – questi ultimi quali autori materiali della violazione – un avviso di irrogazione sanzione relativamente alla contestata importazione di carburante in esenzione dal pagamento dei diritti di confine, in quantità superiore a quella ammissibile in franchigia;
che l’AUTOTRASPORTI, il MA. ed il M. impugnarono tali provvedimenti innanzi alla C.T.P. di Sondrio, che li rigettò con sentenza 100/1/15 la quale fu, a propria volta, sottoposta a gravame innanzi alla C.T.R. della Lombardia; quest’ultima, con sentenza n. 4558/2016, dell’8.9.2016, confermò la decisione di prime cure, osservando – per quanto in questa sede ancora rileva – che le sanzioni oggetto di impugnazione, irrogate quale conseguenza della violazione del Reg. CE 1186/2009, erano state correttamente calcolate applicando il cumulo materiale previsto dal del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, non potendo trovare applicazione, nella specie, il diverso criterio dettato dal successivo comma 5, del medesimo articolo, trattandosi di violazioni della stessa indole ma commesse in periodi di imposta diversi;
che avverso tale sentenza l’AUTOTRASPORTI ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. Si è costituita ed ha resistito, con controricorso, l’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI.
Rilevato che con il primo motivo, parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione degli artt. 107 del Reg. CE n. 1186/2009, per avere la C.T.R. ritenuto che per “serbatoio normale” debba intendersi unicamente quello montato dalla casa costruttrice su tutti i veicoli della stessa tipologia di quello considerato ai fini degli accertamenti fiscali;
che il motivo è inammissibile, non confrontandosi con la ratio decidendi della gravata decisione, la quale non affronta la questione concernente la perimetrazione della nozione di “serbatoio normale” ai sensi del Reg. CE n. 1186/2009; nè, invero, risulta, tanto dalla lettura della sentenza in questa sede impugnata quanto del motivo in esame, che tale questione abbia formato oggetto di gravame (e, prima ancora, di ricorso innanzi alla C.T.P.) da parte dei contribuenti. Ad ogni buon conto e per mera completezza espositiva, le doglianze svolte dalla parte contribuente sono comunque infondate, stante il principio affermato da questa Corte, per cui In tema di dazi doganali relativi a carburante, la nozione di “serbatoio normale” contenuta nell’art. 107, p. 1, lett. a), del Regolamento UE n. 1186 del 2009, secondo cui è tale quello fissato in modo stabile dal costruttore su tutti i veicoli o contenitori dello stesso tipo in funzione dell’utilizzazione diretta del carburante, deve essere interpretata restrittivamente tanto per esigenze di certezza del diritto, quanto in ragione delle difficoltà alle quali devono far fronte le amministrazioni doganali nazionali nell’applicare il dato normativo (Cass., Sez. 5, 23.7.2019, n. 19800, Rv. 654853-01);
che con il secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione di legge, e in specie, degli artt. 3,53 e 97 Cost., nonchè L. n. 212 del 2000, art. 10, per non avere la C.T.R. annullato le sanzioni in questione, stante l’affidamento ingenerato in essi contribuenti dal comportamento dell’amministrazione;
che il motivo è infondato;
che, invero, ai fini che in questa sede rilevano, questa Corte ha chiarito che: 1) qualora la mancata riscossione dei diritti doganali sia dovuta ad un’erronea determinazione delle autorità competenti, non percettibile da parte dell’operatore, deve trovare applicazione, in conformità ad un orientamento consolidato nella giurisprudenza comunitaria, il principio di affidamento desumibile dall’art. 5, n. 2, del Regolamento CEE n. 1697/79 del Consiglio, del 24 luglio 1979 e dall’art. 220, par. 2, lett. b), del Regolamento CEE n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, norme che precludono all’amministrazione il recupero dei diritti doganali non riscossi, qualora il debitore abbia agito in buona fede, avendo osservato tutte le disposizioni vigenti materia tributaria per la dichiarazione in dogana: sempre, però, che il comportamento dell’autorità non sia stato meramente passivo, ma abbia assunto un profilo attivo (Cass., Sez. 5, 18.6.2010, n. 14812, Rv. 613672-01); 2) se la L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, esclude l’irrogazione delle sanzioni qualora la condotta del contribuente sia stata posta in essere “a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori della amministrazione stessa”, è pur vero che “il termine attribuito alla potestà accertativa della Amministrazione finanziaria non (può) ingenerare, fino alla scadenza, alcun affidamento – tanto meno incolpevole – sulla correttezza della condotta, nel caso di specie omissiva (siccome conseguente ad un’omessa dichiarazione in dogana), del contribuente” (Cass., Sez. 5, 1.6.2012, n. 8825, in motivazione, p. 5.2, ult. cpv.). Sicchè – così venendo al caso di specie – non solo la formulazione e l’interpretazione dell’art. 107 cit. erano chiare ab ovo, ma il mero decorso del tempo, abbinato ad un comportamento meramente passivo dell’amministrazione (cfr. ricorso, pp. 18 ss.) rappresentano elementi inidonei ad integrare, rispetto alle sanzioni, l’esimente di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2;
che con il terzo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, per non essersi la C.T.R. pronunziata – nonostante ciò formasse oggetto di un specifico mezzo di gravame – in ordine alla sussistenza o meno, in capo ai trasgressori, dell’elemento soggettivo della colpa, essendosi i giudici di appello limitati, piuttosto, ad una generica conferma della sentenza impugnata “che appare immune da vizi logici e motivata” (cfr. ricorso, p. 21, sub 3);
che il motivo è, sotto vari profili, inammissibile;
che, anzitutto, esso non si confronta con la ratio decidendi della gravata decisione, la quale non affronta minimamente il tema della “colpevolezza”, non potendosi interpretare quell’incipit contenuto alle prime due righe della motivazione (“L’appello proposto dai contribuenti deve essere rigettato siccome infondato, meritando di essere confermata la sentenza impugnata che appare immune da vizi logici e motivata”) alla stregua di una relatio, in parte qua, alla pronunzia di prime cure, trattandosi, all’evidenza, di una clausola di stile, ad apertura della motivazione, volta a sottolineare l’infondatezza del gravame. Peraltro, ove anche si trattasse di riqualificare il mezzo di gravame in questione in termini di omissione di pronunzia (cfr. Cass., Sez. 5, 6.10.2017, n. 23381, Rv. 645638-01), il motivo sarebbe – parimenti – inammissibile, non avendo la difesa di parte ricorrente chiarito se ed in che termini la censura in questione fu proposta in entrambi i precedenti gradi di giudizio, sì da precludere al Collegio di valutarne la novità o meno per come successivamente avanzata nel presente giudizio di legittimità;
che con il quarto motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1992, art. 6, comma 2, per non avere la C.T.R. ritenuto applicabile alle sanzioni l’esimente dell’oggettiva incertezza normativa tributaria rispetto all’interpretazione dell’art. 107, p. 2, lett. c) del cit. Reg. CE n. 1186/2009.
che il motivo – analogamente a quanto appena osservato in relazione alla precedente censura – è, sotto vari profili, inammissibile;
che anzitutto esso non si confronta con la ratio decidendi della gravata decisione, che non affronta minimamente il tema della “incertezza normativa”. Peraltro, ancora una volta va evidenziato che, ove anche si trattasse di riqualificare il mezzo di gravame in questione in termini di omissione di pronunzia (cfr. Cass., Sez. 5, 6.10.2017, n. 23381, Rv. 645638-01), il motivo sarebbe – parimenti – inammissibile, non avendo la difesa della AUTOTRASPORTI chiarito se ed in che termini la censura in questione fu proposta in entrambi i precedenti gradi di giudizio, sì da precludere al Collegio di valutarne la novità o meno;
Ritenuto, in conclusione, che il ricorso vada rigettato, con condanna della AUTOTRASPORTI DI S. E M. S.N.C. in persona del legale rappresentante p.t., nonchè di MA.RO. e M.M. al pagamento, in solido tra loro ed in favore dell’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, delle spese del presente grado di lite.
che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della AUTOTRASPORTI DI S. E M. S.N.C. in persona del legale rappresentante p.t., nonchè di MA.RO. e M.M., in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Per l’effetto condanna (AUTOTRASPORTI DI S. E M. S.N.C., in persona del legale rappresentante p.t., nonchè MA.RO. e M.M. al pagamento, in solido tra loro ed in favore dell’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore p.t., delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.000,00 (duemila/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della AUTOTRASPORTI DI S. E M. S.N.C. in persona del legale rappresentante p.t., nonchè di MA.RO. e M.M., in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 1 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019