Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33145 del 16/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8015/2014 proposto da:

ASSESSORATO REGIONALE TERRITORIO ED AMBIENTE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

A.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 31, presso lo studio dell’avvocato FABIO PULSONI, che lo rappresenta difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE RASPANTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2770/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/12/2013 R.G.N. 3030/2011.

RITENUTO

1. Che la Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza n. 2770/13, ha rigettato l’impugnazione proposta dall’Assessorato regionale territorio e ambiente della Regione siciliana nei confronti di A.D., avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Trapani.

Il giudice di appello ha confermato la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Trapani che aveva respinto l’opposizione proposta dall’Assessorato regionale territorio e ambiente della Regione siciliana avverso il decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto di pagare a A.D., lavoratore forestale, la somma di Euro 3,508,21, a titolo di spettanze retributive (riguardanti retribuzione base, integrazione salariale, totale degli elementi fissi e 3^ elemento).

2. Il Tribunale riteneva che le disposizioni del D.Lgs. n. 165 del 2001, veicolanti il metodo della contrattazione collettiva, dovevano ritenersi immediatamente operanti senza possibilità di deroga da parte della legislazione regionale e della contrattazione decentrata.

3. La Corte d’Appello ha posto a fondamento della propria decisione il fatto che il trattamento economico previsto dalla contrattazione collettiva rientrasse nella materia ordinamento civile, in quante tale rimessa alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117 Cost.) e non derogabile.

Nè poteva configurarsi la lesione di un’autonomia collettiva in sede decentrata, atteso che veniva in rilievo il minimo retributivo nazionale, oggetto di disciplina da parte della contrattazione nazionale.

4. Per la cassazione la sentenza resa in grado di appello ricorre l’Assessorato regionale territorio e ambiente della Regione siciliana, prospettando un motivo di impugnazione.

5. Resiste con controricorso il lavoratore.

CONSIDERATO

1. Che con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40,L.R. Siciliana 15 maggio 2000, n. 10, art. 23, comma 5, L.R. Siciliana 6 aprile 1996, n. 16, art. 45 ter, L.R. Siciliana 14 aprile 2006, n. 14, art. 49, L.R. Siciliana 10 aprile 1978, n. 2, art. 3, u.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si assume che, in mancanza di recepimento, non può trovare ingresso la provvidenza economica prevista dalla contrattazione collettiva nazionale.

2. Il motivo è fondato in ragione e nei termini dei principi già affermati da questa Corte.

Come già statuito da Cass., n. 356 del 2016 (cui adde, Cass., n. 8892 del 2017), in analoga fattispecie, s’intende riaffermare in questa sede che “anche nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, il contrasto fra contratti collettivi di diverso ambito territoriale (nazionale, regionale, provinciale, aziendale) deve essere risolto non già in base al criterio della gerarchia (che comporterebbe la prevalenza della disciplina di livello superiore) nè in base al criterio temporale (che comporterebbe sempre la prevalenza del contratto più recente e che invece è determinante solo nell’ipotesi di successione di contratti collettivi con identità di soggetti stipulanti, ossia dei medesimo livello), ma secondo il principio di autonomia (e, reciprocamente, di competenza), alla stregua dei collegamento funzionale che le associazioni sindacali (nell’esercizio, appunto, della loro autonomia) pongono, mediante statuti o altri idonei atti di limitazione, fra i vari gradi o livelli della struttura organizzativa e della corrispondente attività”.

3. Il suddetto enunciato costituisce applicazione del principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in materia di regolamentazione del contrasto tra contrattazione collettiva relativa a rapporti di lavoro privatistici, risolto, in conformità alla valorizzazione dell’autonomia negoziale, “non in base a principi di gerarchia e di specialità proprie delle fonti legislative, ma sulla base della effettiva volontà delle parti sociali, da desumersi attraverso il coordinamento delle varie disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutte pari dignità e forza vincolante, sicchè anche i contratti territoriali possono, in virtù del principio dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c., prorogare l’efficacia dei contratti nazionali e derogarli, anche “in pejus” senza che osti il disposto di cui all’art. 2077 c.c., fatta salva solamente la salvaguardia dei diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori, che non possono ricevere un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa di eguale o diverso livello (citate Cass., n. 356 del 2016, n. 8892 del 2017).

4. La sentenza della Corte territoriale non fa corretta applicazione dei suddetti principi.

5. Conseguentemente, la sentenza di appello deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, la quale, ai fini della soluzione della controversia, farà applicazione del principio di autonomia delle fonti contrattuali collettive nei termini precisati sub 2 e 3.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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