LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31321/2018 proposto da:
Ministero Dell’interno, *****, Prefetto Di Messina, Questura Di Messina, elettivamente domiciliati in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che li rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
E.A.S.;
– intimato –
avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di MESSINA, depositata il 22/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2019 dal Consigliere Dottoressa Irene SCORDAMAGLIA.
FATTI DI CAUSA
1. Il Giudice di pace di Messina, con ordinanza del 22 maggio 2018, ha annullato il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Messina in data 4 maggio 2018 nei confronti di E.A.S., sedicente cittadino marocchino, illegalmente soggiornante in Italia.
A ragione della decisione ha argomentato nel senso che fosse da escludere la legittimità del provvedimento impugnato poichè nella motivazione che lo corredava non si era dato conto, con riferimenti concreti, alle fonti dalle quali era stato tratto il convincimento circa l’effettiva identità dello straniero, tanto vero che, per tale ragione, il decreto non era stato eseguito mediante l’accompagnamento alla frontiera dello straniero stesso e che, successivamente all’emanazione del decreto – in data 21 aprile 2018 -, la Questura di Messina si era dovuta rivolgere al Consolato Generale del Marocco per ottenere informazioni circa l’identità dell’espellendo: donde l’apparenza della motivazione ostesa a giustificazione del decreto prefettizio e l’assenza di elementi di certezza in ordine all’inesistenza di cause ostative all’espulsione.
2. L’illustrata ordinanza è impugnata con ricorso per cassazione presentato dall’Avvocatura dello Stato, affidato a due motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4 sul rilievo che lo straniero espulso sarebbe stato qualificato come sedicente, nel decreto del Prefetto, perchè, interrogato il sistema Eurodac – fondato sui rilievi fotosegnaletici e dattiloscopici -, questi era risultato sguarnito di documenti di identificazione e di titoli di soggiorno sul territorio dello Stato: da qui gli accertamenti successivamente compiuti dalla Questura per giungere alla sua identificazione attraverso le autorità consolari del paese di origine.
2.2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 per essere il decreto prefettizio di espulsione del tutto legittimo, perchè tradotto in arabo; perchè firmato dal Vice-Prefetto all’uopo delegato; perchè lo straniero non era stato provato del diritto di prendere contatti con le autorità del paese di origine avendovi espressamente rinunciato; perchè lo straniero non aveva documentato i motivi ostativi all’espulsione, non essendo tra l’altro l’opponente neppure integrato nè integrabile nel tessuto sociale dello Stato perchè clandestino.
3. L’intimato non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
1. Giova preliminarmente evidenziare che le doglianze articolate nei motivi di ricorso scontano un generale profilo di inammissibilità, in quanto sono sviluppate in assenza di confronto critico con le ragioni sulle quali il Giudice di pace ha fondato l’annullamento del decreto di espulsione adottato dal Prefetto di Messina nei confronti di E.A.S. e, comunque, senza tener conto che il sindacato di legittimità è esercitato unicamente sulla motivazione del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di verificare l’adeguatezza di questa rispetto agli atti esaminati dal giudice di merito, salvo che non si traduca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, comunque, denunciabile soltanto ai sensi dell’art. 360 c.p.p., comma 1, n. 5 (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830): norma, quest’ultima, neppure evocata in ricorso.
2. Tanto rilevato, il primo motivo è generico e, comunque, articolato in fatto.
La ratio decidendi della statuizione di illegittimità del decreto di espulsione del sedicente E.A.S., che si individua nella ritenuta apparenza della motivazione di esso, in quanto priva di riferimenti concreti alle fonti dalle quali era stato tratto il convincimento circa l’effettiva identità dello straniero, e nell’assenza di elementi di certezza in ordine all’inesistenza di cause ostative all’espulsione, non è stata affatto aggredita dalle censure dell’Amministrazione ricorrente, le quali hanno virato su elementi di fatto non esaminabili in questa sede.
3. Anche il secondo motivo è generico.
I rilievi cui esso è affidato sono, infatti, privi di ogni correlazione con il tenore della motivazione del provvedimento impugnato.
4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019