Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.33170 del 16/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32002/2018 proposto da:

A.B.A., elettivamente domiciliato in Roma Via Magliano Sabina n. 22, presso lo studio dell’avvocato Maria Rita Marchese, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Teresa Balsamo, in virtù di procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefettura Di Agrigento Ufficio Territoriale Del Governo Di Agrigento;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 326/2018 del GIUDICE DI PACE di AGRIGENTO, depositata il 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/10/2019 dal Consigliere Dottoressa Irene SCORDAMAGLIA.

FATTI DI CAUSA

1. Il Giudice di Pace di Agrigento, con l’ordinanza del 29 maggio 2018, ha respinto il ricorso in opposizione presentato da A.B.A., cittadino del *****, avverso il decreto di espulsione dal territorio nazionale emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Agrigento in data 9 aprile 2018.

2. Per la cassazione della detta ordinanza ricorre, con il ministero del difensore, lo straniero espulso e deduce due motivi.

2.1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omesso esame dei motivi di opposizione in riferimento alla sussistenza di cause ostative all’espulsione correlate alla sua situazione di vulnerabilità, determinata dall’essere stato costretto a fuggire dal proprio paese di origine ancora minorenne, e alla conseguita integrazione sociale nel paese ospitante; denuncia altresì l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1-bis, in riferimento agli artt. 2 e 10 Cost., nelle parti in cui non è previsto l’obbligo del giudice di verificare in ogni tipo di giudizio la sussistenza dei presupposti per la concessione di un permesso di soggiorno umanitario e non è prevista l’estensione del divieto di espulsione e di respingimento del minore non accompagnato medio-tempore divenuto maggiorenne.

2.2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e l’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dal rischio che esso ricorrente, ormai pienamente integrato nel tessuto sociale del paese ospitante, possa essere esposto al pericolo di un grave nocumento in caso di rimpatrio nel paese di origine.

3. L’Amministrazione intimata non ha sviluppato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

1. Il primo motivo è manifestamente infondato.

A ragione della decisione di rigetto del ricorso in opposizione presentato da A.B.A. avverso il decreto di espulsione adottato dal Prefetto di Agrigento, il Giudice di pace di Agrigento ha addotto che non potevano essere sollevate, in sede di giudizio di opposizione avverso il decreto prefettizio di espulsione, eventuali manchevolezze nella considerazione di situazioni legittimanti la concessione della protezione internazionale per ragioni umanitarie nelle quali sarebbero incorsi la Commissione territoriale e il Tribunale di Palermo nel negare allo straniero espulso la protezione umanitaria, trattandosi di vizi che dovevano essere fatti valere unicamente con i previsti rimedi impugnatori.

Si tratta, invero, di motivazione giuridicamente ineccepibile, perchè conforme alla linea ermeneutica di questa Corte espressasi nel senso di ritenere che il decreto di espulsione dello straniero che non sia in possesso del permesso di soggiorno o non ne abbia chiesto il rinnovo è atto vincolato ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2. Donde le valutazioni relative alla sussistenza dei presupposti per ottenere la protezione internazionale (anche sub specie di protezione umanitaria, con riferimento al dedotto profilo dell’integrazione sociale dello straniero) sono di esclusiva competenza della Commissione Territoriale e, in caso di ricorso avverso le relative decisioni, del Tribunale, con i previsti rimedi impugnatori, così come le valutazioni che attengono alla concessione o al rinnovo del permesso sono demandate all’Autorità amministrativa, il cui controllo spetta esclusivamente al giudice amministrativo, dinanzi al quale sia stato impugnato il diniego (Sez. 1, n. 15414 del 05/12/2001, Rv. 550903-01).

Ne consegue che l’opposizione al decreto di espulsione davanti al giudice ordinario non può fondarsi su motivi attinenti al mancato riconoscimento della protezione internazionale o al mancato rilascio o del permesso di soggiorno.

Alla stregua di tale rilievo emerge l’irrilevanza delle questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ha chiesto a questa Corte di sollevare.

2. Il secondo motivo è generico.

Nulla è stato specificamente dedotto, salvo la condizione di appena raggiunta maggiore età, in ordine alla situazione concreta, suscettibile di esporre il ricorrente a persecuzione per uno dei motivi enumerati dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, che, ancorchè oggetto di discussione tra le parti e decisivo ai fini della discussione, sia stato preterito dal Giudice di pace.

3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Nulla è dovuto a titolo di spese, non essendosi l’intimata Amministrazione costituita in giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla è dovuto a titolo di spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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