Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33257 del 17/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14628-2018 proposto da:

MASTER SRL ora in LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa ROSARIO ENZO CIRILLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3026/4/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 06/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La Master s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza della CTR Emilia Romagna indicata in epigrafe che ha confermato la decisione di primo grado con la quale è stata ritenuta tardiva la notifica del ricorso introduttivo della contribuente eseguita il 23.1.2013 contro l’accertamento notificatole il 12 novembre 2012, risultando compiuti tutti gli accertamenti previsti dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, e coincidendo l’effetto legale della notifica con il compimento del termine di dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata di cui all’art. 8, commi 2 e 3.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto controricorso.

Con i tre motivi dedotti la ricorrente prospetta la violazione di legge – L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, la nullità della sentenza e l’omesso esame di fatti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 La CTR avrebbe tralasciato di considerare che ai fini della ritualità della notifica dell’accertamento alla persona momentaneamente assente era necessaria la comunicazione degli adempimenti previsti dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, dovendo tale avviso di ricevimento, unitamente a quello relativo al plico contenente l’atto, essere restituito al soggetto notificante. Adempimenti che l’Agenzia non aveva assolto, determinando l’illegittimità della sentenza sotto tutti i profili esposti nei tre motivi.

La censura è infondata.

Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex multis Cass. n. 26088 del 30/12/2015; Cass. n. 4043/2017), la notifica a mezzo posta, ove l’agente postale non possa recapitare l’atto, si perfeziona per il destinatario trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata, contenente l’avviso della tentata notifica e del deposito del piego presso l’ufficio postale. In base alla disposizione introdotta, nel testo della norma, dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, “la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2 ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”. Ed invero, ai sensi della L. n. 890 del 1992, invocato art. 8, per la ritualità della notificazione, è richiesta solo la prova della spedizione della raccomandata contenente la cosiddetta CAD (comunicazione avvenuto deposito) (cfr. Cass. n. 6242/2017, Cass. n. 5319/2019) – adempimento nella specie accertato come esistente da parte della CTR -. La sentenza della C.T.R. è dunque conforme ai principi di diritto ripetutamente affermati da questo giudice di legittimità.

Il ricorso va quindi rigettato, non risultando fondato alcuno dei vizi prospettati, avendo la CTR pienamente motivato le ragioni sulle quali è stata ritenuta la tardività del ricorso introduttivo, nè potendosi ritenere sussistente un omesso esame di fatti, invece puntualmente esposti dal giudicante.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto ai sensi ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

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