Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33335 del 17/12/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E. L. – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25502/2012 R.G. proposto da:

BIO-PRE S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Via Prestinari n. 13, presso lo Studio dell’Avv. Paola Ramadori, rappresentata e difesa dall’Avv. Domenico D’Arrigo, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia sez. staccata di Brescia n. 81/67/12, depositata il 26 marzo 2012.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 25 giugno 2019 dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

RILEVATO E CONSIDERATO 1. che con l’impugnata sentenza la Regionale della Lombardia, in riforma di due decisioni della Provinciale, riuniti i distinti atti d’appello proposti dall’Agenzia delle Entrate, respingeva i separati ricorsi promossi da BIO-PRE S.r.l., il primo avverso un avviso di accertamento che recuperava a tassazione un maggiore imponibile ai fini IRES IRAP IVA 2005 in relazione alla vendita di immobili, il secondo contro un atto di irrogazione sanzioni per omesso versamento di ritenute relativamente alla distribuzione ai soci degli utili “in nero” ricavati dalla suddetta sottofatturazione, una distribuzione che dall’ufficio veniva fondata sulla presunzione discendente dalla ristretta base sociale della Società contribuente;

2. che la Regionale riteneva, dapprima, che la prova presuntiva fornita dall’ufficio, con riguardo alla sottofatturazione, non fosse stata ricavata unicamente dallo scostamento del prezzo di vendita dai valori OMI, ma che la stessa era stata ulteriormente confermata da altri elementi indiziari, come ad es. il basso margine operativo, la comparazione con altre compravendite e gli ingiustificati finanziamenti effettuati dai soci contestualmente alle cessioni immobiliari; in secondo luogo, questa volta con riguardo alle sanzioni irrogate per l’omesso versamento delle ritenute, la Regionale reputava legittima la presunzione che l’ufficio aveva fatto derivare dalla ristretta base sociale;

3. che la contribuente ricorreva per tre motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate rimaneva intimata;

4. che, seppure autonomamente formulati, il primo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il secondo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, questi due primi motivi sono in realtà dello stesso identico tenore; e, cioè, sono entrambi nel senso di addebitare alla Regionale di aver erroneamente giudicato idonea la prova presuntiva dell’evasione; e, questo, secondo la contribuente, perchè la dimostrazione della sottofatturazione sarebbe stata fondata esclusivamente sullo scostamento dai valori OMI, in quanto gli altri indizi non sarebbero stati caratterizzati da gravità, precisione e concordanza; e, con ciò, così concludeva la contribuente, doveva ritenersi che la Regionale avesse violato il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), oltrechè le norme generali e particolari in tema di prova presuntiva e infine che avesse insufficiente motivato l’accertamento in fatto;

4.1. che i due motivi sono inammissibili perchè con gli stessi non vengono censurate violazioni di legge, ma viene invece contestato l’apprezzamento giudiziale del valore indiziario di fatti inter partes pacifici, come ad esempio il finanziamento soci contestuale alle vendite (Cass. sez. I n. 24155 del 2017); un apprezzamento che, in questa sede di legittimità, come noto, non è possibile sindacare (Cass. sez. II n. 23278 del 2014);

5. che con il terzo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente rimproverava alla Regionale la violazione del D.P.R. n. 600 cit., art. 27, commi 1 e 1 bis; in particolare, la contribuente deduceva che sugli utili distribuiti “in nero”, l’ufficio non avrebbe dovuto applicare la ritenuta del 12,5% sull’intera somma recuperata a tassazione; e, questo, così concludeva la contribuente, perchè le partecipazioni dei soci, in quanto di importo superiore al 25%, erano “qualificate”;

5.1. che il motivo è fondato; e, questo, perchè non è contestato che le partecipazioni di cui si discute, essendo entrambe superiori al 25%, fossero per tale ragione “qualificate” D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 67, comma 1, lett. c), con la conseguente diversa disciplina di tassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che, in diversa composizione, dovrà decidere la controversia uniformandosi ai superiori principi, oltrechè regolare le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472