LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33772/2018 proposto da:
S.U.R., elettivamente domiciliato in Roma, in Piazza Cavour presso la Corte di cassazione, e rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Fraternale, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, elettivamente domiciliato ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
– intimato –
avverso la sentenza n. 925/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, del 14/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/10/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia.
FATTI DI CAUSA
1. S.U.R., originario del Pakistan, ricorre in cassazione con un unico motivo avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Ancona rigettava l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza pronunciata D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis dal locale Tribunale che aveva, a sua volta, respinto il ricorso dal primo proposto avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale di diniego delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.
La Corte di merito riteneva l’inattendibilità del racconto reso dal richiedente che, di religione musulmana, si sarebbe allontanato dal Paese di origine, fuggendo dapprima in Libia e quindi in Italia, dopo che, insegnante di matematica, era stato costretto con minacce a chiudere la scuola media presso cui lavorava, in seguito all’apertura di una scuola coranica che aveva imposto il trasferimento degli studenti della prima, ed era venuto allo scontro con i seguaci della nuova scuola, uccidendone un appartenente.
Il Ministero, intimato, non ha articolato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con unico motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5 e 14; dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e, ancora, dell’art. 111 Cost.
Non sarebbe stato valutato dalla Corte di appello di Ancona il reale pericolo di morte a cui il ricorrente sarebbe stato esposto all’esito dei fatti narrati e l’assenza di una effettiva protezione da parte dello Stato di appartenenza. La motivazione sarebbe stata solo apparente.
2. Il motivo si presta ad una valutazione di inammissibilità in punto di osservata tecnica espositiva.
Le censure mosse mancano infatti dei richiesti caratteri della specificità ed autosufficienza non provvedendo il ricorrente ad allegare per ciascuna, i punti dell’atto di appello in cui esse vennero sollevate per dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (da ultimo: Cass. 24/01/2019 n. 2038). L’introduzione e trattazione congiunta in ricorso delle critiche per modalità meramente assertive e per nulla individualizzanti le posizioni del richiedente rende il proposto mezzo inammissibile per assoluta genericità.
Nulla sulla spese, non avendo l’Amministrazione intimata articolato difese.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019