LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. XXXXXX – Presidente –
Dott. XXXXXX – Consigliere –
Dott. XXXXXX – Consigliere –
Dott. XXXXXX – Consigliere –
Dott. XXXXXX – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19338-2018 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO RAFFAELE PODDIGHE;
– ricorrente –
contro
CIRCOLO NAUTICO LA CALETTA – ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO PALERMO;
– controricorrente –
contro
ZURICH INSURANCE PLC, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 144/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 30/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/12/2019 dal Consigliere Relato re Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.
FATTI DI CAUSA
1. M.G. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Nuoro, il Circolo nautico “La Caletta”, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni da lui subiti a causa dell’affondamento del natante di sua proprietà, avvenuto a causa del forte vento mentre era ormeggiato nel porto gestito dal Circolo convenuto, per la collisione con la banchina galleggiante.
Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Successivamente fu disposta la riunione della causa ad un’altra promossa dal Circolo convenuto nei confronti della Zurich Insurance PLC per essere manlevato in caso di condanna.
Il Tribunale rigettò la domanda e condannò l’attore al pagamento delle spese, compensando quelle tra il convenuto e la terza chiamata in causa.
2. La pronuncia è stata appellata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, dopo aver ammesso la prova per interrogatorio e per testi, con sentenza del 30 marzo 2018 ha rigettato il gravame ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado nei confronti del Circolo nautico, compensandole quanto alle altre parti.
Ha osservato la Corte territoriale che il rapporto esistente tra il M. ed il Circolo nautico era da ritenere tipicamente associativo, senza che vi fosse alcun elemento dal quale poter desumere l’assunzione, da parte del convenuto, di un obbligo di custodia dei natanti ormeggiati nel porto; il che era confermato dal fatto che nella domanda di utilizzo del posto barca il M. aveva espressamente dichiarato di essere a conoscenza che l’ormeggio non era custodito. La circostanza per cui il Circolo aveva predisposto anche un servizio di guardiania, come risultante dalla prova per testi, non andava ad inficiare le conclusioni raggiunte, tanto più che si trattava di un servizio compatibile con gli scopi dell’associazione, svolto da personale avente compiti di ormeggio dei natanti.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Cagliari ricorre M.G. con atto affidato a due motivi.
Resistono il Circolo nautico “La Caletta” e la Zurich Insurance PLC con due separati controricorsi.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1766,1768, 1770 e 1781 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c..
Osserva il ricorrente che la sentenza, valutando in modo non corretto le prove orali e documentali, non avrebbe considerato la particolarità del contratto di ormeggio, che può anche prevedere l’assunzione, da parte dell’ormeggiatore, delle obbligazioni del custode. L’esistenza dell’obbligo di custodia doveva essere desunto, secondo il ricorrente, dall’esistenza sul molo di una guardiania fissa; e, non essendo necessaria una prova formale, essa poteva essere desunta anche dalle deposizioni dei testimoni.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, nonchè violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..
Muovendo dalla premessa secondo cui, nella specie, il contratto di associazione e di ormeggio prevedeva gli obblighi del contratto di deposito, il ricorrente rileva di avere sempre fatto valere, fin dal primo grado, la circostanza secondo la quale il Circolo nautico aveva assunto nei suoi confronti l’obbligo di custodia; per cui la valutazione delle prove sarebbe stata evidentemente non corretta.
3. I due motivi, da trattare congiuntamente per l’evidente connessione tra loro esistente, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento per una serie di concorrenti ragioni.
Occorre innanzitutto osservare che la Corte d’appello, con un accertamento in fatto pienamente motivato e non suscettibile di riesame in questa sede, è pervenuta alla conclusione, anche dopo l’ammissione di ulteriori prove in grado di appello, che il rapporto esistente tra il M. ed il circolo nautico non prevedeva in alcun modo l’assunzione, da parte di questo, degli obblighi di custodia relativi ai natanti ormeggiati nel porto. Da questo punto di vista, quindi, i due motivi si risolvono nel chiaro tentativo di ottenere in questa sede un diverso e non consentito giudizio di merito.
Oltre a ciò, il Collegio rileva che le due censure sono formulate con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), posto che in esse si fa riferimento ad atti processuali senza indicare se e come essi siano stati messi a disposizione della Corte; ed altrettanto deve dirsi a proposito della prova testimoniale espletata in sede di appello, il cui contenuto viene riferito in modo affatto generico.
3.2. Tanto premesso, è opportuno ribadire che questa Corte, occupandosi del c.d. contratto atipico di ormeggio, ha già più volte affermato che esso è caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Il contenuto del contratto può, peraltro, del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni (sinallagmaticamente collegate al corrispettivo), quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, restando a carico di chi fonda un determinato diritto (o la responsabilità dell’altro contraente sulla struttura del contratto) fornire la prova dell’oggetto e del contenuto, il cui accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità (sentenze 1 giugno 2004, n. 10484, e 13 febbraio 2013, n. 3554). Consegue da ciò che, in assenza di prova che l’odierno ricorrente non ha fornito, il dato puro e semplice di aver attraccato la propria imbarcazione in un porto turistico non determina automaticamente l’insorgenza, in capo al gestore della struttura, degli obblighi previsti dal contratto di deposito.
4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, anche nei confronti della controricorrente società di assicurazione. Ed infatti, pur non avendo quest’ultima impugnato la sentenza d’appello secondo la quale il M. nessuna domanda aveva proposto contro la Zurich, è comunque da ritenere che la presenza in causa della società di assicurazione sia da ricondurre alla domanda del M. contro il Circolo nautico, domanda che è stata rigettata, con conseguente soccombenza dell’attore anche nei confronti della parte chiamata in causa.
La liquidazione è disposta ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 5 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020
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