Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.10003 del 28/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19710-2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATANZARO 15, presso lo studio dell’avvocato GAETANO LAURO GROTTO, rappresentato e difeso dall’avvocato MANUELA MACARIO;

– ricorrente –

contro

ANAS S.P.A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 213, presso lo studio dell’avvocato NICOLA MAIONE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 534/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. A.F. convenne in giudizio l’ANAS s.p.a., davanti al Tribunale di Castrovillari, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni, fisici e materiali, da lui patiti in conseguenza della caduta dalla moto, avvenuta su uno svincolo dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria a causa di una notevole quantità di brecciolino presente sul manto stradale.

Si costituì la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Espletata l’istruttoria con esame di testimoni e svolgimento di una c.t.u., il Tribunale accolse la domanda ai sensi dell’art. 2051 c.c. e condannò la società convenuta al pagamento della somma di Euro 25.975,55, oltre rivalutazione, interessi e con il carico delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dalla società soccombente e la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 22 marzo 2018, ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda dell’ A., condannandolo al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale – dopo aver ricostruito la complessa evoluzione della giurisprudenza di legittimità in ordine all’obbligo di custodia gravante su chi ha la gestione di una strada, ai sensi dell’art. 2051 c.c. – che nella specie l’incidente era avvenuto alle ore 18,45 del giorno 10 agosto 2003, con cielo sereno e buone condizioni di visibilità. Dai rilievi operati dalla Polizia stradale era emerso che la ghiaia “presente solo sulla striscia continua del lato sinistro invadeva per 40-50 cm la corsia lungo tutta la lunghezza della striscia”, e che la moto aveva lasciato tracce di frenata per circa quaranta metri. Ha quindi ritenuto la Corte che l’ A., contravvenendo al disposto dell’art. 143 C.d.S., che obbliga a tenere la destra, stesse percorrendo “la propria carreggiata sul limite del lato sinistro, ovvero proprio nella zona interessata dalla ghiaia”; ed ha concluso che, essendo agevolmente visibile la situazione della strada, la vittima avrebbe potuto evitare la caduta tenendo una condotta attenta e prudente e rispettando le regole del C.d.S..

Esclusa, pertanto, l’esistenza del nesso di causalità in considerazione del comportamento del conducente, tale da integrare il caso fortuito, la Corte d’appello ha respinto la domanda risarcitoria.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro ricorre A.F. con atto affidato a sei motivi.

Resiste l’ANAS s.p.a. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., sul rilievo che la sentenza avrebbe errato nel ritenere l’appello ammissibile, essendo l’appello viziato da genericità ed indeterminatezza.

1.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento. Ed invero, posto che la Corte di merito ha affrontato il problema ed ha ritenuto che l’impugnazione fosse stata formulata in modo rispondente ai criteri dell’art. 342 cit., il Collegio rileva che la doglianza è generica, poichè nulla dice del contenuto del gravame e delle ragioni per le quali esso avrebbe dovuto essere considerato generico. Nè può essere taciuto che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 16 novembre 2017, n. 27199, hanno interpretato il nuovo testo degli artt. 342 e 434 c.p.c. escludendo la necessità di formulare, unitamente all’atto di appello, un progetto alternativo di sentenza.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., per irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione, nonchè per violazione dell’art. 143 C.d.S..

Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata, interpretando in modo non corretto le risultanze di causa, avrebbe confuso tra “carreggiata” e “corsia”. La motivazione, infatti, rileva che il conducente avrebbe tenuto la sinistra della propria carreggiata, ma ciò non sarebbe esatto; l’incidente, infatti, si è verificato sulla corsia di decelerazione finalizzata all’uscita dei veicoli dall’autostrada, cioè su una corsia destinata alla marcia a senso unico, per cui non vi era, nella specie, alcun obbligo di tenere la destra. La motivazione sarebbe, pertanto, caratterizzata da irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., per irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione, rilevando che la motivazione non sarebbe comprensibile.

Secondo il ricorrente, infatti, la sentenza nulla avrebbe detto per supportare l’affermazione secondo cui lo stato dei luoghi era perfettamente visibile, ed avrebbe motivato la decisione sulla base della presunta, ma non dimostrata, violazione dell’obbligo di tenere la destra. Si tratterebbe, quindi, di un completo travisamento delle risultanze probatorie, tale che il giudice avrebbe reso una motivazione manifestamente illogica e palesemente contraddittoria.

4. I motivi secondo e terzo sono da scrutinare insieme, data l’evidente connessione tra loro esistente, e sono fondati nei sensi che si vanno adesso a precisare.

La prima parte della censura contenuta nel secondo motivo è infondata, perchè la sentenza impugnata, sia pure commettendo la violazione di legge di cui si dirà, ha comunque fornito una propria ricostruzione dell’accaduto, per cui non è esatto il rilievo del ricorrente secondo cui la motivazione della sentenza sarebbe affetta da “irriducibile contraddittorietà ed illogicità manifesta”.

Ciò posto, è da accogliere la censura di violazione dell’art. 143 C.d.S., cui logicamente si ricollegano le doglianze del terzo motivo. Ed invero la Corte d’appello, dopo aver dato conto dell’orario dell’incidente e della presenza della ghiaia sul manto stradale, ha costruito la propria motivazione essenzialmente sull’affermazione secondo cui il danneggiato stava percorrendo “da propria carreggiata sul limite del lato sinistro, ovvero proprio nella zona interessata dalla ghiaia, e con ciò contravvenendo alle disposizioni di cui all’art. 143 C.d.S., comma 1, che impone a tutti i veicoli, anche se la strada è libera, l’obbligo di circolare sulla parte destra della carreggiata ed in vicinanza del margine destro”. Questa considerazione, in astratto corretta, non lo è in relazione al caso concreto, posto che è pacifico che la caduta del motociclista si verificò mentre egli, percorrendo una corsia autostradale, vi era appena uscito immettendosi in uno svincolo. Com’è noto – e come correttamente osserva la parte ricorrente – quando si esce dall’autostrada e ci si immette in uno svincolo, il breve tratto di strada che si va a percorrere è a senso unico, per cui non può muoversi al conducente un addebito di violazione dell’obbligo di tenere la destra durante la marcia.

Da tale errore risulta inficiata tutta l’ulteriore motivazione della Corte d’appello la quale, pur correttamente richiamando una serie di principi giurisprudenziali enunciati da questa Corte, dimostra con l’errata interpretazione del citato art. 143 di muovere da una premessa giuridicamente errata.

6. Gli ulteriori motivi rimangono assorbiti.

7. In conclusione, rigettato il primo motivo di ricorso, sono accolti i motivi secondo e terzo, nei sensi di cui in motivazione, con assorbimento dei motivi quarto, quinto e sesto.

La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione personale, la quale deciderà la causa alla luce delle indicazioni contenute nella presente pronuncia.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo motivo nei sensi di cui in motivazione, assorbiti il quarto, il quinto e il sesto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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