LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –
Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
L.N., elettivamente domiciliato in Roma, p.le Clodio 12 presso lo studio dell’Avv. Stefano Parretta che lo rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all’Avv. Rachele De Stefanis per procura a margine del ricorso.
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 preso gli Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato dalla quale è
rappresentato e difeso.
– resistente –
per la cassazione della sentenza n. 897/2/14 della Commissione tributaria regionale della Liguria, depositata il 4 settembre 2014.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 dicembre 2019 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.
RILEVATO
che:
nella controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento relativo a IVA, IRAP e IRPEF dell’anno di imposta 2006, Natalino Lavaggi ricorre, affidandosi a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza con cui la Commissione tributaria regionale della Liguria, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio avverso la prima decisione (favorevole al contribuente), ha confermato l’atto impositivo;
in particolare, il Giudice di appello ha ritenuto che non potessero essere presi in considerazione, a favore del contribuente i documenti che il contribuente non aveva esibito, senza addurre giustificazione, all’Ufficio a seguito di richiesta formulata con questionario, ma prodotti in giudizio solamente con le memorie D.Lgs. n.546 del 1992, ex art. 22 e che, nella specie, trovava applicazione il D.P.R. n. 600 del 73, art. 22, comma 4, che espressamente stabilisce che le notizie e i dati addotti, e gli atti, i documenti, i registri non esibiti non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.
il ricorso è stato avviato, ex art. 380 bis.1 c.p.c., alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1.con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, 24 e 32, per avere la sentenza impugnata ritenuto inutilizzabili i documenti e le scritture prodotte e depositate nei termini di legge;
2 con il secondo motivo, articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, si deduce la violazione della medesima disposizione di legge e si denunzia l’omesso esame di circostanza decisiva, per non avere la sentenza impugnata preso in considerazione la tempestiva dedotta impossibilità, non imputabile al Lavaggi, di depositare la documentazione richiesta dall’Ufficio con il questionario D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, prima del contenzioso;
3 i motivi, vertenti sulla medesima questione, possono trattarsi congiuntamente;
4 in punto di fatto, è incontestato che l’Ufficio con l’invio di questionario ebbe a richiedere una serie di documenti al contribuente il quale, pur avendo chiesto e ottenuto una proroga dei termini per la chiesta esibizione, non ottemperò alla richiesta; nel successivo contenzioso, instauratosi a seguito del ricorso proposto dal Lavaggi avverso l’avviso di accertamento, il contribuente depositava, nel termine di cui al D.Lgs. n. 542 del 1992, art. 32, la documentazione a suo tempo richiesta dall’Agenzia delle entrate; non avendo quest’ultima opposto o contestato alcunchè la Commissione di prima istanza annullava l’atto impositivo;
al contrario, la C.T.R., riformando integralmente la decisione di primo grado, rilevato che la documentazione era stata allegata in atti solo con le memorie D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 22 (recte 32 n.d.r.), riteneva che tale produzione fosse inammissibile dovendo trovare applicazione il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22, comma 44 (recte 32 n.d.r.);
5 così ricostruiti i termini fattuali della vicenda processuale, in diritto va rammentato che, ai sensi del comma 4 del sopra citato art. 32: “Le notizie, i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti e non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’Ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta;
per il successivo comma 5: Le cause di inutilizzabilità previste dal comma 3, non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non avere potuto adempiere alla richiesta degli uffici per causa a lui non imputabili;
6 questo il quadro normativo di riferimento, la giurisprudenza consolidata di questa Corte (Cass. 22126 del 27/9/2013; n. 10489 del 14/5/14; n. 27069 del 27/12/16 e, di recente Cass. n. 16548 del 22/06/2018) è ferma nel ritenere che “in tema di accertamento fiscale, l’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 4, (nonchè, in materia di IVA, dall’omologa disposizione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 5), per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare – in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, sì da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, rimanendo legittimamente sanzionata l’omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa;
in particolare, poi, si è specificato (v.Cass. n. 10489 del 14/05/2014 cit.) che l’omessa o intempestiva risposta è legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa, e che non trova applicazione il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, comma 2, che consente alle parti nuove produzioni documentali nel corso del giudizio tributario di appello, rispetto a documenti su cui si è già prodotta la decadenza ed ancora (v.Cass.n. 16548 del 22/06/2018 cit.) che “l’omessa o intempestiva risposta dei dati richiesti dall’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento fiscale comporta, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 4, l’automatica inutilizzabilità, amministrativa e processuale, della documentazione prodotta tardivamente, in quanto la comminatoria è direttamente ed oggettivamente riferita alla sussistenza di tale condotta non essendo richiesto alcun ulteriore meccanismo di attivazione di parte; al contrario, l’eventuale deroga all’inutilizzabilità, deve essere fatta valere dal contribuente con le modalità ivi previste entro il termine per il deposito dell’atto introduttivo di primo grado”;
infine, si è pure ritenuto che la sanzione della preclusione processuale dell’allegazione e produzione in giudizio dei dati e documenti non esibiti in sede amministrativa non può ritenersi sanata neppure ove l’Amministrazione finanziaria non sollevi la relativa eccezione in sede di udienza di discussione della causa, atteso il carattere perentorio del termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 (cfr. Cass. n. 22745 del 09/11/2016);
7 a fronte di tali chiari e univoci principi, condivisi dal Collegio, deponenti tutti per la natura speciale, in quanto sanzionatoria, della decadenza, perentoria e non sanabile dalla mancata opposizione della controparte, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 cit., comma 4, appare evidente l’infondatezza della censura mossa con il primo motivo;
non può, invero, condividersi la tesi difensiva secondo cui i documenti in questione sarebbero stati, nella specie, ritualmente introdotti in giudizio, nel rispetto dei termini sanciti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22, 24 e 32;
come già detto, infatti, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, è norma speciale che prevede una decadenza (o meglio una sanzione di inutilizzabilità), la quale opera su un piano diverso rispetto alla disciplina generale per la produzione in giudizio dei documenti (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22, 24 e 32) sulla quale prevale (ovvero, alla quale si aggiunge), con la conseguenza dell’inderogabilità del disposto di cui al comma 5 che, ai fini dell’inoperatività della sanzione di “inutilizzabilità”, prevede che i documenti, non esibiti in sede amministrativa, debbano essere depositati in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa;
8 l’affermata correttezza della sentenza impugnata laddove accerta il compiersi della decadenza in capo al contribuente, con la correlata inutilizzabilità dei documenti tardivamente prodotti, in quanto non allegati e depositati in uno al ricorso introduttivo ma solo con la memoria, comporta l’inammissibilità, per carenza di interesse, del secondo e del terzo motivo di ricorso, costituendo l’argomentazione della C.T.R., censurata con il primo motivo, autonoma ratio decidendi idonea da sola a reggere la decisione;
alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione, il 19 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020