Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.10184 del 28/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32884/2018 proposto da:

I.D., rappresentato e difeso per procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Rita Barbara che ha indicato l’indirizzo pec comunicato all’ordine presso cui vuol ricevere le comunicazioni;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso la sentenza n. 743/2018 della Corte di appello dell’Aquila pubblicata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia nella camera di consiglio del 04/11/2019.

FATTI DI CAUSA

1. I.D. ricorre in cassazione con cinque motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello dell’Aquila ha rigettato l’impugnazione dal primo proposta avverso l’ordinanza pronunciata ex art. 702-bis c.p.c. del locale Tribunale che aveva, a sua volta, respinto il ricorso contro il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale rigettava le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha articolato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente, cittadino nigeriano nato e cresciuto nell'*****, nel racconto reso alla Commissione territoriale di Ancona ha dichiarato di essersi allontanato dal villaggio di origine per timore di essere ucciso dai suoi abitanti, per avere egli rifiutato di prendere il posto del padre, deceduto, nella pratica di riti magici.

Ciò posto con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 e art. 14, lett. c) e la mancata applicazione della convenzione di Ginevra e della direttiva 2004/83/CE per non avere la Corte di merito riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita derivante da una situazione di violenza indiscriminata nel Paese di provenienza nei termini di cui al caso Elgafaji (Corte di Giustizia C-465/07).

Non sarebbero stati valutati documenti attestanti una situazione di violenza diffusa ed indiscriminata, la corruzione dilagante ed il mancato rispetto di procedure e delle regole dello Stato di diritto, la repressione da parte dell’esercito di attivisti ***** a Sud del Paese.

Il motivo è inammissibile proponendo una alternativa lettura delle risultanze di merito non consentita in sede di legittimità.

La Corte di appello ha condotto un esame puntuale mediante il ricorso a fonti internazionali attendibili ed aggiornate, citate in motivazione (COI EASO giugno 2017; AOAV), per poi escludere la sussistenza del dedotto stato di violenza diffusa e indiscriminata nei territori dell'***** da cui proviene il ricorrente.

I giudici di secondo grado hanno ivi registrato, infatti, l’esistenza di fenomeni di violenza religiosa che non hanno attinto un grado di diffusività ed intensità tali da consentire l’effettiva, ed anche solo potenziale, esposizione di qualsiasi civile al rischio di danni gravi alla persona per la mera sua presenza sul territorio.

A fronte di tale accertamento il motivo è destinato a tradursi in una inammissibile rivisitazione nel merito in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, in via subordinata, denuncia l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La Corte di merito nell’escludere gli estremi di cui all’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit. si sarebbe affidata al fatto che il richiedente non avrebbe precisato a quale tipo di società segreta appartenga là dove dalla COI (Country of Origin Information) esaminata dalla Corte di merito sarebbe emersa l’esistenza di una pluralità di società segrete che possono essere teatro di ritualismi e stregoneria, la più nota delle quali è quella degli *****, circostanza che, ove considerata, avrebbe consentito l’accoglimento dell’appello.

Tanto esposto, il motivo è inammissibile perchè là dove si verta in ipotesi di cd. doppa conforme, e tanto è avvenuto nella fattispecie in esame in cui si registra una identità di decisione in primo e secondo grado, quanto all’accertamento dei fatti, resta precluso il ricorso per cassazione ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, giusta il disposto di cui all’art. 348-ter c.p.c., u.c. (in termini: Cass. 05/11/2018 n. 28174), restando, poi, il richiesto sindacato segnato da una rivalutazione di merito non consentita in sede di legittimità.

3. Con il terzo motivo, articolato in via gradata rispetto al secondo, il ricorrente denuncia l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo, la cessazione della violenza indiscriminata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 e art. 14, lett. c).

Vale per il motivo la ragione di inammissibilità sopra indicata nella non deducibilità in ipotesi di cd. doppia conforme del vizio di motivazione sub art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. Con il quarto motivo, articolato in via subordinata rispetto al precedente, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Se la Corte di merito avesse correttamente valutato la prova scrutinata, integrata dai dati del Council on Foreign Relations avrebbe dovuto avere riguardo alla circostanza che l'***** è uno degli Stati del *****, dominato dal conflitto del *****, che produce petrolio, area in cui sono numerosi i gruppi armati, molti con legami con “culti” universitari, coinvolti in rapimenti che hanno creato diffusa violenza.

Il motivo è inammissibile.

In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 1229 del 17/01/2019; Cass. n. 27000 del 27/12/2016).

Là dove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è consentita ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 con conseguente inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (Cass. n. 13960 del 19/06/2014).

5. Con il quinto motivo il ricorrente fa valere la violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 quanto agli accordi di riammissione tra Italia e *****.

Siffatte intese di rimpatrio di migranti verso Paesi che non garantiscono il rispetto dei diritti umani fondamentali ed in cui gli interessati possono essere vittima di trattamenti inumani e degradanti o di violenza diffusa è proibita dall’art. 3 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Il motivo è inammissibile perchè proposto in violazione del principio di autosufficienza non indicando se ed in quale atto la dedotta critica sia stata portata all’esame del giudice del merito e non sfugge, come tale, ad una valutazione di novità.

Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 24/01/2019 n. 2038).

3. Il ricorso, in via conclusiva, è pertanto inammissibile.

Nulla sulla spese nella tardiva costituzione dell’Amministrazione intimata che ha altresì formulato richieste inconferenti e prive di ogni scrutinabile contenuto.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dichiarata la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, salvo revoca.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dichiarata la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, salvo revoca.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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