Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.10528 del 03/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6641-2015 proposto da:

COMPAGNIA AEREA ITALIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO PERUCCO, ANDREA BORDONE, FERDINANDO FELICE PERONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 764/2014 della CORTE D’APPELLO – di MILANO, depositata il 06/08/2014 r.g.n. 3142012.

RILEVATO

che, con sentenza depositata il 6.8.2014, la Corte di Appello di Milano ha respinto il gravame interposto da Alitalia Compagnia Aerea Italiana S.p.A., nei confronti di B.A., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 3079/2012, con la quale – dichiarato inammissibile per intervenuta decadenza il ricorso proposto da B.A., diretto ad ottenere l’accertamento della illegittimità del termine apposto ai contratti stipulati con la società il 30.3.2010 ed 30.10.2010 – era stata dichiarata l’illegittimità della proroga intervenuta il 15.9.2011, con riguardo al terzo contratto stipulato inter partes il 18.5.2011, per genericità della causale indicata e per ritenuta carenza di prova in ordine all’effettiva sussistenza delle esigenze oggettive ad essa sottese;

che per la cassazione della sentenza la S.p.A. Compagnia Aerea Italiana ha proposto ricorso affidato a tre motivi;

che B.A. ha resistito con controricorso;

che il P.G. non ha formulato richieste.

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) la violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 per avere i giudici di merito ritenuto che la lettera di impugnativa e le ricevute di spedizione e di ricezione prodotti in copia dal lavoratore sub doc. 17 fossero idonee a provare l’avvenuto assolvimento dell’onere decadenziale introdotto dalla L. n. 183 del 2010, art. 32 senza necessità di produzione degli originali, in considerazione del fatto che “Alitalia non aveva espressamente dedotto alcuna difformità” tra i documenti in originale e “la copia ad essa pervenuta”; 2) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2 per non avere la Corte di merito tenuto conto del fatto che il contratto di lavoro oggetto della proroga era stato sottoscritto dalle parti ai sensi del citato art. 2, e per non avere rilevato che il predetto contratto era proseguito, rispetto alla sua durata iniziale, secondo le previsioni dell’art. 2 per quanto attiene alla durata complessiva dei rapporti di lavoro a termine instaurati richiamando tale disposizione; pertanto, a parere della parte ricorrente, nessuna censura poteva essere mossa alla proroga di cui si tratta, in quanto – in ragione della tipicità del termine apposto al contratto di lavoro – il rapporto poteva proseguire, purchè nel rispetto della durata massima prevista dal legislatore: potendo, dunque, Alitalia CAI fare ricorso al contratto a termine per una durata complessiva di sei mesi nel periodo tra aprile e ottobre, nessuna “diversa” motivazione avrebbe dovuto indicare nella lettera di proroga (nè fornire, al riguardo, alcuna prova in giudizio), avendo inizialmente previsto una durata inferiore ed avendo prorogato il contratto – che, quindi, è proseguito all’interno del periodo legislativamente previsto – prima della sua scadenza, nel rispetto della durata massima prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2; 3) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4 per non avere i giudici di merito considerato che tale norma non imponeva al datore di lavoro di specificare le ragioni della proroga del contratto di lavoro a termine, posto che, ai sensi del disposto della stessa, il contratto a termine poteva essere prorogato: a) con il consenso del lavoratore; b) purchè la durata iniziale del contratto fosse inferiore a tre anni; c) una sola volta; d) per ragioni oggettive; e) per la stessa attività lavorativa per la quale il contratto era stato stipulato a tempo determinato; f) per una durata non superiore a tre anni; pertanto, secondo la prospettazione della società datrice, essendo pacifici i requisiti sub a), b), c), e), f), non sussiste alcuna violazione da parte di Alitalia CAI; ed inoltre, la società deduce che, stante anche la inesistenza di una disposizione analoga a quella contenuta nel D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 non era necessario che la proroga fosse comunicata per iscritto, e sottolinea, altresì, che il medesimo D.Lgs., art. 4 non prevedeva alcuna forma scritta per il consenso, analogamente alla previgente disciplina di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 2; pertanto, in assenza di previsione in ordine alla forma del consenso, in ragione del principio della libertà della forma degli atti ex art. 1350 c.c., questa doveva ritenersi libera, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di Appello;

che il primo motivo non è fondato; al riguardo, va premesso che, ai sensi dell’art. 2719 c.c., la copia fotostatica o fotografica di un documento ha la stessa efficacia probatoria dell’originale “se non venga disconosciuta in modo formale ed inequivoco alla prima udienza o nella prima risposta successiva alla sua produzione” dalla parte contro cui è prodotta, “mediante impugnazione dell’autenticità del documento di specifico e chiaro contenuto, tale, cioè, da potersene desumere gli estremi della negazione dell’autenticità stessa” (cfr., ex multis, Cass. nn. 2374/2014; 14416/2013; 2003/2002): regola, questa, valida anche relativamente agli avvisi di spedizione o di ricevimento di lettere raccomandate (v, per tutte, Cass. n. 13439/2012), di cui, più specificamente, nella fattispecie, si tratta;

che la Corte territoriale, uniformandosi ai citati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia, del tutto condivisi da questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene – ed ai quali, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo -, ha osservato che il lavoratore ha prodotto in copia (sub doc. 17) sia la lettera di impugnativa che le ricevute di spedizione e di ricezione, per provare di avere assolto all’onere decadenziale di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 e che la società datrice non ha svolto specifiche contestazioni in ordine ai predetti documenti, “essendosi limitata ad affermare di non avere rinvenuto la missiva nei propri archivi: “affermazione la cui genericità rendeva certamente irrilevante l’acquisizione dell’originale della lettera, non avendo Alitalia espressamente dedotto alcuna difformità fra quest’ultimo e la copia ad essa pervenuta”; e, dunque, in carenza di contestazioni puntuali da parte della società, deve reputarsi che il B. abbia assolto all’onere delibatorio che sul medesimo incombeva, come correttamente affermato dai giudici di merito;

che il secondo ed il terzo motivo sono, invece, fondati, in quanto le affermazioni dei giudici di seconda istanza, in ordine ai presupposti per la proroga di cui si tratta, si pongono in contrasto con la giurisprudenza di legittimità – condivisa dal Collegio che, alla stessa, intende dare continuità (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 21292/2019; 7607/2019; 7604/2019; 33306/2018) -, secondo cui, mentre “nella generalità dei settori produttivi, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, il contratto a tempo determinato è consentito se si indicano le ragioni di ordine produttivo, tecnico, organizzativo o sostitutivo della scelta, nel trasporto aereo” e per effetto del comma 1-bis, anche nel settore postale – “il contratto a tempo determinato è consentito senza necessità di specificare le ragioni, in presenza di alcuni requisiti indicati, a monte, dal legislatore: se venga stipulato per un periodo massimo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per i periodi diversamente distribuiti, in misura non superiore al 15% dell’organico aziendale”;

che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4 dispone che “Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto non sia superiore a tre anni. In tali casi, la proroga è ammessa una sola volta ed a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive, per la stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato e per una durata non superiore a tre anni. L’onere della prova relativa alla obiettiva esistenza delle ragioni giustificatrici della eventuale proroga del termine è a carico del datore di lavoro”;

che, al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che appare “coerente ritenere che, se la proroga riguarda il settore del trasporto aereo, nel rispetto dei limiti indicati”, la società datrice non debba fare menzione delle ragioni che la giustificano, in quanto la norma non dispone che si possa stipulare un solo contratto, ma che venga rispettata la durata massima, avendo il legislatore valutato ex ante la sussistenza delle ragioni obiettive (cfr., seppure relativamente alla S.p.A. Poste Italiane, Cass., S.U., n. 11374/2016);

che, inoltre, dalla esegesi letterale della norma – che ammette la proroga per la stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato -, si evince la necessità che la detta proroga venga modulata in relazione alla tipologia del contratto al quale si riferisce; dalla qual cosa, all’evidenza, consegue che i presupposti che disciplinano i rispettivi ambiti applicativi siano interdipendenti e che, dunque, non si debbano esplicitare, per ciò che attiene al settore del trasporto aereo, le ragioni oggettive della proroga, in quanto, in caso contrario, si imporrebbero, relativamente a tale settore, “dei limiti non previsti, per il contratto da prorogare, al di là di quelli già tassativamente imposti in relazione ad una fattispecie disciplinata normativamente in modo “acausale”” (cfr., in termini, Cass. n. 21292/2019, cit.);

che, non essendosi i giudici di merito attenuti alla ormai consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte nella materia, la sentenza va cassata, in relazione al secondo ed al terzo motivo -respinto il primo-, con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito, a quanto innanzi affermato, provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo.

Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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