LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25273-2018 proposto da:
M.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROMANO MANFREDI;
– ricorrente –
contro
B.G.M., B.F.E., B.L., nella qualità di eredi di B.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato ILARIA ROMAGNOLI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO GORLANI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 942/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 01/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. COSENTINO ANTONELLO.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il sig. M.P.G. ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del tribunale della stessa città, lo ha condannato, per quanto qui ancora interessa, a restituire al sig. B.B. i vani del mappale *****, sub. *****, di proprietà di quest’ultimo, da lui indebitamente occupati; vani che il primo giudice aveva accertato essere in proprietà B., omettendo, però, di ordinarne al sig. M. la restituzione al proprietario.
La corte d’appello, rigettata l’eccezione di nullità dell’atto di citazione del giudizio di primo grado, sollevata dall’appellato M. per la dedotta indeterminatezza dell’oggetto, ha condiviso la statuizione del tribunale in ordine alla consistenza del mappale ***** sub. ***** di proprietà B.; consistenza “determinata sulla base della linea dividente indicata dalla planimetria allegata all’atto di divisione del 02/07/1973" (pag. 12 della sentenza impugnata, rigo 9). Sulla scorta di tale premessa, la corte territoriale ha ritenuto che il primo giudice, dopo aver individuato nei suddetti termini l’esatta consistenza della proprietà B. ed aver accertato che parte dei vani di proprietà di costui risultavano occupati senza titolo dal M., avesse erroneamente omesso di condannare quest’ultimo a restituire detti vani al B..
Con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, il sig. M. deduce la nullità della sentenza e/o la violazione di legge (in relazione all’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 3) per il mancato rilievo della nullità dell’atto di citazione introduttivo del processo di primo grado; nullità derivante, secondo il ricorrente, dalla indeterminatezza dell’oggetto della domanda di rivendica e restituzione proposta dal B.. Nel mezzo di impugnazione si argomenta che l’assoluta incertezza nella determinazione della cosa oggetto della domanda e la carente allegazione dei fatti costitutivi della pretesa attorea non avrebbero consentito al convenuto un’adeguata difesa, con conseguente violazione del principio del contraddittorio. A riprova di tale indeterminatezza dell’atto introduttivo, il ricorrente sottolinea la diversità tra le due versioni della domanda restitutoria, contrapponendo all’estrema genericità in primo grado l’alta definizione” della domanda in grado d’appello, a seguito dell’eccezione di nullità proposta da controparte ma respinta dal tribunale.
Con il secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, il sig M. deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevando il vizio di ultra o extra petizione in relazione dell’oggetto della domanda di restituzione. Secondo il ricorrente, la corte territoriale, dopo aver confermato la consistenza del mappale *****, sub. *****, di proprietà dell’appellante B., in conformità all’individuazione contenuta nell’allegato Z alla CTU (contenente la rappresentazione grafica della prima delle due ipotesi elaborate dal consulente, poi recepita dai giudici di primo e secondo grado), avrebbe ordinato all’appellato di restituire i vani rappresentati con tratteggio trasversale nero nell’allegato Y alla CTU (contenente la rappresentazione grafica della seconda delle due ipotesi elaborate dal consulente, non accolta dai giudici di primo e secondo grado); vani che tuttavia, ad avviso del ricorrente, non solo non appartengono al sig. B., ma neppure erano stati da lui richiesti in restituzione.
I sigg. B.G.M., B.F.E. e B.L., in qualità di eredi del sig. B.B., hanno depositato controricorso.
La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 13 dicembre, per la quale soltanto i contro ricorrenti hanno depositato una memoria.
Il primo mezzo di gravame è infondato.
La nullità della citazione per assoluta incertezza del petitum non ricorre quando l’individuazione di esso è comunque possibile attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo e dei documenti ad esso allegati (Cass. n. 1681/2015; Cass. n. 17023/2003). Il che è quanto si verifica nella specie, in cui nè il tribunale nè la corte di appello hanno avuto difficoltà nella identificazione dell’oggetto della domanda attorea; domanda rispetto alla quale, peraltro, il convenuto si è compiutamente difeso sia in primo che in secondo grado.
Il secondo motivo di impugnazione è anch’esso infondato, non potendosi ravvisare alcun vizio di ultra petizione nella pronuncia di secondo grado.
Secondo il ricorrente la corte territoriale avrebbe ordinato “all’appellato M. di restituire i vani rappresentati con tratteggio trasversale nero nell’allegato Y alla CTU” (pag. 11 secondo capoverso, del ricorso); tale prospettazione, tuttavia, non trova riscontro nel testo della sentenza impugnata, nella quale la corte di appello perimetra l’oggetto della propria pronuncia restitutoria in totale sovrapposizione all’oggetto dell’accertamento della proprietà B. operato dal tribunale.
Contrariamente a quanto dedotto nel motivo di ricorso, infatti, l’impugnata sentenza non dispone – nè in motivazione, nè in dispositivo – la restituzione al B. dei “vani rappresentati con tratteggio trasversale nero nell’allegato Y alla CTU”, ma, adottando in appello la statuizione erroneamente omessa in primo grado, dispone la restituzione al B. dei vani “così come descritti nella sentenza impugnata”; l’oggetto della pronuncia restitutoria emessa in secondo grado risulta dunque il medesimo della pronuncia di accertamento emessa in primo grado e confermata in appello.
Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.500, oltre Euro 200 per esborsi e altri accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020